Icot, storia “minima” di solidarietà, storia “massima” di umanità

Icot, storia “minima” di solidarietà, storia “massima” di umanità

2 Dicembre 2019 1 Di Glenda Castrucci

Oggi vi racconto la storia di mia madre, della solidarietà negli ospedali, e del bene che un po’ di gentilezza fa agli ammalati.

Mia madre, è una crocerossina, sebbene l’aspetto austero. Ha sempre tolto a lei per dare agli altri, l’aiuto ce lo ha nell’indole. Questo fine settimana ha capito davvero cosa vuol dire prodigarsi per qualcuno in difficoltà, qualcuno che è solo, e soprattutto quanto importante sia l’aiuto per chi lo riceve. Mia nonna, sua mamma, la scorsa settimana a causa di una brutta caduta si è fratturata una caviglia, ed ora è ricoverata in Traumatologia all’ ICOT di Latina.

Questo fine settimana mia madre è stata con lei giorno e notte, e con le sue compagne di camera, signore che abitano fuori Latina, e che non sempre avevano a fianco i parenti per accudirle e far loro compagnia. Con un po’ di imbarazzo, all’inizio, qualcuna le ha chiesto se poteva aiutarla ad alzarsi per andare in bagno, un’altra se le sistemava il cuscino, qualcun’altra ancora aveva solo bisogno di fare due chiacchiere. Le hanno raccontato la loro vita, come mai erano in Traumatologia, in che parte del corpo le avevano operate, quanti nipotini avevano, e che il personale medico era eccellente ma sempre di corsa e molto impegnato, e non riusciva a dar retta a tutti.  Erano sole per la maggior parte del tempo, perché i figli lontani lavoravano, e non potevano andare tutti i giorni a far loro visita. Ieri mattina una signora, dall’altra stanza, sentendo la sua voce, si è alzata dal suo letto e l’ha raggiunta. Era da sola anche lei.

Aveva fatto colazione da poco, ma non aveva gradito molto il cappuccino, ed essendone amante, ne desiderava uno come si deve. Ha messo dei soldi nelle mani di mia madre, le ha chiesto se poteva farle l’immenso favore di scendere giù al bar per lei, e portarle un altro cappuccino. Allora anche alle signore in camera di mia nonna si è risvegliato il desiderio di una dolce coccola: così mia madre è tornata dal bar con leccornie di ogni genere (un po’ stile Befana, cara mamma!). Grazie al suo aiuto è stata rinominata “L’angelo biondo di Traumatologia”, ed era commossa quando me lo ha raccontato stamattina. È stato bello, per lei, ma anche per me che l’ho ascoltata, riscoprire quanta solidarietà esce fuori in certe situazioni, e come un ospedale possa unire così tanto le persone.

Questa è solo la sua storia, ma ce ne sono tante altre di altrettante persone che, come lei, sono nate solidali. La gentilezza, la premura, l’accortezza, ma anche un semplice sorriso, possono fare molto per chi si trova in un momento di difficoltà, e credo, che sia fondamentale per la vita essere disposti a “sacrificare” un po’ del proprio tempo e della propria energia per gli altri, perché la sensazione che lascia l’aver compiuto una buona azione è indescrivibile. Dovremmo essere tutti un po’ più umani con il prossimo, nonostante spesso questa umanità a noi viene negata, nonostante a volte la nostra vita non sia felice come vorremmo. Dicono che il bene genera il bene: provare per credere.