
Daniele Nardi, dalla Semprevisa all’Everest, fino al tragico epilogo sullo sperone Mummery
29 Gennaio 2023A Latina due cose ci lasciano meravigliati come bambini: quando la foschia si dirada e riusciamo a vedere le isole e quando la neve appare sull’unica montagna che abbiamo, la Semprevisa. Certo, da queste parti, è più facile vedere le isole che la neve, e quando accade ci rintaniamo nel caldo delle nostre case. Non siamo abituati al freddo, lo sopportiamo poco, anche se in realtà qui il freddo dura solo qualche settimana. In questi giorni abbiamo potuto vedere il romantico paesaggio dei nostri monti imbiancati dalla neve, fin quasi a valle: con un po’ di fantasia, parevano le dolomiti. Dal caldo del mio divano, mi è tornato alla mente l’alpinista pontino Daniele Nardi, che giace sul Nanga Parbat in Pakistan, a oltre cinquemila metri di quota, e mi sono venuti i brividi.

Gennaio 2023 “Le nostre Dolomiti”: monti Lepini e Semprevisa dopo la forte nevicata, vista dal lago di Fogliano (Foto Piergiorgio Pellagri)
Le nevicate a Latina le ricordo tutte, tranne quella del ’56 perché non ero ancora nato. In settanta anni se ne contano cinque. Ci dobbiamo accontentare di vedere la neve, tre o quattro volte l’anno, sulla nostra unica montagna, la Semprevisa. Per noi è sempre un avvenimento scorgere la sua cima innevata, che poi annuncia il primo vero freddo. Ma è solo per qualche settimana.
Eppure tra le nostre colline è nato uno dei più famosi alpinisti del mondo, Daniele Nardi. Nella sua breve ma intensa esistenza ha compiuto imprese epiche, scalando le cime più alte del mondo. La cosa straordinaria è quella di aver mosso i primi passi sulla Semprevisa, alta solo millecinquecentotrentasei metri. Da lì è partito e non si è più fermato, fino al tragico epilogo sulla montagna pakistana del Nanga Parbat. Sì, perché questa non è una storia a lieto fine.

Daniele Nardi in arrampicata
Daniele Nardi, dalla Semprevisa alle vette del mondo
Daniele Nardi nasce il 24 giugno del 1976 a Sezze, in provincia di Latina. Il padre, Agostino, è un ingegnere. La mamma, Concetta, è insegnante. Lui è il primo di tre figli, poi ci sono Luigi e Claudio. Daniele è un bambino timido, ma molto curioso e determinato. Dopo le scuole medie frequentate a Sezze, si iscrive all’Istituto Tecnico Industriale di Latina. Tra alti e bassi, come avviene spesso nell’adolescenza, si diploma. Frequenterà poi la facoltà di ingegneria, ma la sua passione è un’altra, gliel’ha trasmessa suo papà sin da bambino.
D’estate, Agostino porta la sua famiglia in vacanza sulle Alpi, ed è lì che Daniele, ancora piccolo, si innamora delle montagne. Ma le sue prime esperienze le farà sulla Semprevisa, a pochi chilometri da casa sua. A soli sedici anni, farà lì la sua prima arrampicata. A diciannove è pronto per il grande passo. Parte in solitaria per i primi quattromila metri, scalando una montagna nella parte settentrionale del Monte Bianco. A ventuno, affronta le pareti delle varie vette alpine.
Nel 2001 il suo sogno inizia a materializzarsi, partecipa a una spedizione sul Gasherbrum, una montagna di ottomilaseicento metri tra Pakistan e Cina. L’anno dopo tenta la vetta della sesta montagna più alta della terra, Cho Oyu, tra Cina e Nepal, ma a poche centinaia di metri dalla cima, ha un principio di congelamento ed è costretto a rinunciare. Nel 2004 finalmente Daniele scala l’Everest ed è in cima al mondo. Per uno che è partito dalla Semprevisa è un risultato straordinario.

Daniele Nardi in scalata
Al suo ritorno a Latina, organizza in un locale la proiezione di quell’impresa. Tra le tante persone presenti anche Daniela, figlia di una cugina di suo padre. Si erano visti solo una volta da bambini. Daniele rimane incantato a prima vista da quella ragazza, ma per la loro storia d’amore passeranno due anni.

Daniele con la moglie Daniela Morazzano in cima alla Semprevisa
Nel frattempo, nel 2005, parte per il Tibet e raggiunge la vetta del Shisha Pangma. Nel 2006, con un gruppo di alpinisti del Lazio, prepara la spedizione: “Missione città di Latina” per scalare, in Argentina, l’Aconcagua, il rilievo più alto dell’emisfero australe e delle Americhe, situata sulla Cordigliera delle Ande, nella provincia di Mendoza. Nello stesso anno vola in Pakistan e scala il Nanga Parbat e il Broad Peak in soli trenta giorni. Ormai Daniele fa parte del gotha degli alpinisti, e nel 2007 è capo spedizione per il K2. L’impresa sarà seguita dalla Rai per il film documentario “K2: il sogno, lincubo” curato dal giornalista Marco Mazzocchi.
Il 2009 è alternato da una cima conquistata, quella inviolata del Farol west, e un’altra, l’Ama Dablam, mancata per soli duecento metri dalla cresta. Anche negli anni successivi parteciperà a tante altre imprese come capo spedizione. Nel 2011 Daniele e il suo compagno di cordata, Roberto Delle Monache, vinceranno il premio Paolo Consiglio per aver aperto una via nuova su una delle montagne dell’Himalaya.
Nel 2013 Daniele inizia la sfida con il Nanga Parbat, e al suo sperone Mummery che ha già scalato nel periodo estivo. In inverno ha provato altre quattro volte, ma senza successo. Daniele non è uno che si arrende, ama le cose difficili e vuole entrare nella storia dell’alpinismo, anche se già lo è. È il primo alpinista nato al di sotto del Po ad aver conquistato l’Everest e il K2. Il 18 dicembre del 2018 Daniele parte da Fiumicino per raggiungere il Pakistan con Tom Ballard, suo compagno di scalata.

Daniele Nardi e Tom Ballard sul Nanga Parbat prima della loro ultima scalata
Dopo aver donato materiale didattico ai bambini del posto, il 29 dicembre raggiungono il campo base sotto il Nanga Parbat. Il 9 gennaio arrivano al campo base 3, sotto il Mummery. Il tempo di acclimatarsi per poi ripartire. Il 16 gennaio sono a quota seimilatrecento.
Il tempo però non è clemente. C’è rischio valanghe e una scossa di terremoto scuote la montagna. I due alpinisti sono costretti a fermarsi per diverse settimane. Il 22 febbraio il tempo migliora, anche se il vento continua a soffiare forte. Daniele e Tom ripartono e arrivano a quota settemilaquattrocento. Il 25 però si perdono i segnali radio. Il giorno successivo vengono attivati i soccorsi pakistani. Ma lo spazio aereo viene rallentato a causa di un’improvvisa guerra al confine con l’India. Per trovare ancora in vita i due alpinisti le speranze si affievoliscono di ora in ora. Nessuno può reggere quelle temperature polari, se in difficoltà.
Il 6 marzo 2019 i loro corpi vengono avvistati da un potente teleobiettivo. Impossibile recuperarli. Daniele e Tom sono ancora lì, in un abbraccio mortale con quella affascinante e insidiosa montagna. Prima di partire Daniele Nardi era stato intervistato nel programma Le Iene. Questo il suo messaggio:
“Mi piacerebbe essere ricordato come un ragazzo che ha provato a fare una cosa incredibile, impossibile, che però non si è arreso e se non dovessi tornare il messaggio che arriva a mio figlio sia questo: non fermarti, non arrenderti, datti da fare perché il mondo ha bisogno di persone migliori che facciano sì che la pace sia una realtà e non soltanto un’idea… vale la pena farlo“
Daniele Nardi, oltre a essere stato un grande alpinista era anche ambasciatore per i diritti umani. A lui oggi è dedicata la cima della Semprevisa e la palestra della scuola Pacifici e De Magistris di Sezze.
Daniela Morazzano racconta il suo Daniele
Ho incontrato Daniela nel suo negozio, Muso a Muso, in via Priverno. Quando le ho detto che avrei voluto raccontare la storia di Daniele si è resa subito disponibile. Lei è una ragazza forte e determinata, ma parlando di Daniele, più volte, la voce e i suoi occhi hanno tradito emozioni.

Daniele e Daniela con il figlioletto Mattia appena nato
Daniela, come è iniziata la storia d’amore tra te e Daniele?
“Dopo l’incontro del 2004, stranamente Daniele iniziò a frequentare i raduni di famiglia, ma era fidanzato e io non ci pensavo proprio, anche se avevo capito il suo interesse nei miei confronti. Dopo aver rotto la sua relazione ci mettemmo insieme, era il 2006. Dopo dieci anni di fidanzamento, e anche di tira e molla, ci siamo sposati. Quando Daniele partì per il Nanga Parbat, nostro figlio Mattia aveva solo tre mesi”
Non gli dicesti nulla che partiva per una spedizione così pericolosa?
“Io l’ho appoggiato in tutte le sue scelte, perché me la sono sempre saputa cavare da sola. Non era giusto frenare la sua passione. Mi aveva accennato che sarebbe stata la sua ultima spedizione. Aveva in mente di aprire una scuola di formazione. E poi Daniele ti metteva tranquillità, era una persona positiva e ironica: mi prendeva in giro, diceva che ero di covatoio perché venivo dalla città”
Guadagnava con le spedizioni?
“Macché, era tutto a sue spese, guadagnava sulle testimonianze sportive, aveva una società con Maria Elena Martini che era la sua agente e gli procurava il lavoro”
Quando lo hai sentito l’ultima volta?
“Il 24 febbraio mi chiamò alle due del pomeriggio con il telefono satellitare. Mi chiese le previsioni del tempo sul Nanga Parbat. Era tranquillo, stava preparando il tè e lo sentii scherzare con Tom. Per gli alti costi del satellitare, la telefonata durò poco”
E poi? Quando perdesti le speranze?
“Qualcosa deve essere successo proprio la notte tra il 24 e 25, ma non lo sapremo mai. Il giorno stesso cercammo, tra mille difficoltà, di far partire i soccorsi con gli elicotteri. Mi feci carico delle spese, novemila euro l’ora. Poi gli amici chiesero aiuto sui social e incredibilmente raccolsero centocinquantamila euro. L’eccedenza fu devoluta in beneficienza. Sapevo che a quella quota era impossibile resistere più di una giornata. Certo in cuor mio speravo, non volevo rassegnarmi, ma poi quando ho visto la foto dei corpi sdraiati sulla neve e ho riconosciuto la tuta di Daniele mi sono arresa”
Avete mai pensato di recuperarli?
“Ce lo hanno proposto, ma sia io che la famiglia di Tom abbiamo preferito lasciarli nella loro montagna. Ma se un giorno decidessi di farlo, lo farei in forma privata”
Cosa ti ha lasciato Daniele?
“Innanzi tutto ringrazio Dio per avermelo fatto incontrare. Sicuramente la determinazione e a vedere la vita da prospettive diverse. Mi diceva: “Non fermarti, non arrenderti”, e questa estate mi sono messa in gioco. Ho attraversato a nuoto lo Stretto di Messina ed era la prima volta che nuotavo nel mare. Insomma, ho lasciato la mia vita di covatoio per entrare nella vita vera, come avrebbe voluto lui. Spero sia orgoglioso di me come io lo sono stata di lui”
Se un giorno tuo figlio decidesse di diventare alpinista?
“Gli direi di seguire le sue passioni e i suoi sogni”
Mi sono lasciato immergere in questa storia mentre ero seduto al caldo del mio divano e ho sentito freddo, molto freddo. Ma anche tanto orgoglio per Daniele, nato in una terra piana, che è riuscito a conquistare le vette più alte del mondo.
“Non conta come si muore, ma come si è vissuto”
Antonio Pennacchi