Quella volta con Sabino che ci “travestimmo” da Philippe Daverio

Quella volta con Sabino che ci “travestimmo” da Philippe Daverio

2 Settembre 2020 0 Di Lidano Grassucci

Sono convinto che l’arte salverà il mondo

Philippe Daverio

 

L’ho incontrato per caso, in tv. Lui spiegava l’arte, la spiegava mentre tutti la “mostrano”, la “ostentano”, la “ingialliscono di loro vanità”. La spiegava perché la conosceva e parlando di cose che sapeva le rendeva chiare come chiare le aveva in testa. Collegamenti arditi, collegamenti che restavi a bocca aperta pensando “ma perché non ci ho pensato io”. Philippe Daverio è morto a 70 anni per una grave malattia. Non l’ho mai incontrato di persona, ma l’ho “studiato” nella piazza televisiva e me ne sono innamorato. Era nato in Alsazia quel posto dove sei tedesco ma non puoi negare di essere francese, da padre italiano  e devi sintetizzare di essere europeo. Perché nessuno in questo continente è puro, ma tutti siamo meticci di noi.

Mi rapiva, sapeva leggere un quadro come aveva insegnato a me mia nonna per leggere i dipinti delle nostre chiese, che erano uguali alle sue. Era intelligente, quindi non catalogabile, era colto e quindi non affidabile per chi ama consenso e non il complesso della vita.

Dal 2001 ho seguito vorace Passepartout  su Rai 3 con quella chiave di lettura che faceva rimbalzo nel tempo con l’arte che si mischiava alla cronaca e la cronaca all’arte, la bellezza come unica virtù.

Non nascondo che questa sua “dialettica” divulgativa l’ho usata e riusata quando mi sono cimentato con Sabino Vona alla divulgazione della pittura in tv. Andammo fino in galleria a Milano a “spiegare” l’arte, noi nella città che ha avuto Daverio come assessore, con la giunta Formentini, mi sentii un poco come lui, come Philippe. Si vive si illusioni, io mi illusi.

Ciao, Philippe sei la prova che chi spiega non facendosi capire non è più colto ma solo uno che non ci ha capito un c…

 

Vignetta: fonte twitter