Enea Magnanini: il bar degli avvocati e Glauco
9 Luglio 2023 1 Di Emilio AndreoliAvrei voluto stare un po’ lontano dai racconti dei bar, ma è più forte di me. Credo di aver ereditato questa passione dal mio bisnonno paterno, si chiamava Pasquale, come mio padre. Lui era un uomo da bar. Frequentava quello del suo piccolo paese di collina: San Martino, frazione di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta. Trascorreva gran parte del suo tempo a giocare a carte e a bere vino. In tasca portava sempre una pistola a tamburo: hai visto mai qualche malintenzionato. Io non ho la pistola, non so giocare a carte e il vino lo bevo, ma con moderazione. Però amo i bar e adoro raccontarli. Oggi vi porterò in un bar dove tutti gli avvocati di Latina, almeno una volta, hanno consumato un caffè. Lo aprì Enea Magnanini nel lontano 1948.
Se potessi trascorrerei più tempo seduto a un tavolino di un bar, leggendo giornali e sentire l’aroma di caffè. Da ragazzo avevo l’imbarazzo della scelta, vicino al mio negozio vi erano diversi bar: il Friuli, il Viennese, il bar Ezio, il bar Osvaldo, il bar Sergio, il bar Meucci. Poco più avanti il bar Centrale. I bar di Latina credo di averli girati un po’ tutti. Ognuno ha il suo target di clienti e le proprie specialità. Ricordo i fantastici tramezzini di Bortolo al Friuli e le pizzette favolose di Ezio. La mattina erano frequentati perlopiù da impiegati e commercianti, il pomeriggio da noi ragazzi.
I professionisti andavano e continuano ad andare al Mimì, e gli avvocati? Loro al bar Magnanini, di fronte il tribunale di Latina. Un bar storico, aperto dopo la guerra dall’emiliano Enea Magnanini. Ma se racconti di Enea e del bar Magnanini, non puoi non raccontare di suo genero Glauco Carretti. Gli avvocati di una certa età, lo ricorderanno con piacere.
Enea Magnanini, l’emiliano arrivato a Littoria
Enea Magnanini nasce il 13 giugno del 1896 a Fabbrico, in provincia di Reggio Emilia. È il secondo figlio di una numerosa famiglia contadina. I suoi fratelli hanno tutti nomi particolari, come Romolo, Remo, Pasquino, quello più normale è Amedeo. Vivono in un podere con attorno una terra ricca di alberi da frutta. Enea, insieme a tutti gli altri componenti della famiglia, lavora in quella campagna.
Nel 1915 scoppia la prima guerra mondiale. Enea, come tanti altri giovani, viene chiamato a combattere. Sul fronte conosce Edoardo Melchior, di diversi anni più grande. Combattono fianco a fianco e tra i due nasce una sincera amicizia. Quando finisce la guerra si promettono di rimanere in contatto. Così Edoardo decide di invitare Enea nel suo paese, a Rive d’Arcano in provincia di Udine. Certo la distanza è notevole, sono circa trecento chilometri, ma Enea ha voglia di rivedere il suo amico e decide di accettare l’invito. Dopo il lungo viaggio, finalmente arriva a casa del suo amico che gli presenta tutta la sua famiglia.
A fare colpo su Enea è la figlia del suo caro amico. I loro sguardi sono eloquenti. Il papà se ne accorge e non è affatto dispiaciuto. Il tempo trascorso insieme sul fronte, gli ha dato modo di conoscerlo bene. Enea è un bravo ragazzo. Nel 1920 i due si sposeranno e nel 1922 nascerà la loro prima figlia, Wanda. Poi arriveranno Carmen, Bianca Maria e Sandro. Dieci anni dopo Edoardo verrà assegnato un podere nell’Agro Pontino in località la Chiesuola, a pochi chilometri da Littoria. Nel 1933 la famiglia di Edoardo sarà raggiunta da Enea e Amabile.
A Littoria, Enea commercia i prodotti tipici emiliani. Vende nei vari mercati della zona. Ogni settimana torna a Reggio Emilia per un nuovo carico. Nel 1939, stanco di girare, apre un negozio di alimentari accanto al ristorante Impero in Piazza XXIII marzo (oggi Piazza della Libertà). La città cresce e il lavoro pure, ma la guerra si avvicina. Intanto la primogenita Wanda conosce Glauco Carretti, anche lui emiliano. Abitano vicini, si incontrano sotto casa a Piazza Impero (Piazza Bruno Buozzi). Lì si fidanzeranno.
Nel 1944 sono costretti a sfollare verso i monti Lepini. Amabile stringe forte, al petto, suo figlio Sandro appena nato. Dopo la guerra la città cerca di tornare alla normalità. Enea lascia il negozio e prende in gestione, per due anni, uno stabilimento balneare a Capo Portiere. Non sarà un affare: Latina non ha ancora la strada che porta al mare. Nel 1948 la vera svolta. Di fronte il tribunale c’è un locale libero. Intorno, ancora tutta campagna. A vista d’occhio solo un paio di poderi. Ma le informazioni arrivate sembrano attendibili. In progetto nuove palazzine. La decisione è presa, apre il bar osteria Magnanini.
In principio vino alla mescita, ma appena partono i cantieri, per le nuove costruzioni, l’offerta cambierà con il cibo da asporto e da banco. Nel 1949 arriverà la licenza dei tabacchi intestata al suocero di Enea, Edoardo Melchior soprannominato il Pai. Quel posto dove lavorerà tutta la famiglia Magnanini si rileverà d’oro.
Glauco Carretti, l’anima del bar Magnanini
Glauco Carretti, nasce il 19 aprile del 1924, anche lui di origini emiliane. Fa il rappresentante di prodotti alimentari provenienti dall’Emilia, ma quando Enea si ammalerà, le redini del bar verranno prese da Glauco e sua moglia Wanda. Invece il tabacchi dal 1976, sarà gestito da Sandro, ultimo figlio di Enea e Amabile.
Glauco è un vero personaggio. Ama la vita, il buon vino e il buon cibo. Il bar con la sua conduzione cambia marcia. Lui è un passo avanti, è il precursore degli aperitivi. Con lui la città diventa la Latina da bere. È un piacere frequentare il bar Magnanini. A Glauco piace socializzare. È un eterno ragazzo, ama i giovani e confrontarsi con loro. La sera i suoi amici attendono la chiusura del bar. Con la serranda semichiusa inizia la festa. Glauco offre ai suoi ospiti dell’ottimo vino. Sui tavolini, affettati e formaggi pregiati.
Si ride e si scherza, ed è sempre lui a tenere banco. Glauco diverrà una figura mitologica, adorato da tutti i suoi amici e dagli avvocati che frequentano il bar. Nella sua Mercedes, un minifrigo con una bottiglia di champagne e due calici. La moglie Wanda è donna di altri tempi, accetta l’esuberanza di quel marito che vede solo al bar e raramente a casa. Spesso la sera va a cena fuori con gli amici. Il sabato non è raro vederlo in una delle discoteche tra Terracina e il Circeo.
È sabato 1 novembre del 1986, è giorno di festa. Il tribunale è chiuso, però Glauco decide lo stesso di aprire il bar. Immagina una giornata di lavoro tranquilla. La mattinata è fresca, il tempo è buono. Ma il destino è appostato dietro l’angolo. La sera precedente ha sofferto molto con la schiena. Ultimamente un’ernia lo sta tormentando. Però il lavoro lo distrae e non ci pensa. Mentre sta lavorando, improvvisamente, si accascia. L’ambulanza arriva in brevissimo tempo. Viene soccorso e trasportato d’urgenza in ospedale, ma Glauco non ce la farà, morirà alcuni minuti dopo a sessantadue anni.
Lo sconforto della famiglia e dei suoi tanti amici è grande. Glauco lascerà un vuoto incolmabile. La sua leggerezza e la sua voglia di vivere lo renderanno leggendario e indimenticabile, per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo.
I ricordi di Sandro Magnanini, figlio di Enea
Incontro Sandro nel bar dei suoi nipoti, accanto al suo negozio di tabacchi:
Quando sono venuti a mancare i suoi genitori?
“Mio padre nel 1978 e mia madre nel 1981”
Dal 1976 lei si occuperà del negozio di tabacchi, come mai questa scelta?
“La licenza era intestata a mio nonno Edoardo. Con lui avevo un rapporto speciale. Decise di passarmi la licenza. Il bar invece lo prese mia sorella Wanda insieme a suo marito Glauco”
Di suo padre cosa ricorda?
“Era una persona gentile, come generalmente sono gli emiliani. Quando costruirono tutti questi palazzi di fronte, la maggior parte degli operai mangiavano da noi. Mio padre gli faceva credito tutta la settimana e il sabato, giorno di paga, venivano a saldare il conto. Qualcuno non pagava, approfittando della sua bontà. Quasi a giustificarli perdonava tutti”
Ora lei è in pensione, chi gestisce il tabacchi?
“I miei due figli, Monica e Marco”
L’incontro con Lidia Carretti, figlia di Glauco
Con Lidia decidiamo di incontrarci al di fuori del suo bar. Le propongo la saletta del bar Mimì. Ci accoglie Cristina Perrelli: “Tuo papà era il mio mito”. Lidia sorride:
Lidia parlami un po’ di tuo papà, il famoso Glauco?
“Mio padre amava stare in mezzo alla gente. In famiglia era poco presente sembrava non interessarsi a noi, almeno in apparenza perché poi capitava di tornare tardi di notte e mi accorgevo della sua presenza dietro la finestra con la sigaretta accesa. Il tempo di salire ed era già a letto. Mi controllava, ma con discrezione”
Qualche altro aneddoto?
“Il sabato sera mio padre andava via dal bar prima della chiusura. A me toccava portare le schedine del totocalcio in un centro dove venivano raccolte. Quando finivo raggiungevo i miei amici al ristorante Fogolar Furlan alla Chiesuola. Lo trovavo lì che li intratteneva. Una volta lo trovai a ballare in discoteca, al Papillon di Terracina. Voleva stare in mezzo ai giovani”
E tua mamma?
“Mia mamma gli perdonava tutto”
Con i clienti era sempre affabile?
“Sempre disponibile, però se c’era qualcosa che lo infastidiva era molto diretto. Un giorno venne un giudice e chiese un caffè macchiato in tazza grande, poi disse di aggiungere un po’ di latte e un altro po’ di caffè. A quel punto mio padre sbottò: <<Dottore, ma questo è un cappuccino!>>. E devo dire che ancora capitano queste situazioni”
Chi segue adesso il bar?
“Io e mio fratello Enrico. Purtroppo il nostro lavoro è calato molto da quando le cause si svolgono quasi tutte online”
Mi dispiace di non aver conosciuto Glauco, con lui sarei andato molto d’accordo e chissà quante storie mi avrebbe potuto raccontare.
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Info sull'autore
Nato a Latina, giornalista, scrittore e blogger, ha pubblicato diversi libri di narrativa, cronaca e biografici. Fondatore del gruppo Facebook più seguito della città: “Sei di Latina se la ami” e un altro dedicato all’arte: “Cultura pontina”. Ha sempre coltivato la passione per il giornalismo. Il suo motto: “Si invecchia quando si smette di sognare”.
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