Trasfusioni sangue infetto, dopo 46 anni giustizia è fatta

Trasfusioni sangue infetto, dopo 46 anni giustizia è fatta

16 Gennaio 2020 0 Di Luca Cianfoni
Il Tribunale di Latina riconosce agli eredi 77.500 euro per il caso delle trasfusioni infette del 1974 che hanno ucciso una 70enne di Latina nativa Monte San Biagio, a seguire la vicenda l’avvocato Renato Mattarelli.

La vicenda delle trasfusioni infette

Dopo che nel 1974 la donna originaria di Monte San Biagio aveva ricevuto delle trasfusioni con sangue infetto, negli ultimi anni aveva tentato inutilmente una lotta contro il tempo per salvarsi, sperando nella commercializzazione del farmaco salva-vita capace di sconfiggere il virus dell’epatite C. Purtroppo solo nel 2013 a cinque anni dalla morte della 70enne il costosissimo farmaco Sofosbuvir-Sovaldi (la cura comprendeva cicli per circa 70-80.000 euro) divenne accessibile in Italia per i malati di epatite C con costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Questo ritardo ha causato purtroppo il decesso della donna, morta e nel 2008 per cirrosi epatica da epatite C contratta a seguito di trasfusioni di sangue infetto del 1974 presso l’ospedale di Velletri.

Il risarcimento per la vittima

I tre giovani figli della donna hanno già ottenuto un primo e più ampio risarcimento di circa 1milione e 300mila euro dal Tribunale di Roma per i danni da loro subiti per l’uccisione della loro congiunta. Ora anche il Tribunale di Latina con sentenza n. 39 del 14 gennaio ha condannato il Ministero della Salute a pagare agli eredi l’assegno una tantum di circa 77.500 euro previsto dalla legge n. 210/1992 promulgata appositamente per indennizzare i soggetti danneggiati dallo scandalo del sangue infetto. Quello che sorprende è che in uno stato di diritto, non solo il Ministero della Salute non ha vigilato sulle donazioni e trasfusioni di sangue del 1974 che hanno ucciso la donna pontina, ma soprattutto, che il farmaco che avrebbe potuto salvarle la vita costava così tanto che la 70enne non poteva permettersi. Come d’altra parte sorprende che la salvezza o meno dei malati di epatite C, ed in particolare quelli post-trasfusionali, debbano la loro salvezza ai tempi della burocrazia che ha reso accessibile il farmaco dal marzo 2013.