Padre

Padre

19 Marzo 2023 0 Di Lidano Grassucci

Era di questi tempi, tempi di rinascita che con mio padre tornavo da dove il sole era stato negato e si faceva sera. Non che parlasse troppo lui, schivo e un po’ dentro il mondo suo che spazio c’era poco per chiunque, anche io silenzioso.

Lui era figlio di gente che sentiva più la terra che l’aria, una umanità da talpe e non da uccelli. Aveva occhi azzurri mare, i miei sono degradati nel verde ed era sempre così tra la gente da esser solo. Poi, con il tempo, scopri che sei quel che lui è stato e te lo porti dentro quello stato.

Solo che non è star male con se ma è saper stare con se stesso, che gli invidio.

Lui si rispettava, parlava poco e sopportava meno gli altri.

Forse era figlio di un esser figlio unico che rende unici rispetto al mondo. Parlavamo poco, perchè c’era poco da dire. Ciascuno doveva fare il suo, per dovere e doveva rispettare le regole non scritte che ci tramandiamo in questa anarchica genia, non dicendole: il lavoro, mai saltare il lavoro. Poi quella idea che non bisogna spingere, ma mai arretrare. Quella idea di non dover lasciare l’orgoglio da un lato, ma portarlo come maglia della salute per proteggersi.

E l’idea che la bellezza sta nella poesia, nella rima in ottava che è ricerca della parola che stuzzica, che quasi offende. L’idea che un amico è per sempre, e lo aspetti che arriva quando serve e non lo hai chiamato. Poi tutto passa, gli amici van via perche finisce il tempo. Il dolore lo devi tenere dentro, perchè non deve generare altro dolore. “Papà hai la febbre?” “Qualche linea”, e scopri che il termometro faceva 42, ma non era importante la sua febbre, ma non far venire agli altri la febbre della paura che uccide uguale. Poi l’ultimo giorno va via la testa e mi chiede: “prendi la motosega”, ma capisce che è finita e mi sorride per non farmi dolore. Non era niente come non è niente finire.

Senza dover dire altro perché il tempo scade per taluni come lo yoghurt, per altri come il grana, per pochi come la mozzarella. Siamo i formaggi che siamo con le stesse rughe se passiamo le stagioni.

Oggi lui non mi capirebbe, inorridirebbe dell’uomo che sono diventato rispetto al ragazzo che mi aveva presentato. Ma è di tutti, la pensava così anche suo padre che era mio nonno, e credo che non variasse l’idea del padre del padre. Solo un ricordo, perchè i padri ti restano dentro come invasori ad origine e mi ritrovo come lui nascosto alla gente dentro me solamente. “Non fidarti degli illusi”, ora che ci penso era l’unica cosa da fare.