Disincaglio

Disincaglio

3 Luglio 2021 0 Di Lidano Grassucci

La migliore libertà è essere se stessi.
Jim Morrison

Dedicato alle quotidiane lotte contro scogli infingardi che stanno sotto uno sputo di acqua per far finta che si può passare. Dedicato alla libertà che la riscopri quando vedi tornare a saltare la lepre, il gatto a guardati da dietro un ciuffo di erba, il gufo a ripartire da un albero di magnolia dopo aver girato la testa di occhi bellissimi. E una nave prendere il mare.

 

Ma ora è il momento
Di mettersi a dormire
Lasciando scivolare il libro che
Ci ha aiutati a capire
Che basta un filo di vento
Per venirci a guidare
Perché siamo naviganti

Ivano Fossati, Naviganti

 

 

Disincagliò, si disincagliò da uno scoglio che la teneva stretta e ora davanti il mare aperto. Si disincagliò, motori indietro tutta poi un lamento dello scafo, una ferita lieve. Una striscia come graffio di gatto al gioco.

Si disincagliò e davanti il mare. Certo non avrebbe cercato porto, ma fondali infiniti di abissi neri pece.

Che bella quella nave.  Aveva fianchi disegnati da onde, altezze da voli, la prua era una sfida scritta da domani, dietro l’elica triturava i ricordi che si facevano solo una scia. Era oggi e anche domani sarebbe stato oggi, ma oggi mai ieri.

Il mare davanti.

Da qui la vedevo capace di vento, da qui la vedevo perfetta in quella fretta di andare via da questa forzosa stasi dovuta ad un incaglio.

Dal mare vengono i turchi, dal mare gente per depredare, ma quella volta venne la bellezza che si incagliò qui per un banale errore del capitano confuso ad amare la sua nave.

Così confuso che le fece male e costrinse, per un poco, il vento a essere bonaccia, il motore a tacere, l’elica a non girare, l’acqua a non essere tagliata da quella prua perfetta ma a restare carezze di onde del mare.

L’incanto fu parlare sere e sere con quella imbarcazione così grande che per farmi ascoltare mi trovai a gridare, canzone del mare. Lei pareva rispondere con un gran pavese, per dire a festa a questa terra che la teneva lontana dal viaggiare per mare.

Disincagliò, il bravo capitano ritornato dal suo amore la riuscì a liberare e scivolava lo scafo in mare. Albatros si alzarono in volo per seguire i venti e saltare il mare con riferimento quella nave nel suo navigare. Uccelli grandi come una nave, uccelli capaci di abbandonarsi al vento.

Dio sa quanto era bella, credo fosse nave di Spagna con mille ori da trasportare, tesori, ori di quella nave.

I marinai si misero a prua, in fila perfetta, il fischio erano ordini di onori. Il capitano aveva bottoni di ottoni e ori e una divisa bianca con la spuma di un’elica “così alla via”. Un cappello elegante. Si segnarono la testa come prima dela battaglia e gridarono il suo nome al vento.

Si allontanò scivolando sul mare e mi trovai a sorridere per come capitano le cose, di come capita il mare così aperto da essere chiuso davanti a questa riva dove non passa nessuna flotta ma un giorno capitò una nave.

Mi sono guardato piangere in uno specchio di neve,
Mi sono visto che ridevo
Mi sono visto di spalle che partivo.
Ti saluto dai paesi di domani
Che sono visioni di anime contadine
In volo per il mondo.

Anime Salve, Fabrizio De Andrè

Una nave di Spagna si incagliò davanti alla mia costa, io l’andavo a trovare la sera per parlare ora sono felice del suo navigare.

 

Nella foto: Salvador Dalì, nave con le vele a farfalla