25 aprile/ Le due contese

25 aprile/ Le due contese

24 Aprile 2020 1 Di Giancarlo Loffarelli

Alle otto di mattina del 25 aprile del 1945, all’interno di un Istituto di Salesiani in via Copernico a Milano, il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia ordina l’insurrezione e assume i poteri civili e militari “in nome del popolo italiano”. Il Comitato è costituito da Luigi Longo ed Emilio Sereni in rappresentanza del Partito Comunista, Ferruccio Parri e Leo Valiani che rappresentano il Partito d’Azione,  Augusto De Gasperi (fratello minore di Alcide) e Achille Marazza per i democristiani, Rodolfo Morandi e Sandro Pertini per i socialisti, Giustino Arpesani e Filippo Jacini per i liberali. Quella mattina, il CLNAI può compiere quell’atto, perché delegato dal Governo italiano, che in quel momento è presieduto da Ivanoe Bonomi del Partito Democratico del Lavoro, e ha Palmiro Togliatti come Vicepresidente e Alcide De Gasperi come Ministro degli esteri.

Mi si perdonerà la pedanteria di aver voluto elencare così tanti nomi e Partiti politici, ma forse è necessario essere pedanti perché, a volte, si ha l’impressione che i fatti li si dimentichi o, peggio, li si voglia dimenticare. Basterebbe infatti ricordare quei nomi e le rispettive appartenenze politiche per ridere di chi, ancora oggi, considera il 25 aprile una festa “di parte”. Certo: il 25 aprile è una festa “di parte”, soltanto se con questa espressione s’intende che “da una parte” c’erano persone con idee molto diverse fra loro, e “dall’altra parte” c’era il nazifascismo e soltanto il nazifascismo.

Mi tornava in mente, in questi giorni di vigilia del 25 aprile, di cui quest’anno festeggiamo il 75° anniversario, assistendo alle consuete polemiche su questa ricorrenza, quello che dice Esiodo, all’inizio de Le opere e i giorni, parlando di Eris, la dea della contesa, il quale sostiene che esistono due divinità con quel nome. Una è la contesa buona, quella che genera la spinta a migliorarsi e a migliorare le cose, l’altra è una contesa cattiva, che genera soltanto morte e distruzione.

Festeggiare tutti insieme il 25 aprile non vuol dire confondersi in un annullamento delle differenze, perché le diverse prospettive politiche ci sono, resteranno e devono restare perché esse costituiscono il sale della democrazia, animano, cioè, la buona contesa, quella indispensabile a cambiare le cose in meglio.

È l’altra contesa che va tenuta fuori da tutto, quella malvagia che fu alimentata da coloro che soffocarono la democrazia e che potrebbe essere nuovamente alimentata. Come ogni ricorrenza, il 25 aprile è un condensato di passato, presente e futuro: saremo, cioè, capaci domani di difendere lo spazio che ci consente il confronto e lo scontro, se ricorderemo, oggi, tutti uniti, la lotta che ieri combatterono coloro che erano “dalla parte” della libertà, i Partigiani.