I Giardinetti e la pista di pattinaggio, l’uccisione di un simbolo

I Giardinetti e la pista di pattinaggio, l’uccisione di un simbolo

6 Settembre 2020 3 Di Emilio Andreoli

Latina sta ai Giardinetti, come New York sta al Central Park, la differenza è che tutti i cittadini newyorkesi frequentano il loro parco, mentre i latinensi lentamente lo hanno abbandonato, per ovvie ragioni. Chiedo scusa ai cittadini della Grande Mela per questo azzardato paragone, anche se pensandoci bene, non lo è mica tanto. Due città giovani, una di quasi quattrocento anni e la nostra che si avvia verso i cento. Certo il paragone azzardato sta nella grandezza, ma i due parchi sono proporzionati al numero degli abitanti, giuro che ho fatto i conti, ventiquattromila abitanti per ettaro New York, ventunomila Latina. Io vi racconterò ovviamente del nostro, dei nostri Giardinetti, e di quella pista di pattinaggio che presto sarà rimossa per mio immenso dispiacere… e sarà l’uccisione di un simbolo.

 

Ho pubblicato qualche giorno fa su Facebook, l’immagine della pista di pattinaggio dei Giardinetti su una cartolina d’epoca di Latina, e coincidenza ha voluto che dopo qualche minuto mi arrivasse una notifica di un articolo, dove annunciava che la pista di pattinaggio sarebbe stata eliminata per far posto a una pista per gli skateboard. Che sia chiaro, io non sono assolutamente contrario alla pista di skateboard, è giusto che i giovani abbiano un posto per praticare questo sport, che farei anch’io, ma che per raggiunti limiti d’età meglio non azzardare.

Però con tanto posto che c’è ai Giardinetti perché eliminare un luogo simbolo dove tutti noi, e le generazioni fino a quelle degli anni novanta, si sono sbucciate le ginocchia e portate i lividi sul sedere per imparare a pattinare? La motivazione dell’amministrazione la scriverò fra qualche rigo. Intanto se avete pazienza, vi vorrei portare indietro nel tempo, narrando un po’ del nostro vissuto dentro quei meravigliosi, anzi ex meravigliosi Giardinetti.

I Giardinetti, storie di amori e di amicizie

Parco Arnaldo Mussolini, poi giardini pubblici, di nuovo parco Arnaldo Mussolini e infine parco Falcone e Borsellino, ma per i latinensi rimarranno sempre i Giardinetti, non per mancanza di rispetto soprattutto ai due giudici eroi del nostro tempo, perché quello è il nome che gli ha dato il popolo, e la volontà popolare è più forte di qualsiasi ideologia. Pure mia figlia che ha quindici anni li chiama Giardinetti e vi assicuro che non ho fatto opera di convincimento in tal senso. Fatta questa premessa chiudo gli occhi e mi affido alla memoria di quel mio tempo vissuto, dentro quel grande polmone verde che abbiamo la fortuna di avere nel centro della città.

Giardinetti anni ’50 (foto dall’archivio del gruppo Facebook “Sei di Latina se la ami)

Mi rivedo bambino davanti a una giostrina e mia mamma che mi incita a salire per un giro, ma io non voglio perché ho paura che la giostra mi porterà chissà dove. Questo è il mio primo ricordo dei Giardinetti. Poi mi tornano alla mente i due scivoli di ferro, uno altissimo e l’altro più piccolo. Quando affrontai quello più alto mi sentii grande, ma con i calzoncini corti mi bruciai le gambe.

Poi arriviamo alla pista di pattinaggio, rotonda con il pavimento chiaro, i miei primi pattini, quelli a quattro ruote che se ti cresceva il piede li potevi allungare. Cadute rovinose, ginocchia sbucciate e culate dolorosissime, ma tanta felicità al primo giro senza cadute. Alla fine ho imparato a pattinare su quella pista e con me migliaia di altri bambini. In premio una bella bibita fresca o un ghiacciolo al chiosco del signor Ricasoli.

La pista di pattinaggio dei Giardinetti negli anni ’50

Ma i Giardinetti significavano anche i primi amori, i primi baci dati sulle panchine, le prime pomiciate. Quelle più gettonate erano quelle nascoste. Le mattine d’inverno e fino a primavera significavano anche sega a scuola. Ricordo che una mattina passò un mio professore di matematica che ogni giorno se ne partiva da Napoli per insegnare. Si fermò alla fontanella e si lavò una manica della giacca e io e i miei compagni ci nascondemmo tra i cespugli. Da allora lo chiamammo bella giacchettella.

Avverto ancora gli odori degli eucalipti, dei pini, di erba appena tagliata, ero innamorato di quel luogo che bazzicavo anche di pomeriggio con la mia comitiva. Poi negli anni settanta arrivò la droga e una piccola parte venne frequentata dai ragazzi caduti in quel maledetto tunnel, tra cui qualche mio caro amico.

Tutti ne siamo innamorati del  nostro Central Park, se ci fossero gli scoiattoli sembrerebbe proprio di stare a New York. Come abbiamo importato i piccioni potremmo farlo con gli scoiattoli, sicuramente sporcherebbero meno, e i bimbi ne sarebbero felici. Chissà, potrebbe essere un’idea per ripopolare di persone quel luogo a noi caro.

 

La pista di pattinaggio, perché uccidere un simbolo?

Ma torniamo alla decisione, da parte dell’amministrazione, di costruire una pista per gli skater sulle ceneri di quella di pattinaggio che esiste dagli anni cinquanta. In sei ettari è possibile che non si riesca a trovare un altro posto per accontentare questi ragazzi? Dicono perché è una pista dismessa, ma porcaccia la miseria, ma quale dismessa, quella è una pista abbandonata perché non è stata più fatta manutenzione. Dicono che i bimbi non ci vanno più, mi spiegate come i bimbi potrebbero imparare a pattinare sui crateri? Eppure non sarebbe costato molto rifare la pavimentazione di quella pista.

Non so quanto tempo sia passato dall’ultima volta che è stata sistemata, io credo da almeno un decennio se non di più. Ma non voglio fare polemica, so solo che abbattere quella pista è uccidere un simbolo, quello di migliaia di bambini che ora sono diventati signori e signore adulti, o quelli come me che sono di una certa età, e che quando passano da lì fanno un tuffo nel passato. Qualcuno mi dirà che sono un nostalgico, ebbene sì sono un inguaribile nostalgico, perché nell’epoca della mia giovinezza i Giardinetti erano curati e frequentabili, e sfido chiunque nell’affermare il contrario.