La terza era di Claudio Fazzone è ancora da scrivere

La terza era di Claudio Fazzone è ancora da scrivere

24 Maggio 2019 0 Di Rinaldo Ceccano

Nel 1993 Forza Italia investì su Claudio Fazzone e lui l’ha ripagata con carrettate di voti. Schiacciato tra Martella e Finestra, accerchiato dai sindaci post comunisti che governavano quasi tutti i Comuni della Provincia, messo in mezzo da Michele Forte e Vincenzo Zaccheo, ad ogni elezione che contava lui faceva la differenza e gli altri venivano oscurati.

“La mediocrità della classe dirigente e della sua proposta politica sta uccidendo l’Italia. Lo stato della politica è ai minimi storici dalla fondazione della Repubblica italiana. Purtroppo siamo responsabili tutti. Chi pensa di essere in grado di cambiare il corso di questo nuovo medioevo politico deve “affungersi” le maniche. Io non sono mai stato ignavo”!

Claudio Fazzone, una macchina elettorale in tutte le ere

Claudio Fazzone è l’unico dirigente politico che in presenza di Silvio Berlusconi ha ricevuto una ovazione più ampia del suo leader. La prima era è stata una cavalcata trionfale: primo partito in Provincia con Martella oscurato dalla sua imponenza; la trasformazione di Fondi e dei Comuni satelliti, il cappotto alle elezioni politiche inflitto agli avversari, l’imposizione di Cusani alla provincia contro tutti e tutto, compresi pezzi importanti del suo partito, il record di preferenze alla Regione, il Senato.

La seconda era vissuta da senatore è stata accidentata, gli attacchi alla famiglia, il caso Fondi, le rotture di Latina e il commissariamento del capoluogo, l’arretramento elettorale di Forza Italia:  qualche ammaccatura l’ha subita, più sul piano umano che politico, ma è rimasto in auge mentre tutti i suoi avversari si sono sgretolati e i suoi competitors annaspano.

Forza Italia deve diventare un partito dei territori

La terza era molti la danno chiusa nel buen retiro del Senato lontano dall’agone politico. Chi lo conosce bene non ci ha mai creduto. L’uomo è di scorza dura, dotato di un intuito fuori dal comune, incapace di nascondere il suo pensiero ma al contempo in grado di valutare in anticipo gli scenari.

“La politica va cambiata. Forza Italia va rifondata. Il partito così non funziona. La gestione da verticistica deve divenire territoriale, bisogna ascoltare e coinvolgere i dirigenti e i consiglieri comunali che sui territori si confrontano con i problemi veri , con la realtà della quotidianità,  la burocrazia, la difficoltà di accesso al credito, le pastoie burocratiche, le difficoltà economiche, le inefficienze della sanità. La classe dirigente andrebbe scelta dai territori e sui territori. Mettendo in primo piano anche i collegi elettorali, la composizione delle liste nei comuni”.

La responsabilità?

“I sistemi elettorali degli ultimi 30 anni che hanno allontanato gli eletti dai problemi, che hanno violentato i territori. Il modo in cui vengono formate le classi dirigenti. Prima la trafila era obbligatoria, i consigli comunali erano delle palestre. Adesso è un mercimonio. Anche l’abolizione delle preferenze si è rivelato un errore. Se vieni eletto con le preferenze devi curare il territorio, devi caricarti della responsabilità di fornire risposte. Ti serviva stare in partiti organizzati, strutturati per ascoltare il territorio e consentirti di stare in linea con le problematiche dei cittadini. Adesso invece si rincorre il caporione che cura solo il suo cortile elettorale”.  

Il corridoio tirrenico sia la circonvallazione della provincia: da Roma a Formia

La terza era di Fazzone è tutta da scrivere e raccontare. L’uomo politico Fazzone è determinato. La Provincia, i Comuni sono rimaste le trincee, le istituzioni più prossime al cittadino: ma mancano i soldati e le competenze sono sparite. Questo dazio lo paghiamo a livello nazionale: manca la gavetta, manca la formazione politica. Si deve ripartire dal basso. Anche l’amministratore Fazzone ha le idee chiare. Bisogna preservare le eccellenze industriali che esistono ma la ricchezza di questo territorio sono le risorse naturali, e dobbiamo favorire lo sviluppo agricolo di qualità e il turismo sostenibile. E si accende con immutata determinazione:

“Nell’epoca della globalizzazione e della mobilità noi siamo una provincia senza collegamenti. Senza girarci intorno: per rompere l’isolamento di questa provincia occorre realizzare il corridoio tirrenico. È una vergogna che da Latina per raggiungere Roma o Frosinone serva un’ora. Da Frosinone a Roma ci vogliono 20 minuti!  Il corridoio deve divenire la circonvallazione dell’intera provincia, da Roma deve arrivare fino a Formia per collegarsi a Cassino da sud e a Valmontone da nord. Solo con collegamenti moderni e rapidi possiamo riconnettere lo sviluppo di questa provincia con il resto del mondo. L’ultimo intervento infrastrutturale è stata opera di Guido Bernardi, il Traforo di Terracina. Anche qui paghiamo il dazio dell’assenza di una classe politica abituata ad affrontare e risolvere i problemi”.

È un ora che parla liberamente, sciolto, più che un intervista sembra il solito scambio di battute di quando ci incontriamo. Sò che non si negherebbe a nessuna domanda e approfitto.

Latina merita una grande rivincita

Claudio, su Latina ti sei pentito di qualche scelta? Zaccheo e poi Di Giorgi, due scelte e due rotture per averci cosa? Mi guarda, riordina i pensieri, mi aspetto che dica lascia stare invece sta già dentro la terza era con testa, corpo e carattere.

“Latina merita una grande rivincita: oggi è governata da persone che non conoscono l’amministrazione; e anche prima si lasciava a desiderare. Il civismo è la morte della politica e la negazione delle soluzioni dei problemi, i civici indossano le maschere per arrivare dove con i partiti non sono mai arrivati. Col civismo si soddisfano  interessi particolari, mai generali, Latina ne è l’esempio lampante.

Le scelte e le successive rotture?  Tu sai bene come tutte le persone intellettualmente oneste che su Latina non sono mai riuscito a fare scelte, mi sono sempre dovuto adeguare assumendomi responsabilità non mie. Sia quando sono stati indicati i candidati che nelle fasi successive io non ho imposto niente. Ho sempre ragionato e fatto le sintesi, e mi sono caricato le responsabilità delle sintesi, non delle mie scelte che in tanti casi sarebbero state altre. Sono stato attaccato in maniera vergognosa da una determinata classe dirigente. I fatti venuti alla luce hanno dimostrato la verità. Se a Latina avessi potuto scegliere avremmo lasciato il segno in termini di modernità, di cambiamento in meglio, come abbiamo fatto in tutti i comuni in cui abbiamo governato: Fondi, San Felice, Lenola, Monte San Biagio, Gaeta”.

Non hai citato Sperlonga?

Beh anche Sperlonga.

Cusani, silenzio assordante

Questa volta subisce, la smorfia è evidente. Armando Cusani è stato l’altra metà politica dell’impero Forza Italia. Fatti per stare insieme, complementari. Uomo di popolo, istintivo, empatico,  politico di razza Fazzone, austero, riflessivo, distaccato, amministratore a tutto tondo Cusani. Partiti insieme, insieme si sono sostenuti in un patto d’acciaio contro il quale si sono schiantati il fior fiore della politica pontina. Cusani imposto e difeso in Provincia dal Senatore con una forza dirompente, Fazzone e il presunto sistema Fondi difeso dal Presidente con una precisione chirurgica.

Ma di Armando mi dici qualcosa?

“Cusani? non posso commentare, non voglio commentare”.

Alcune cose feriscono in profondità. Questa è una di quelle in grado di ferire anche un leone. È una ferita non rimarginata e forse non rimarginabile. L’uomo Claudio Fazzone soffre, e si avventura in una dichiarazione che dimostra tutta l’umanità dell’uomo e lo spessore che anche il più acerrimo degli avversari gli riconosce.

“Ci si sposa, si fanno i figli, ci si lascia nonostante i figli. Sono gesti traumatici non paragonabili alle separazioni politiche. Ma le persone intelligenti si lasciano senza commentare, senza scaricare. Si è stati insieme, si è costruito insieme, insieme si sono fatti dei figli, per rispetto di se stessi e di chi ci sta intorno si rimane in silenzio …  Nella mia vita ho sempre mantenuto la parola, e il rispetto per gli altri, anche quando non condividevo. E sempre antepongo il silenzio al rischio di contribuire a rovinare storie, percorsi umani e politici di una comunità. Ho sempre rispettato il passato e tuttociò che è stato fatto”.

La sensazione è che nonostante tutto l’uomo questa volta metterebbe il politico in secondo piano e stringerebbe di nuovo quella mano. Ma la voglia di politica riemerge con tutta la sua prepotenza. Le Europee, chissà forse le politiche, e poi i Comuni, la rigenerazione di Forza Italia, la costruzione di una classe dirigente estesa.

“Mi sento orfano di Michele Forte, con cui si discuteva, si litigava, ma si parlava di politica. L’amico incapace non serve a nessuno, l’avversario capace almeno ti costringe a crescere per confrontarti”.