Coletta, più Andreotti che Kim Il-sung

Coletta, più Andreotti che Kim Il-sung

25 Gennaio 2021 0 Di Fatto a Latina

Durante la spesa domenicale incrocio un amministratore locale pontino dentro un supermercato che sta appena fuori dal centro di Latina.
Caspita anche gli assessori tengono moglie e fanno la spesa di domenica, penso. Dato che è persona educata (da buon cristiano e da buon sociale) e mia vecchia conoscenza, mi saluta cordialmente, nonostante sia stato io spesso poco “amichevole” nelle critiche a lui ed al suo Sindaco.
Congedandomi si lascia andare ad una battuta “Certo che Coletta come Kim il-sung è immagine forte pure per voi che siete sempre tanto graffianti”. Bofonchio sotto la FFP1 “Vabbè. Se non hai avversari lo diventi per forza despota. Del resto si fa pure fatica a criticarla l’alternativa se non esiste nemmeno” Tornato a casa e sprofondato nella pulizia e taglio delle patate (uno dei miei compiti casalinghi principali), rifletto sulla battuta del politico spesante. L’Obama di San Marco si riferiva sicuramente ad un articolo del 12 gennaio a firma Lidano Grassucci e pubblicato sul Fatto a Latina “Elezioni a Latina: Il neo modello plebiscitario del fortunatissimo Coletta”. Nell’articolo il Riccardo Lombardi setino, ironizzava, in merito alle prossime elezioni ammnistrative di Latina, sulla mancanza, fino ad ora, di avversari credibili rispetto all’amministrazione uscente.
La conclusione laconica era che a giugno a Latina “rischiamo di andare alle elezioni non sul modello della democrazia competitiva d’occidente ma sul plebiscito confermativo alla coreana, alla russa”.
Da qui il dedotto paragone tra Coletta ed il dittatore comunista Kim il Sung. Fermo restando l’ironico tenore dell’articolo e della battuta dell’amministratore comunale, ragionando sempre per paradossi, mi verrebbe alla bisogna un paragone ben diverso. Personalmente mi sono convinto che il cardio-sindaco Coletta sia più simile al Divo Giulio
Andreotti che al Dittatore Koreano. Pensiamoci bene.
Ha approfittato dell’onda lunga dell’antipolitica e del civismo per imporsi, lui sinistroso, in una città umanamente e culturalmente di centrodestra. In questo senso il risultato del ballottaggio del 2016 (quasi l’ottanta per cento) non lascia dubbi; Damiano Coletta è stato votato da una parte consistente di chi in passato incoronò, a netta maggioranza, come “primi cittadini” i destrissimi Finestra, Zaccheo e Di Giorgi.
A occhio e croce, se ricordo bene, pure nel suo stesso movimento civico LBC c’era più di qualcuno che non poteva certo dirsi “figlio della Resistenza”. Ha amministrato avendo come regola primaria “non fare per non sbagliare” invece che “fare col rischio di commettere errori” (va detto che è una tattica fenomenale per essere ri- confermarti Sindaci in Italia). E’ stato attento a non offendere nessuno di quelli che contano davvero. Ha coltivato amicizie utili: Presidenti della Camera, Governatori di Regione, Segretari di Partito Nazionali.
Ha ignorato i capetti dei partiti locali; tanto si sa che quelli starnazzano sui giornali e le televisioni del posto, ma poi si adeguano sempre a quanto decidono i loro “caponi” a Roma. Ha dato un bel po’ di “circenses” ai cittadini, almeno fino a che il Covid non lo ha stoppato. In tempo di pandemia ha fatto quello che i cittadini impauriti chiedevano (chiusura, chiusura, chiusura) con qualche effetto speciale tipo “operazioni droni di Pasqua”. Non ha modificato nulla di sensibile in una città che ama terribilmente conservarsi così com’è. Ora che fa?
In vista delle elezioni prossime venture, dopo avergli soffiato una vittoria che anelavano da trent’anni ed averli azzerati, “accetta” l’appoggio dei fu arci-nemici del PD che, come diceva De Andrè si sono indignati , si sono incazzati ma hanno gettato la spugna con gran dignità.
Dagli elettori di Finestra a quelli di Moscardelli senza grossi problemi. Dal civismo alla politica di professione con altrettanta nonchalance. A me pare più che “pur bisogna andar a conquistare la rossa primavera dove sorge il
sol dell’avvenir” qua si tratti di “tirare a campare che è meglio che tirare le cuoia”.

Davide Facilepenna