Anita e un modo di scrivere

Anita e un modo di scrivere

23 Maggio 2019 0 Di Lidano Grassucci

Il mio maestro, Silvio Sacripanti, mi disse: “Scrivi come se ascoltassi Anita che saluta Garibaldi”.

Scrivi come se ascoltassi Anita che saluta Garibaldi? Ho iniziato così, immaginando lei che lo ha seguito di corsa ed ora è qui in un pantano che la corsa e, forse, il sogno è finito. O è cominciato?

Lei: “Giuseppe, mi fermo. Non si perde una Patria ma si ferma una donna”.

Stringeva la mano di lui. “Venezia è vicina, lì ci sarà…”

Anita sa che la terra della libertà è sempre oltre un orizzonte che prima ne ha altri e altri ancora. Lontana è quell’America tutta da fare, quella libertà che pareva tutta e tutta così bella che la potevi toccare. Ora qui, in questo pantano che Roma è come dimenticata

“Certo, Giuseppe mio, io che sono del mondo nuovo morire qui in quello più vecchio che c’è, dove tutto puzza di troppo: troppo bello, troppo vecchio, troppo umano e….”

Giuseppe ascolta, come se quei puntini di sospensione entrassero nel cuore. Perché andava per troppo amore, per un amore nato con la rosa che donano i guerrieri ad ogni causa che si fa Fede.

“Vado, e qui non è il Rio della Plata, non è la vergine Argentina, la forza viva del Brasile e l’utopia dell’Uruguay qui c’è l’acqua ferma e quella rosa che si è spenta”.

Doveva fare una Patria, di mille pezzi di patria e nella piana davanti città appena nate combatteva in italiano per una Patria che era bordello e non madre e qui c’era chi moriva per la sua virtù. Anita, suono secco questo nome che sa di portoghese e stava in un passo italiano,.

“Non c’è medico, ma sono curata. Perché la cura non è annientare il dolore, non è salvare dalla fine di questa commedia che è sempre uguale, ma aver vissuto in modo diseguale, vissuto con un sogno insieme”.

Venezia col suo profumo d’oriente forse tiene ancora la bandiera della libertà, ma anche se sul “ponte sventola bandiera bianca”, è il seme che conta che anche la quercia ha avuto paura del passero ed ora lo cura.

Il mio maestro mi disse: scrivi come se ascoltassi Anita che saluta Garibaldi.

Da allora faccio così, ascolto Anita e penso che Garibaldi abbia risposto con un bacio. La mia Patria, ogni mio amore, ogni mio dolore è nato da quel maestro che mi ha insegnato che lo scrivere è solo ascoltare e ricordare. Se andate al Gianicolo lei sta a cavallo, pensatela che lo saluta non triste ma felice perché aveva sognato