In principio furono le discoteche, a seguire le scuole

In principio furono le discoteche, a seguire le scuole

17 Agosto 2020 0 Di Maria Corsetti

In quarantacinque secondi riassunto il concetto di didattica a distanza in modalità sincrona: siamo nel 1971, il film è “Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata”. C’è bisogno di un medico e quindi si ricorre alla scuola del villaggio, una casa di legno, dove gli alunni stanno seguendo via radio la lezione della maestra.

Tra uno sperduto villaggio dell’Australia di cinquanta anni fa e una classe qualsiasi dell’Italia nell’era digitale, sulla carta questa seconda dovrebbe essere agevolata.

A neanche un mese dalla riapertura delle scuole si chiudono le discoteche, dove i ragazzi vanno perché «Come fai a dirgli di no», e qualche dubbio sull’ingresso nell’aula reale è legittimo anche perché se esce fuori un contagio «A scuola non ce lo mando» e vedi se il ragazzo protesta.

Meglio, se la scuola in senso reale rimane chiusa ci sono meno problemi in ordine alla sicurezza. Perché se il bambino deve andare al bagno e non lo mandi, lo stai costringendo a farsi i bisogni addosso e quindi sei colpevole. Se lo mandi, si mette a correre e scivola, sei colpevole. Se scappa dalla scuola sei colpevole. Se ti rendi conto che sta scappando e lo trattieni è sequestro di persona. Se sta tirando un banco in testa a un compagno di classe e lo trattieni lo hai strattonato, se gli fai tirare il banco, dove stava l’insegnante. Un voto basso? Lo hai mortificato. Un voto alto? Lo stai illudendo. Sequestri il cellulare? No, non si può fare. I genitori hanno diritto a mantenere un contatto con la prole in classe. Gli lasci il cellulare? Così se lo è levato di torno.

Quindi se ognuno se ne sta a casa sua docenti, collaboratori e dirigenti vivono meglio.

Poiché l’ipotesi di un nuovo lockdown dell’istruzione è abbastanza plausibile – al primo contagio in una scuola ci possiamo giurare che chiudono le scuole in tutta Italia – intanto si confezionano le linee guida per strutturare la didattica a distanza. C’è un monte ore di didattica sincrona, un altro di asincrona, quindi i compiti in classe, le interrogazioni eccetera “evitando che i contenuti e le metodologie siano la mera trasposizione di quanto solitamente viene svolto in presenza”. Inutile dissentire, con tutte le ore di formazione a distanza di cui si è potuto fruire, sono tutti bravissimi a insegnare via web.

Sempre dall’Australia arriva la notizia che una scuola, nel cuore del deserto, nell’Outback, sta sperimentando una tecnica davvero originale: l’insegnamento tramite computer. Cameron Smith è un ragazzino di dodici anni, e vive in un ranch, diverse centinaia di chilometri dalla sua scuola. Sarebbe troppo complicato recarsi fisicamente a scuola tutti i giorni. E così, ecco l’idea di un insegnamento telematico. Il progetto in realtà ha radici antiche. Nacque nel 1951 e le lezioni avvenivano tramite radio. Oggi, invece, studenti e professori comunicano grazie a internet. Tramite webcam possono seguire le lezioni, e una volta l’anno, ricevono la visita dell’insegnante. «I ragazzi devono venire da noi a scuola una volta a trimestre – dice questa insegnante – ma sono i benvenuti ogni volta che lo desiderano».

http://www.askanews.it/video/2013/10/31/nel-deserto-australiano-scuola-senza-studenti-lezioni-via-web-tmnews_20131031_video_12545340/

Siamo in Australia, la cui vita degli abitanti non mi sento di invidiare, ma che da 70 anni pratica la didattica a distanza.

In attesa di qualsiasi decisione credo sia il caso di iniziare a pensarci bene.

Perché se uno studente non vorrà indossare la mascherina indovinate di chi sarà la colpa?

 

 

Foto: tratte dal film Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata, diretto da Luigi Zampa.