Covid 19/ Per la fase 2, tenete conto che dobbiamo pure campare

10 Aprile 2020 0 Di Lidano Grassucci

Non ci riesco, non sono mai stato fermo. Fermatevi a fermarmi. Capisco che bisogna stare chiusi, che debbo stare chiuso, ma posso dire che non ce la faccio più? Perché in questa uniforme necessità l’unica cosa che non è consentita è l’espressione di una richiesta di possibilità. Capisco tutto e non sono uscito e non uscirò, però vorrei chiedere quando decidete pensate pure a questa cosa che sento di dire: vorrei uscire. Uscire ma mica per fare che… per vivere. La vita la si può sospendere ma non ignorare. Il virus è cattivo, ma non è buono manco il non sentire il bisogno di un bimbo di prendere fiato, di uscire. Abbiamo scelto di stare chiusi per sopravvivere, ma dobbiamo pensare a tornare a vivere. Non conosco la resistenza del mondo, ma non vedo più la sua esistenza.

Capisco il capo del governo, e non vorrei essere lui, capisco il Papa che capisce il mondo, capisco la scienza che cerca di capire questo mondo, ma comprendete pure che bisogna tornare a campare. Nulla sarà come prima, ma mai niente è stato come prima, abbiamo gambe per camminare, abbiamo testa per pensare e siamo animali sociali, non da tana e non andiamo in letargo, ed abbiamo sentimenti da coltivare.

Dobbiamo fermare il virus perché uccide, e la prima cosa è non morire ma subito dopo, un pelo dopo, c’è la libertà di vivere. Seguo i dibattiti tv e suo social, tutti hanno ragioni profonde: chi salvare tutti dal male, chi evitare di essere tutti poveri. Ma la scelta ha una terza necessità quella che non si può fermare a lungo la libertà.

E chiudo con humor britannico: un signore delle campagne setine, molto su d’età, ed anche poco bene in arnese sale sul suo trattore. I figli, e le figlie, da lontano lo vedono armeggiare col mezzo: “No, papà, no i trattoro no. Te pu fa malo”.

Lui da lontano: “lo vino no, le sigarette no, lo magnà no, lo callo no, e lo friddo manco, ma che ve sete misci in capo,  i de ca cazzo me tenca puro morì”