Latina, la scala rampante delle poste e il feticcio
6 Agosto 2024La malattia di questo posto, la malattia grave, è la nostalgia. L’idea di un prima bellissimo in un oggi mediocre. I treni viaggiavano in orario, ma avevano cambiato l’orario.
Uno dei “fantasmi” che si aggirano nella città è il mito della scala rampante del Palazzo delle poste. Da come se ne parla il colosso di Rodi era una cosuccia. In tanti invocano l’abbattimento della giunta postale (che bello non gli si può dire) e la “riparazione del torto”: rifare la scala come era.
Venivo a Latina a trovare mia zia Franca che abitava lì vicino, anche zio Franco Giorgetta aveva negozio lì vicino e mi spingevo fino alla scala. Non ho ricordo di magnificenza, ma di odore di urina senza mai nessuno che usasse la scala, anche perchè gli uffici stavano al pino terreno e nessuno fa un giro sulle scale per non andare da alcuna parte. Scale inutili (credo accedessero agli appartamenti del custode).
Oggi in tanti la rivogliono tale e quale, una copia al posto del vero che non può più essere vero. Come se al Colosseo siccome i Barberini per fare quello che non fecero i barbari si sono portati via il suo marmo, noi lo andiamo a riposizionare posticcio.
Sarebbe un falso che uccide il vero, un vero che ha anche avuto i Barberini. Come se al Louvre di Parigi anzichè fare della sua ristrutturazione un nuovo vero con le piramidi avessero nascosto l’intervento con un falso evidente.
I monumenti non sono scenografie cinematografiche, non sono immutabili nel tempo, già l’uso le cambia e la nostagia non è prevista, la citazione sì. Vale a dire: la sfida è non rifare tal quale, ma rifare diverso nella suggestione originale, è ribadire l’idea di “arrampicarsi”, l’idea del rampante, ma cambiando destinatario, destino, e anche forma.
Rifare uguale è copiare, fare è creare qualcosa che non c’era.
I feticci non servono, non creano identità, l’identità o è vera o non è.
La foto è riprodotta dal sito della Casa della architettura