Io che ho voluto vedere l’inizio di Conte
10 Settembre 2019Avete mai visto dal vivo un dibattito alla Camera dei Deputati?
Io no, fino a ieri. Era una di quelle esperienze che mi ero ripromessa di fare, prima o poi. E alla fine mi sono decisa, non a caso, proprio a poche ore dalla fiducia del Conte II. Un battesimo niente male, nel giorno in cui doveva accadere ed è accaduto ciò che fino a un mese e mezzo fa era impossibile e inipotizzabile.
Alle 11, ora di inizio, arrivo nei pressi di Piazza Montecitorio, già transennata e interdetta ai manifestanti che si stanno radunando alla spicciolata in strada. Spiego che ho accredito per la tribuna e mi lasciano passare. Dall’ingresso laterale, verificano i miei documenti con i dati dell’accredito, mi fanno lasciare borsa e cellulare e mi accompagnano alla tribuna. Giusto in tempo per assistere all’apertura del Presidente Fico. La tribuna è posta sul lato a sinistra dell’emiciclo, sulla destra ci sono stampa, fotografi e telecamere. Il rumore degli otturatori è l’unico ad accompagnare la voce del Presidente della Camera, in un silenzio che all’improvviso mi pare quasi surreale, a discapito del caos romano esterno. Sulla parete al mio fianco c’è una cornice con le regole da rispettare: vietato fare cenni di dissenso, applaudire e parlare.
Alzo gli occhi, fino a quel momento concentrati ad individuare i gruppi, le personalità e i deputati più famosi. La sala è alta, bellissima, maestosa e intransigente. Quasi a ricordare che non appartiene a nessuno, sono tutti di passaggio. Finito l’ordine dei lavori la parola passa al Presidente Conte che relazionerà per circa un’ora e mezza. L’apertura dedicata al Presidente Mattarella. Un discorso tutto scritto e letto, puntualizzato a non voler dimenticare nulla del difficile tentativo che si sta facendo. Sulle risposte invece va a braccio, piccato. I ministri tutti al suo fianco. Di Maio accanto a Franceschini, penso che potrebbero essere padre e figlio e d’un tratto mi pare si somiglino.
Teresa Bellanova apre la fila, in tanti, da tutte le parti della sala, scendono a farle un saluto. I banchi di Lega e Fratelli d’Italia sono quasi tutti vuoti. E quelli che ci sono non mancano di contestare ed interrompere il Premier. Lo fanno per ogni scusa: perché usa inglesismi, perché parla di terremotati, perché spiega il programma. A tratti il dissenso si fa pesante, interviene Fico che richiama all’ordine i deputati uno per uno col proprio nome, col naso all’insù come un professore. E anche a Conte che a volte risponde alle provocazioni. Su autostrade il M5S batte le mani con enfasi, sul contenimento della pressione e sulle politiche fiscali lo fa il PD. I gruppi si uniscono sui temi di parità di genere, dei diritti e servizi alla persona.
E sul concetto di “nuova umanesimo”, dalla citazione di Giuseppe Saragat all’impegno e invito ad un uso del linguaggio e dei social più sobrio. “Nuovo” e “coraggio” non mancano nelle parole del premier. Non si percepisce entusiasmo nell’aria ma determinazione sì. Finito Conte e esaurita la pausa, la parola passa alle reazioni dei deputati. In questa fase le opposizioni attaccano con i loro eletti di punta, per lasciare poi le dichiarazioni di voto serali ai leader. Per la Lega è il turno del pontino Claudio Durigon e il suo discorso è atteso in sala. Assente per tutta la mattina, si presenta dopo l’una. Si nota subito, ed è palese la considerazione che il suo gruppo ha per lui, pacche e sbracciamenti, non è mai solo.
Esce a prendere il discorso e poi si risiede, lo studia un po’ ma quando è il suo turno anche lui legge tutto dai fogli e senza enfasi, eccessi e recessi ripete la posizione del suo partito. Nella liturgia a seguire si ha la certezza dei numeri in serata, meno di quel che accadrà in futuro. Io sono certa che da ieri nulla sarà più come prima, che la geografia politica del nostro paese sta mutando in maniera irreversibile e forse non più rimandabile, uno stravolgimento ora disorientante, come lo erano molti ieri sebbene convinti del quotidiano agire.
Ed è solo l’inizio, per questo e questo ho voluto vedere.