Autostrade, il governo sbatte fuori dalla finestra i Benetton… se trova la finestra

Autostrade, il governo sbatte fuori dalla finestra i Benetton… se trova la finestra

18 Luglio 2020 0 Di Fatto a Latina

Esiste un espressione, “la stanza dei bottoni”, usata nel mondo politico per indicare, metaforicamente, i luoghi, in cui sarebbero posizionate le leve di comando del sistema politico-economico. L’espressione fu coniata dal leader socialista Pietro Nenni e, nel lungo periodo di “opposizione” dopo la nascita della Repubblica, il rivoluzionario di Faenza amava ripeterla quasi ad ogni comizio; volendo significare che, quando lui e compagni fossero “entrati nella stanza dei bottoni”, avrebbero cambiato “il sistema” e reso giustizia ai poveri ed ai lavoratori sfruttati. Nel 1962 al governo Nenni ed il suo partito, il PSI, ci arrivarono davvero in coalizione con la DC, nella formula del centro-sinistra. L’esperienza di governo come succede in politica ,ma anche nella vita per le imprese personali, ebbe alti e bassi. Furono raggiunti, col tempo, anche risultati positivi rispetto agli obiettivi che i socialisti si erano posti, ma non fu certo la rivoluzione da loro auspicata inizialmente; questo perché  in una democrazia gli interessi da contemperare sono molti e, spesso, un passo in avanti  verso un traguardo, ne costa mezzo indietro da un’altra. Inoltre, in un sistema fatto di contrappesi e garanzie costituzionali, ci sono regole da rispettare e procedure da seguire. Quindi non tutto quello che si desidera è sempre possibile ottenerlo. Secondo l’aneddotica (ma non ho prove certe), Nenni negli ultimi periodi della sua vita , divenuto più saggio o meno giacobino, pare abbia ammesso che quell’espressione così tronfia era stata, come si dice, una “smargiassata”.  A domanda precisa “compagno ma perché non hai spinto i bottoni?” avrebbe risposto  “veramente non ho trovati i bottoni e nemmeno la stanza”. Preciso che il compagno Pietro, pur non avendolo visto in prima persona per questioni anagrafiche, mi piace. Sicuramente ha commesso errori, anche gravi, ma credo fosse persona onesta e sincera ed ha contribuito, anche con sofferenze personali enormi (la morte della figlia Vivà in un campo di prigionia tedesca) alla nascita e consolidamento della democrazia in Italia. Quell’espressione “Tutto sta ad entrarci nella stanza dei bottoni, poi li schiacci e li manovri e si fa quello che dici tu” rientra però in quel classico stile comunicativo di tanti dei nostri politici, invero molto apprezzato da noi cittadini, che di solito si risolve o in un nulla di fatto rispetto alle promesse o  in una “grande sola” per gli italiani, i quali poi, regolarmente, inveiscono contro lo smargiasso di turno. Di queste trovate dialettiche dall’esito infausto ne ricordo diverse, coniate direttamente da uomini politici o  fatte proprie dagli stessi, ma proferite da intellettuali o letterati in vena di “patriottismo spinto”. “La grande proletaria deve esercitare il diritto di trovare il proprio posto al sole!” per giustificare, con tracotanza, le imprese coloniali in Africa. Fu un disastro, altro che posto al sole. Valanghe di soldi spesi. Sconfitte umilianti prima della vittoria definitiva. Brutta fama internazionale per aver sterminato povera gente. Nessuna ricchezza mineraria sfruttata come fecero inglesi o francesi (il petrolio è stato scoperto dopo la nostra partenza). Terribile e tragica anche un’altra espressione: “Spezzeremo le reni alla Grecia”. Nei fatti le cose sono andate, invece, in modo  improvvido nella campagna di Grecia lanciata dal Mussolini nel 1940. In quel caso, se non fossero intervenute le armate tedesche, i nostri soldati sarebbero ancora dispersi sulle coste elleniche, a causa dell’impreparazione tecnica delle forze armate e delle gelosie tra i vertici miliari. Una frase leitmotiv dell’ultimo periodo repubblicano è invece “andiamo a sbattere i pugni sul tavolo in Europa”, per indicare la ferma volontà di far valere ragioni ed interessi tricolori nel consesso delle istituzioni comunitarie. Pure in questi casi, sappiamo bene come è andata a finire : governi commissariati, misure economiche imposte e, qualche volta, pure con contorno di crasse risate rivolte ai nostri rappresentanti. Ho la netta sensazione che stia avvenendo qualcosa di simile sulla vicenda “Concessione-Autostrade”. Non mi addentro nella diatriba “meglio pubblico,meglio privato”. La questione è complessa e, tranne i pasdaran liberisti o statalisti, avere certezze in merito, anche in base ad altre esperienze storiche, non è facile. Abbiamo visto casi di privatizzazioni in alcuni settori che hanno migliorato servizi al cittadino, come casi in cui li hanno peggiorati nettamente. Abbiamo visto esempi di buone gestioni pubbliche, come di sciagurate. A naso mi sentirei di dire che l’esito di certe scelte è molto legato alle stagioni ed alle persone che gestiscono le procedure. In questo caso specifico il mio interesse è concentrato  sui toni utilizzati da alcuni esponenti governativi, forse desiderosi di portare in dote, ed  in fretta, uno scalpo ai propri elettori a qualunque costo (soprattutto quando il costo lo pagano tutti i contribuenti). Più o meno ho sentito roba di questo genere. “Fuori i Benetton” “ Li abbiamo cacciati”. Mancava solo che qualcuno dicesse “Li abbiamo sbattuti fuori dalla finestra”. Peccato che prima si dovesse trovare la finestra, sennò te li ritrovavi in casa e ti avrebbero cacciato loro con pagamento danni compreso. Effettivamente a valutare bene i termini dell’accordo, seppur non definitivo, che sono emersi sui media, pare che la questione concessione-autostrade si stia per concludere in modo diverso rispetto a quello prospettato( nonostante il “chiagnieffoti” dei concessionari uscenti). A me pare che i fratelli di Ponzano Veneto stiano uscendo dalla porta principale del settore autostrade, sulle loro gambe e con le tasche piene di banconote. Nonostante le “sparate stellate” non ci dovrebbe essere nessuna revoca, ma un accordo transattivo che servirebbe ad evitare una causa  miliardaria  per lo Stato Italiano, cui sarebbero stati coinvolti anche altri soci attuali dei Benetton. Per esempio un fondo d’investimenti cinese (Silk Road Found) che, saputo della decisione di revocare la concessione, non l’avrebbe presa molto bene e, si sa, in Italia i “mandorlati” al momento hanno un grosso peso specifico negli affari (ricordiamo che in Cina i fondi privati sono comunque un emanazione del regime di Pechino). I Benetton se ne andranno quindi, ma pagati lautamente (indovinate da dove arrivano gli sghei per i veneti? Non dalle tasche dei cinesi né dei tedeschi ovvio) e con quote azionarie pure rivalutate sul mercato finanziario (perché non è che cedono tutte le azioni). Infatti, dopo l’annuncio dell’accordo il titolo Atlantia (società dei Benetton che gestisce autostrade) ha aumentato in un giorno la propria quotazione del 26% (a saperlo prima ci si sarebbe fatti un bel po’ di soldi). Sarebbe bello se i nostri politici imparassero, in questo ,dai “frugali del Nord”, a fare meno sparate e più fatti ponderati. Però forse dovremmo cambiare pure noi come popolo perché, diciamolo, a noi “i ganassa” piacciono tanto. Certo poi arriva sempre il conto delle “ganassate” . Chi lo pagherà il conto delle finestra non trovata?

 

Facilepenna