Il sindaco nella Latina del monopolio culturale della nostalgia di destra e la sinistra subalterna

Il sindaco nella Latina del monopolio culturale della nostalgia di destra e la sinistra subalterna

16 Novembre 2020 0 Di Lidano Grassucci

La città ha sempre avuto chiaro il messaggio della destra cittadina. L’idea fu “strutturata” da Nando Cappelletti (il fine ideologo della esperienza di Ajmone Finestra): riannodare i fili del tempo per tornare alla “fondazione”. La tesi era: la fondazione è purezza, il resto bestemmia. Su questo assunto del rigetto del presente, su questo riscrivere la storia è nata anche una letteratura, il romanzo Canale Mussolini è il punto più alto, e una “tesi” politica sulla citta fascio-comunista, la città comunitaria in una idea totalitaria a fronte dell’individualismo liberale e del classismo socialista, con in mezzo la palude democristiana.

A questa “tesi” non si è contrapposta una difesa dei valori liberali e di classe, ma c’è stata una corsa a leggere il nostalgismo come identità stessa della città. Nessuno, dico nessuno, ha difeso la città democratica, quella della “rivoluzione industriale”, quella della “espansione dei servizi”, quella che oggi dovrebbe affrontare i temi della creatività. La sinistra non ne ha discusso portando in pancia il nostalgismo dell‘utopia coroniana, e il tentativo della sinistra post comunista di farsi accettare nel nuovo corso totalitario, con l’aggiunta di una certa propensione all’idea totalitaria ‘900 in salsa proletaria. Il tutto nel suicidio socialista che porta alla morte del dialogo di Latina con il suo naturale centro storico: i monti Lepini.

La sinistra diventa solo una variante della nostalgia anticapitalista in una convergenza inquietante nei regimi tragici del ‘900.

La cosa così coincide, la percezione di indifferenza tra destra e sinistra,  che diventa sinistra competitiva quella che si richiama non alla prassi politica ma alla morale: la Latina di Damiano Coletta. E’ una alternativa morale non culturale come ovrebbe essere è gara tra santi e empi, ma nello stesso credo.

Con richiami di rigetto della democrazia liberale: il primo discorso del neo sindaco-morale è quello di Pericle che esalta la democrazia degli antichi, quella della rappresentanza diretta, senza delega.

Coletta non contesta la Destra di Governo per la sua idea di città, ma per la morale dei suoi uomini. Accettando, di fatto il modello nostalgico proposto. Non a caso un intellettuale come Francesco Tetro è assessore alla cultura di Ajmone Finestra e diventa responsabile del Museo Cambellotti con Coletta. Una continuità culturale evidente e indifferente, perchè la differenza non era culturale ma morale.

Non è un caso che proprio da Cambellotti riparta la ricostruzione (si fa per dire) museale della città a teatro chiuso, a biblioteca chiusa, entrambe conquiste democristiane. Il Museo Cambellotti è nato nel 2005 amministrazione Vincenzo Zaccheo.

Non a caso la voce narrante del nuovo museo è quella di Antonio Pennacchi autore di Canale Mussolini. Se il discrimine era “morale” e non “politico” basta salvare l’impianto nostalgico dai nostalgici e tutto torna.

Oggi la sinistra non deve cercare un sindaco, ma deve trovare la sua alternativa protagonista e non subalterna a questa storia. Un nodo che riguarda tutti da Coletta al Pd se la sfida è far tornare Latina nel novero ddelle città contemporanee e non nell’isolamento della “vendetta sulla storia” della destra.

La sinistra, poi, si vergogna della sua storia e la omette: quanti convegni sono stati fatti sugli scioperi alla rovescia? Quanti hanno rivendicato l’occupazione delle terre? Se Cambellotti è osannato chi ha accennato a intellettuali come Giuseppe De Santis? E quanti convegni su Pietro Ingrao? Quanti incontri sui sindaci riformisti dei Lepini?

Facciamola semplice: la politica musicale di Latina è il recupero di un edificio di fondazione o il bisogno di far crescere la formazione musicale esaltando il conservatorio e il campus che la fanno?

Il nostalgismo ho bisogni immobiliari, la sinistra dovrebbe avere bisogni umani. Del resto la mania immobiliare della destra nel feticcio dei muri ha partorito un incredibile e inutilizzato patrimonio di edifici al Comune di Latina manco fosse la Gabetti

Latina nel nostalgismo bonificardo è sola, nell’apertura alla storia contemporanea sarebbe capitale ma per esserlo deve mettersi in dialettica con le radici che non vuole condannandosi al nanismo culturale e politico.

La sinistra se esce da questa subalternità riuscirà a essere pezzo di città o sarà condannata alla indifferenza inutile e per farlo ha bisogno di non escludere ma di includere, va dato atto a Coletta di averci provato togliendo il nome artatamente imposto dalla destra ai giardinetti, ma era togliere la maschera a Carnevale.

La destra ha fatto il suo, qui quel che manca è la sinistra.