Quegli orchi di Artena e dove abbiamo sbagliato

Quegli orchi di Artena e dove abbiamo sbagliato

8 Settembre 2020 1 Di Lidano Grassucci

Artena sta subito dopo Roccamassima, nel lepini romani così uguali a quelli pontini, così simili a quelli ciociari. Così unici da essere cosa a se, o meglio erano cosa a se. Qui vigeva una solidarietà data dalla montagna e una cattiveria comprensibile con le leggi della montagna. Era bandita qui non la cattiveria che è del vivere ma la viltà che è dell’infamia. Il presidente Francesco Cossiga spiegava questa cosa della sua terra sarda nella valentia che era il prestigio che dava l’onore, la saggezza, il saper fare riconosciuto dagli altri. I valenti avevano prestigio per e nei valori, l’aver b andito la viltà, il disonore anche in regole ancestrali.

Ora due “fratelli” (già è offesa alla parola) di Artena colpiscono un ragazzo, loro due lui uni, loro con altri, l’altro solo. Non sono forti i due sono branco, sono gonfi, sono grossi e non grandi. Pensano che il valore non è saggio, ma bruto. Si sentono in un teatro, non sentono la vita vera. Non vivono in una corazza di muscoli che non si possono usare per il lavoro, ma servono al culto del vuoto, per se stessi per i loro agguati.

Hanno ucciso, figli nostri che hanno ucciso perché sono figli senza padri. Non hanno più il senso della comunità, ma il vuoto della ignorante solitudine. Sono i loro muscoli, la loro auto, le loro foto, la loro idea di occupare lo spazio nel mondo… sogno ogni cosa, sono cosa, non sono uomini.

Questa storia non è storia oltre il monte, è storia nostra. Storia che dobbiamo domandarci dove abbiamo sbagliato, cosa abbiamo smarrito. E comunque Willy Duarte,  di 21 anni non c’è più restano due involucri che paiono umani di bestie inumane dentro.

Aggredire in due, in 4 uno, continuare a picchiare mentre è sfinito è ignobile, bestie.