Francesco Currenti, la tragica storia di una morte bianca

Francesco Currenti, la tragica storia di una morte bianca

12 Febbraio 2023 1 Di Emilio Andreoli

Tra le tante storie che ho raccontato della nostra città, alcune sono particolarmente toccanti. Mi vengono in mente quelle delle vittime civili di guerra; dell’omicidio della bimba nel quartiere del villaggio Trieste, alla fine degli anni cinquanta; la morte per “fuoco amico” del giovane Giuseppe Giuliano e quella dell’omicidio della signora Calzati, in un appartamento di Piazza Roma, delitti avvenuti quasi contemporaneamente in quel tragico 1971. Come tragico fu il 1978 quando morì l’elettrauto Alvaro Coppetelli sotto una pesante insegna, caduta a causa del vento forte a due passi da Piazza del Popolo. Tragedie che hanno segnato profondamente la vita di alcune famiglie della nostra città. La storia che sto per raccontarvi appartiene invece alle morti bianche. Lui si chiamava Francesco Currenti e rimase vittima sul suo posto di lavoro, nel lontano 1966 a borgo Bainsizza. Mi è sembrato doveroso ricordarlo.

È assurdo pensare che si possa morire sul lavoro. Eppure accade ancora oggi nel terzo millennio, nonostante si cerchi di sensibilizzare, nella sicurezza sul lavoro, imprenditori e lavoratori. Purtroppo negli ultimi dieci anni, in Italia, ci sono stati diciassettemila morti, un numero impressionante. La provincia di Latina non è esente da questa immane tragedia. Nel 2022, nel nostro territorio, hanno perso la vita otto persone: otto famiglie piangono i propri cari, deceduti mentre lavoravano: allucinante se ci pensiamo.

Alcuni giorni fa ho ricevuto una notifica su Messenger, da parte della signora Anna Currenti che mi ricordava un suo precedente messaggio, che accennava la storia di suo padre. Ricevo molti messaggi e giuro che li leggo tutti, ma poi capita anche di dimenticarli… l’età inizia a farsi sentire. In un momento di tranquillità ho riletto con attenzione quella missiva che proprio non ricordavo. Sicuramente l’avrò letta di sfuggita, perché il contenuto era di estremo interesse e di grande attualità. Quindi ho deciso di andare a fondo ed immergermi in questa storia degli anni sessanta. La storia è quella di Francesco Currenti.

La storia di Francesco Currenti, vittima del lavoro

Francesco Currenti nasce il 23 dicembre del 1922 a Randazzo, in provincia di Catania. Quarto e ultimo figlio di Filippo, carabiniere, e di Maria Venera. Francesco sin da bambino è già un ometto posato e giudizioso. Da ragazzo studia chimica e si diploma con ottimi voti. Finita la scuola parte per la leva militare. La destinazione è Fontana Liri, in provincia di Frosinone. In una libera uscita conosce Emma Maria Proia, una ragazza del posto. Essendo chimico, nella caserma dove sta svolgendo il servizio militare, gli viene affidato il deposito delle polveri da sparo. In quell’incarico acquisirà una enorme esperienza per il suo futuro.

Per qualche anno, continua a Lavorare in quella polveriera anche dopo il congedo. Francesco e Emma Maria, dopo un breve periodo di fidanzamento, si sposano il 30 aprile del 1944, quando la guerra non è ancora terminata. Nel 1945 nascerà Maria Antonietta, la loro prima figlia, e nel 1949 le gemelline Anna e Vanda. Francesco, negli anni cinquanta, per la sua professionalità, verrà cercato anche da altre fabbriche. Decide così di migliorare la sua posizione con incarichi che però comporteranno più responsabilità. Inizia così a girare l’Italia: Bari, Molfetta, Gaeta, ma sempre con la sua famiglia, a cui è fortemente legato.

Francesco Currenti con la moglie Emma Maria Proia

Poi nel 1953 viene chiamato a lavorare nello stabilimento Stacchini, a Bagni di Tivoli, dove producono principalmente esplosivi per scene cinematografiche. Nel frattempo, nella famiglia Currenti, nasce la quarta figlia, Barbara.  Nei primi anni sessanta però, l’azienda va in crisi e quasi tutto il personale verrà licenziato. Francesco, per le sue competenze, sarà uno degli ultimi ad andare via. Un socio di quello stabilimento è un ex colonnello e ha già aperto un’altra fabbrica a Latina, precisamente a Borgo Bainsizza. Per mandarla avanti ha bisogno di uomini di fiducia, e di Francesco si fida molto perché sa come lavora.

Per supervisionare il nuovo stabilimento gli offre un posto come capo operaio supervisore e Francesco senza tentennamenti accetta. Nel 1962 si trasferisce a Latina. Le prime tre figlie, ormai adolescenti, non hanno voglia di lasciare le loro amicizie e cambiare città, ma Emma Maria non riesce proprio a stare senza suo marito. Passano solo alcuni mesi e lo raggiunge senza tenere conto delle lamentele delle figlie. A Latina vanno ad abitare in una palazzina di via Marchiafava, angolo via Emanuele Filiberto, di fronte le case popolari. La nuova fabbrica si chiama S.E.S. acronimo di società esplosivi siciliana, specializzata negli esplosivi per cave e miniere.

A Latina la vita scorre tranquilla. Le ragazze si sono ambientate nella nuova città e hanno pure trovato lavoro, nonostante abbiano intenzione di proseguire gli studi. Francesco, nei fine settimana si concede una passeggiata per il centro con la figlioletta Barbara. In Piazza del Popolo compra il giornale e poi prolunga la camminata fino ai giardinetti, alla pista di pattinaggio, per far imparare la piccola a pattinare. Ha bisogno di rilassarsi perché il suo lavoro è molto delicato. Lavorare con la polvere da sparo richiede un’attenzione che non permette distrazioni, soprattutto per lui che ha la responsabilità degli altri operai.

L’ultimo giorno

Estate 1966. È venerdì 29 luglio e a Latina il caldo è insopportabile. Anche a Borgo Bainsizza, dove si trova la fabbrica di esplosivi in cui lavora Francesco, il sole picchia inesorabile. Manca poco alle 13. Ancora qualche ora e tornerà a casa dalla sua famiglia. Sabato lo passerà, come sempre, a passeggiare per Latina insieme alla sua piccola Barbara. Poi tra qualche giorno inizieranno le ferie. Chissà, forse Francesco ha in mente un viaggio in Sicilia per passare qualche giorno di vacanza nella sua Randazzo.

Intanto gli operai si sono fermati per una pausa, al di là del recinto, fuori dalla fabbrica. Fumano, chiacchierano, scherzano. Magari anche loro staranno già pensando alla pausa estiva. Francesco si avvia nel deposito e dice loro di fumare con calma, che non c’è fretta. Quelle parole saranno la loro salvezza. Da quando il loro capo è rientrato sono passati circa due minuti. All’improvviso un boato scuote tutto il borgo. Il corpo di Francesco viene proiettato lontano dallo scoppio. Per lui non c’è più nulla da fare. Gli operai sono shoccati e intontiti, ma tutti salvi.

Articolo dell’epoca

Francesco Currenti aveva solo quarantatre anni. Nel 2010 gli verrà concessa “Alla Memoria” la decorazione della “Stella Al merito del lavoro” dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

La decorazione alla memoria, firmata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Anna Currenti ricorda suo papà e quel maledetto 29 luglio

Incontro Anna Currenti in un bar vicino la chiesa dell’Immacolata. Da quel giorno sono passati quasi sessant’anni, ma quando lo racconta sembra accaduto ieri.

Anna, quali ricordi hai di quel giorno?

“Ero appena tornata a casa per la pausa pranzo. Lavoravo in ufficio dai Pitton che avevano un supermercato. Alle tredici sentii delle ambulanze passare, mi affacciai e vidi che si dirigevano verso Borgo Piave. Subito dopo venne a bussare un signore: chiese a mia madre delle foto di mio padre. Disse che servivano per dei documenti. Non so perché, ma a me venne subito un dubbio atroce, collegai quel signore alle ambulanze e a mio papà. Poi tornai al lavoro, ma alle tre e mezza del pomeriggio ricevetti una telefonata da un collega di mio padre: mi disse che dovevo tornare a casa perché mia madre aveva bisogno di me. Allora capii che era successo qualcosa di grave. La causa di quello scoppio non fu mai accertata”

Cosa accadde dopo?

“Una tragedia del genere ti cambia la vita. Mia madre non venne neanche al funerale e poi si ammalò di depressione, non si riprese più. Il loro è stato un grande amore, come se ne vedono di rado. Fino a quel momento avevano vissuto in perfetta simbiosi. Dopo qualche mese ci trasferimmo a Roma. Lasciai il lavoro e anche il sogno di proseguire gli studi. Avrei voluto diventare architetto”

 Il rapporto con voi figlie?

“Mio padre era un uomo estremamente riservato, non esternava i suoi sentimenti forse per pudore, però l’amore verso la famiglia traspariva tutto”

Era un papà severo?

“Lo era il giusto. Mia mamma era molto più severa”

Invece la tua storia con Latina?

“Prima della tragedia conobbi Luciano, un ragazzo di origine istriana che abitava al villaggio Trieste. Anche lui lavorava dai Pitton. Quando mi trasferii a Roma, rimasi in contatto con lui. Alla fine ci sposammo e dopo un anno nacque nostro figlio Alessandro. Eravamo giovanissimi. Dopo dieci anni di matrimonio però, la nostra storia finì e io cambiai città. Con lui rimasi sempre in contatto eravamo in ottimi rapporti. Mio figlio spesso rimaneva dal padre. Per molti anni ho vissuto in giro per l’Italia, però Latina sentivo che era la mia città e non l’ho mai dimenticata. Nel 2005 ho deciso di tornare definitivamente. Ora abito nella casa del mio ex marito. Prima di morire, dopo una lunga malattia, espresse la volontà di lasciarmela”

Cosa pensi sulle morti del lavoro che avvengono ancora oggi così frequentemente?

“Penso che vorrei fare qualcosa, raccontare e sensibilizzare il più possibile, soprattutto sugli strascichi di queste tragedie. I famigliari delle vittime hanno bisogno di supporti psicologici perché la loro vita, dopo la perdita del proprio caro, è stravolta per sempre”

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, consegna ad Anna Currenti la decorazione al merito

 

Questa è una storia che non avrei voluto mai raccontare. Le persone lavorano per vivere e in molti casi per sopravvivere… mai per morire.