Saturnino Piattella il primo mugnaio di Littoria

Saturnino Piattella il primo mugnaio di Littoria

12 Giugno 2022 2 Di Emilio Andreoli

Dopo la bonifica integrale la terra pontina era pronta per l’agricoltura. Era iniziata nel 1924 e, nonostante fosse già stata prevista con un decreto del 1899, terminò nel 1936. Circa ventimila ettari bonificati e quattromila poderi per i coloni, arrivati per la maggior parte dal Nordest: Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna. Ai coloni venivano fornite scorte di farina ogni giorno. L’Opera Nazionale Combattenti, organizzava alcune squadre di donne per insegnare a fare il pane alle famiglie, mentre squadre di uomini insegnavano l’uso dell’aratro e come governare il bestiame. Insomma una terra a totale vocazione rurale. Nascevano così le prime aziende agricole e i primi fornitori. In pieno centro a Littoria c’era anche il mulino dove andò a lavorare il primo mugnaio della città, Saturno Piattella.

L’Agro Pontino, dopo essere stato bonificato, apparve come una immensa distesa di terra che si estendeva dai monti Lepini fino ad arrivare al mare. Erano serviti cinquantamila operai, provenienti da tutta Italia, per la bonifica integrale delle ex paludi pontine. I primi tentativi di bonifica furono fatti dai latini, poi nel corso dei secoli anche dai romani e da alcuni papi. Solo con l’invenzione dell’energia elettrica alla fine dell’ottocento, e la realizzazione delle pompe idrovore all’inizio del novecento, fu possibile realizzare la grande opera ambita da oltre duemila anni.

La terra, ormai fertile, era pronta per essere coltivata. Le quattromila case coloniche con annesse le terre, pronte anche loro per dare ospitalità e lavoro ai migranti del Nordest. Ma la maggioranza dei coloni arrivati, di agricoltura ne sapevano ben poco. L’Opera Nazionale Combattenti si fece carico di istruire e avviare le donne e gli uomini alla vita rurale. Littoria e le altre città di fondazione, appena costruite, basarono la loro economia sull’agricoltura, principalmente sul grano.

Premesso tutto ciò, immaginate la via dei pub novant’anni fa: dove ora c’è il palazzo Porfiri c’era il primo mulino di Littoria. È lì che nel 1932 il grano diveniva farina. L’idea di costruirlo fu di un politico romano, un certo Dall’Olio. Non avendo tempo per seguire i lavori si mise alla ricerca di una persona di cui fidarsi e, una volta realizzato, di farlo funzionare. Dalle Marche arrivò il mugnaio Saturno Piattella, con lui raggiunse subito l’accordo.

I primi pionieri di Littoria. Il primo a dx è Saturnino Piattella

La storia di Saturno Piattella, per tutti Saturnino.

Saturno Piattella, che tutti chiameranno Saturnino, nasce a Serra San Quirico in provincia di Ancona il 10 ottobre 1889. È il quinto di dieci fratelli, il padre gestisce un’attività commerciale. Dopo le scuole elementari, come del resto tanti altri di quel periodo, inizia a lavorare come apprendista. Vuole imparare uno dei mestieri più antichi dell’uomo, quello di mugnaio. Il mugnaio si occupa di ricevere i cereali, pulirli e insilarli per la successiva lavorazione. Poi grandi macchine mescolano e macinano i chicchi che diventano farina.

Dopo anni di esperienza gestisce il suo primo mulino in una frazione di Fabriano, e si sposa con Felicetta Bellocchi, anche lei proprietaria di un mulino acquistato con del denaro ricevuto in dote. Felicetta è un’ottima imprenditrice. Apre un forno che diverrà punto di riferimento per la cottura del pane e inoltre un emporio. Gli affari per i giovani sposi vanno molto bene. Dalla loro unione nascono due figli, Guido e Raffaele. Ma la vita è imprevedibile, soprattutto per le persone generose e che si fidano ciecamente del prossimo.

Felicetta Bellocchi, moglie di Saturnino Piattella

Un giorno un suo amico gli chiede aiuto, perché non se la passa bene con l’attività e lo prega di firmare una garanzia per avere un prestito dalla banca. L’amico è così disperatamente convincente che lui accetta senza pensarci troppo, perché crede nel valore dell’amicizia. Alla scadenza del prestito però, l’amico non paga il debito e quella firma condanna Saturnino ad onorare quel prestito. Ma per farlo deve vendere il suo mulino. Anni di sacrifici buttati al vento. Ma la somma racimolata con la vendita non basta, e Felicetta è costretta a vendere anche i suoi beni.

Saturnino non è uno che facilmente si perde d’animo. Si rimbocca le maniche e cerca lavoro, d’altronde nel suo mestiere è un maestro. È intenzionato a iniziare daccapo, ma vuole lasciarsi tutto alle spalle anche a costo di andare via dal suo paese. Ed è grazie a degli amici di Roma che arriva a Littoria, dove il politico Dall’Olio sta per costruire un mulino. Inizialmente sarà alle sue dipendenze, ma poi diverrà suo socio.

L’attività, che si chiama Mulino San Marco, è sin da subito redditizia e vengono assunte molte persone. Saturnino paga l’affitto per la conduzione a Dall’Olio, e i guadagni vengono divisi in parti uguali. Nel 1933 fa scendere a Littoria anche sua moglie, ma i suoi due figli verranno messi in un collegio di Roma, perché le sue economie sono ancora scarse. Nel 1936 il comune, per il decoro urbano, ordina il trasferimento del mulino in una zona periferica, in via Torre la Felce, per evitare il passaggio dei carri con i buoi nel centro della città.

Felicetta e Saturnino con i due figlioletti Raffaele e Guido

Saturnino dopo il trasferimento entra a tutti gli effetti in società con il politico romano Dall’Olio. Nel nuovo mulino aprono anche un’attività commerciale, dove vendono semi e concime che forniscono agli agricoltori, che poi ripagheranno con il grano. Con il ricavato verranno saldati i fornitori. Insomma una vera e propria economia circolare. Poi arriva la guerra e la famiglia Piattella è costretta a sfollare a Roma. Saturnino torna a Latina nel 1949 e trova il mulino in rovina. I soldati tedeschi lo avevano occupato durante la guerra e poi distrutto prima di andare via. I suoi figli sono ormai grandi e, insieme a loro, ricostruisce il suo mulino.

L’8 maggio del 1955 Saturnino muore e la gestione del mulino passa ai suoi due figli, Guido e Raffaele. Nel 1963 un incendio accidentale distrugge di nuovo il mulino. La società con il Dall’Olio è sempre in piedi, ma i fratelli Piattella decidono di fare un’offerta per acquisirla interamente. Il figlio dell’ex politico, però, non ci sta e tenta di rilanciare, ma il padre lo mette a tacere dicendo che la famiglia Piattella lo ha fatto guadagnare abbastanza, e accetta la cifra proposta. L’attività del mulino continuerà tra alti e bassi, dovuti alle varie crisi del settore agroalimentare italiano. Nel 2003 la decisione di chiuderlo… finisce un’era.

L’incontro con Massimo Piattella, nipote di Saturnino

Incontro Massimo Piattella proprio nello storico mulino. La struttura è gigantesca e affascinante, nonostante stia andando in rovina. Per un attimo chiudo gli occhi e immagino i fasti di un tempo, quando il mulino aveva tanti lavoratori. Sembra di sentire il rombo incessante dei camion, in arrivo e in partenza per lo scarico e il carico dei prodotti agricoli. Ci accomodiamo nel suo ufficio, da lì gestisce due grandi capannoni dove commercia alimenti per animali, prodotti per la cura delle piante e detersivi liquidi.

Massimo non credo sia stata facile la decisione di chiudere il mulino nel 2003

La decisione di chiudere il mulino è stata molto sofferta per la nostra famiglia, ma il mondo stava andando da un’altra parte. Noi lavoravamo in tutta Italia, ma ci siamo accorti che l’economia rurale italiana stava scemando. Considera che dalla fine del secolo scorso in Italia i mulini sono dimezzati

E la nostra zona che era nata per l’agricoltura?

 

Hai detto bene, era nata per l’agricoltura, ma poi con la Cassa del Mezzogiorno e l’arrivo delle industrie, i figli dei coloni hanno preferito lavorare nelle fabbriche. Inoltre si sono divisi le terre lasciate in eredità dai propri genitori, e quindi con gli appezzamenti frazionati non è stato più possibile fare grandi coltivazioni

Secondo te, la provincia di Latina con l’agricoltura ha chiuso?

Proprio chiuso non direi. Considera che siamo tra i primi produttori di fiori e piante aromatiche d’Europa. Gerani, ciclamini, basilico, rosmarino, origano, etc etc. tutte piante che non hanno bisogno di grandi estensioni, come richiederebbe il grano

Come vedi il futuro della nostra città?

Purtroppo non lo vedo roseo se non cambiamo direzione. La chiusura della Corden Pharma ex Bristol dovrebbe far riflettere. Non possiamo pensare che il polo farmaceutico sia l’unica risorsa del territorio, perché oggi è una realtà, ma in futuro chissà. Io credo che per le famiglie storiche, che hanno contribuito tanto alla crescita di Latina, le amministrazioni avrebbero dovuto avere un occhio di riguardo. Mi piacerebbe continuare a fare l’imprenditore e ho anche dei progetti, ma per la burocrazia sono fermi da quasi vent’anni

Chiudiamo con tuo nonno Saturnino, venuto a mancare nel 1955. Anche se non lo hai conosciuto, puoi raccontarmi un aneddoto che lo riguarda?

Mio nonno era un uomo di compagnia. Mio padre mi raccontava che ogni giorno, dal mulino, partiva con il suo calesse per raggiungere l’osteria delle case popolari, dove incontrava i suoi amici per bere un bicchiere di vino insieme a loro. Poi un giorno gli vietarono di girare in calesse per la città e lui soffrì moltissimo

A Saturnino è dedicata una via, l’inizio di via Torre la Felce, che passa davanti al suo mulino. I due figli, Raffaele e Guido sono venuti a mancare nel 2011 a distanza di un mese l’uno dall’altro. Raffaele ha avuto tre figli, Felicia, Stefano e Massimiliano. Guido invece ne ha avuti due, Massimo e Claudio.

Un’ultima cosa: a parte i giovani, chi non sa dove è il mulino Piattella non può considerarsi un latinense doc. Per chi volesse saperne di più può passare da  Massimo che, con grande disponibilità, vi spiegherà le fasi di lavorazioni del vecchio mulino… per i malati di nostalgia, come me, è fantastico.