La scuola dei miracoli quotidiani

La scuola dei miracoli quotidiani

26 Maggio 2019 0 Di Maria Corsetti
Se la generazione smarphone si disconnette e legge Shakespeare. La professoressa Genny Cirino porta in scena i suoi studenti
E ti chiedi quando è accaduto il miracolo. Quando quei ragazzini accalcati all’entrata della scuola, con la grazia di un branco di leoni affamati all’uscita, tutti smartphone e chiasso, all’improvviso subiscano una mutazione genetica.
Un palco può fare? Qualche insegnante può fare di più.
Perché ce ne vuole di coraggio a fronte di scolaresche in piena crisi adolescenziale (che inizia in prima media e rischia di protrarsi fino all’università), ad andare oltre i programmi scolastici.
Eppure, eppure. Siamo a fine anno e gli inviti sono tanti.
Alla Scuola media Volta mettono in scena La bisbetica domata e, la settimana dopo, Il sogno di una notte di mezza estate. Sebbene preferisca la seconda opera di Shakespeare, riesco ad andare alla prima. Trovo la Bisbetica un’opera misogina eccetera eccetera. Poi mi rendo conto che se questi ragazzi non la leggeranno, non la potranno neanche criticare. Io alle medie non sapevo neanche chi fosse Shakespeare e, leggendo “Piccole donne”, dentro di me lo pronunciavo “Sachespeare”, esattamente così come l’ho scritto. Però avevo letto il libro “Cuore” e al ginnasio ho potuto gustare in pieno “L’elogio di Franti” di Umberto Eco.
La chiave è proprio questa: se non conosci come fai a criticare? Se non sai, come fai a sviluppare quello spirito che fa divergere il pensiero, che ti rende differente, che anima la discussione?
Eccoli, questi ragazzini di terza media, caciaroni dietro le quinte e tutti concentrati sul palco, che ricordare certe battute non è facile.
Pensandoci, io la trovo misogina, ma quanto è liberatorio vedere quell’antipatica di Kate stare a cuccia. Perché Shakespeare te la fa odiare talmente tanto, che tutti i discorsi di capire il prossimo vanno a farsi benedire. Specie se hai 14 anni. Si divertono gli studenti della professoressa Genny Cirino. Stanno composti e compìti sul palco del teatro Ponchielli, hanno costumi bellissimi curati dagli studenti del Liceo Artistico di Latina. Però, le scuole si parlano anche. Chissà quando, ma accade.
Io sono da poco nel mondo della scuola, sono una novellina in confronto a insegnanti che, ancora minorenni, hanno deciso di seguire questa strada. La loro determinazione mi sorprende ogni giorno, rimango sbigottita da una classe di docenti liceale ai tempi delle contestazioni del ’68 e del ’77, cresciuta durante gli anni di piombo, passata alla cattedra e alle prese con generazioni parcheggiate davanti alla tv, stressate dalla play station per approdare ai nativi digitali. Ma qualcuno si è mai messo a capire come un insegnante che abbia iniziato la sua carriera facciamo conto negli anni ’90, quante ne può aver viste e passate e quante volte ha dovuto riformulare il suo metodo di insegnamento, di gestione della classe, di approccio e relazione? E con quale coraggio si presenti in classe con un testo di Shakespeare e lo proponga agli adolescenti a cui Babbo Natale, o il nonno alla Cresima, hanno regalato l’Iphone X?