Esco Lazio, centrali biogas, linfa per terreni e agricoltura
21 Febbraio 2020Di Esco Lazio abbiamo già parlato in un’intervista tempo fa, imparando a conoscere un’azienda che ha fatto dell’efficientamento energetico e dell’energia verde il suo credo.
La centrale di biogas di Esco Lazio a Borgo Bainsizza
Nello scorso articolo tratto dall’intervista con Lamberto Gravina, responsabile degli impianti biogas di Esco Lazio, abbiamo capito il funzionamento di una centrale di biogas. Una delle grandi critiche fatte a questo tipo di energia pulita e rinnovabile è quella di togliere superficie coltivabile all’agricoltura destinata all’utilizzo umano. L’esempio di Esco Lazio nel caso della centrale di biogas a Borgo Bainsizza invece ci dimostra come attraverso quest’operazione nel nostro territorio si sia rivitalizzata l’agricoltura in una zona che era depressa economicamente.
Qui un tempo c’erano campi coltivati e grandi allevamenti ma in quel momento (e in parte anche adesso, ndr), sembra essere abbandonata come zona. L’obiettivo che ci eravamo posti era quello di andare in un luogo dove poter utilizzare terreni che potessero essere riconvertiti e rimessi in funzione. Questa zona era la zona adatta, infatti qui ci sono molti piccoli campi, eredi dei grandi pezzi di terra frazionati dati all’epoca della bonifica, che piano piano stavano venendo abbandonati dai proprietari poiché non più utili né alla sussistenza né al commercio. In questo modo l’agricoltura in queste zone era destinata a morire. Abbiamo preso e ricostruito un paio di situazioni, abbiamo messo insieme 12 famiglie e mediando le varie esigenze abbiamo dato nuovo vigore a una zona che stava morendo. Vecchi terreni in semi abbandono a causa del ritiro delle quote latte o della bassa produzione agricola ora sono rinati e si sono rimessi in moto coltivando apposta per noi.
Rivitalizzare un territorio, dare nuova linfa all’economia
Un esempio dunque quello di Borgo Bainsizza certamente virtuoso, che negli anni è cresciuto sempre di più ed è arrivato a innestarsi e a lavorare con numerose altre realtà agricole del territorio. Si è passati infatti dallo sfruttare circa 200 ettari di terre coltivate appositamente per la centrale di biogas, a 24, andando a colmare questa produzione con l’apporto degli scarti e dei sottoprodotti agricoli. In sostanza tutto ciò che prima andava al macero e quindi buttato, come i kiwi e i cocomeri non più commercializzabili, gli scarti delle aziende alimentari della zona (come la Findus) o semplicemente anche le deiezioni degli animali di allevamento, ora vengono raccolte dalla centrale e usate all’interno dei biodigestori per produrre metano. La cosa paradossale è che in un paese con una grande tradizione e produzione agricola come l’Italia questa pratica di generazione di energia sia meno diffusa che in altri paesi come la Germania, che invece ha una produzione prevalentemente manifatturiera.
Purtroppo in Italia siamo lenti nelle decisioni, la burocrazia ci uccide, queste difficoltà non hanno permesso lo sviluppo di questo settore. Inoltre l’accusa che si ruba superficie all’agricoltura necessaria all’alimentazione è falsa, perché ad esempio in Germania ci sono 12 mila impianti di biogas che utilizzano solo l’8-9% della superficie agricola utile. Trovo tutto sommato che il 9% sia una percentuale abbastanza sacrificabile; poi se aggiungiamo che si va a studiare dove posizionare la centrale, evitando zone dove c’è un’alta produzione per l’agricoltura a sfondo alimentare, si va anche a riqualificare un territorio che altrimenti si lascerebbe abbandonato. Invece che un pericolo le centrali biogas andrebbero viste come un’opportunità contro l’incoltura dei campi.
Centrali biogas, un perfetto esempio di economia circolare
Un perfetto esempio dunque di economia circolare in cui nulla di quello che è prodotto andrebbe buttato o scartato, anzi proprio ciò che prima era considerato rifiuto ora viene considerato valore, riuscendo a produrre energia e ricchezza per tutti. La cosa effettivamente da cambiare è la mentalità facendo un semplice ritorno all’antico e recuperando le vecchie abitudine. La società degli ultimi 30-40 anni infatti era stata abituata a cancellare, o comunque a eliminare l’antica tradizione contadina del riutilizzo di ogni cosa all’interno dell’economia agricola in virtù di un’economia del consumo. La risposta dunque che dobbiamo cominciare a darci è quella di tornare a guardare indietro praticando l’agricoltura e concependo l’energia con gli strumenti del futuro.