
Intorno alla comunicazione, un mestiere difficile
11 Marzo 2023Il cuore batte, ma mica glielo ordiniamo, del respiro possiamo avere controllo ma quello continua poi di suo, suonare il piano no, quello lo dobbiamo saper fare volendolo fare.
Usare le parole è come il cuore che batte: è involontario. Metterle in fila, le parole, per scambiare idee, sensazioni a chi mi è vicino è come respirare, posso controllarlo per un poco.
Comunicare è suonare il piano, debbo studiare, debbo imparare, lo debbo volere e debbo fa innamorare le orecchie di chi ascolta tanto da perdersi nella mia musica. Posso farlo col rigore di Chopin o col jazz di Chick Corea.
Posso impazzire dentro il suono di Paolo Conte che descrive il “diavolo rosso”: chitarre, fiati, piano, batteria e violino… poi il canto. Ecco ti avvolge, questo swing, e ti dice di un ciclista che piomba su una processione come se venisse dagli inferi e agli inferi destinato, da una gran dama amato in corsa, come da una contadina che lo trova bello in velocità.
Comunicare è questo è dire, aggiungere al detto ma sommando non ribadendo o sottraendo. E’ stupire con cieli che qui non ci sono. Comunicare è mettere “in comune”, mettere insieme, mettere insieme senso non comunque sia, comunicare non è essere è raccontare. Comunicare è prendere 8 a diritto all’interrogazione non essere presente alla lezione che non si ascolta.
Non è un solitario alle carte, ma un violento tresette fatto tra comunicatore e comunità. E’ amore condiviso, non masturbazione celata, è il piacere davanti al viso, non solitudine nella tristezza di non sapere amare.
Mi capita di vedere Belve, di Francesca Fagnani su Rai 2. C’è Rocco Casalino che ha comunicato per il primo ministro Giuseppe Conte, ora per i 5 stelle, vuole dire di poesie e cita come poesia di Baudelaire “Madame Bovary”, romanzo di Gustave Flaubert. Ecco non comunica ma si pavoneggia, non ha nulla da dire ma la dice. Si fa grande di poeti maledetti di cui ignora le maledizioni e non ha mai sentito l’odore di assenzio. Presenza non comunicazione.
Quando la pioggia stende le sue immense strisce
Imitando le sbarre di una vasta prigione,
E, muto e ripugnante, un popolo di ragni
Tende le proprie reti dentro i nostri cervelli
Charles Baudelaire, Spleen
I ragni sono quel che resta della mosca che pensava di volare libera invece si avvolgeva nella tela del suo ignorare.
E’ muto e ripugnante un popolo di ragni…
Ma se lo schiacci il ragno non resta che niente.
Comunicare non è fantasticare, ma avere da dire, dirlo da farsi capire e non ne esci più bello o più brutto ma solo cosciente di aver fatto capire alla gente un altro modo di essere, di scampare il pericolo incombente. Per comunicare devi sapere di poesia, dirlo in prosa e sparare in vita
Arcangelo o Sirena, da Satana o da Dio,
che importa, se tu, o fata dagli occhi di velluto,
luce, profumo, musica, unico bene mio,
rendi più dolce il mondo, meno triste il minuto?
Charles Baudelaire, Bellezza
Questo è comunicare amore, che scrive chi ama, ha amato e legge chi sa farsi amare, ha amato, ha perduto e ritrovato l’amore.
Comunicare è essere vivi non mostrarsi viventi.