I sindaci e la sindrome di Cesare, noi che stiamo con Bruto
8 Giugno 2020I sindaci durante il Covid sono stati un riferimento, bene, bravi. Ma se non resti con i piedi per terra e ti senti Dio, poi non fai neanche il chierichetto. Sindrome da Cesare, che si fa imperatore pensando che Senato e popolo fossero inutili. E i sindaci lo dicono pure: si ricandidano da soli, snobbano i partiti, si sentono una parte della città che coincide con loro.
Ma? Ma la storia di Cesare è di capacità, tante, e ambizioni, di più che si infrange non sui diversi da lui, ma arma la mano del figlio Bruto. E Bruto difende la libertà del Senato non le ambizioni del capo. Bruto è quella opinione pubblica che vuole il governo ma anche il suo limite. Che vuole la Gallia ma con un grande generale che vince in nome del senato e del popolo di Roma, non in suo nome.
Seguo sindaci che si incoronano da se, seguo sindaci che si sentono sciolti, ma la politica è limite non è praterie.
L’umiltà nei valori salvano i suicidi politici. Salvini pensava a agosto di essere il padrone del mondo, a dicembre era uno del mondo a giugno urla alla luna. Renzi aveva prenotato il plebiscito che se non lo faceva papa poco ci mancava ha trovato gli italiani che di Cesare sanno la storia e dei cesaretti la fine ed è rimasto a fare la voce grossa come la fa Malta contro Cina.
I sindaci dovrebbe farsi umili e umilmente servire la Repubblica, non servirsene. Bruto oggi è quel vizio dei cittadini di votare e mai come indovinare un quiz, ma sempre “come pare a loro”.
Questa roba si chiama libertà, e a me piace da morire Bruto, considero Antonio uno speculatore dialettico e Cesare un traditore della Patria.