Pane e zucchero: il primo piacere non si scorda mai

Pane e zucchero: il primo piacere non si scorda mai

29 Settembre 2020 0 Di Lidano Grassucci

Non so se questo pezzo nel tempo degli chef avrà seguito. Ora c’è il lime, l’impiattamento e il vino ha retrogusto dove si perde il suo buon gusto di vino. Io vi racconto un piatto forte, una alternativa alla zuppa inglese, al gelato, alla crema, al cioccolato.

Alle 4 del pomeriggio nonna mi chiamava e siccome eravamo in tanti andavamo alla mensa della nonna di turno. Tagliavano il pane davanti a noi, pane di pagnotta che doveva dare fette grandi. Il pane si manteneva per una settimana e non doveva essere del primo giorno. Era lievitato con tanti e grandi buchi nella mollica, la buccia un poco tanto cotta che “sapeva di amaro”, per un poco per fare contrasto. La fetta di pane veniva bagnata con l’acqua e arrivava lo zucchero, bianco raffinatissimo (oggi nessuno lo darebbe ai bambini per via del mito grezzo che è come dire che le sorelle cattive sono meglio della dolcezza di Cenerentola) che bagnato si faceva un poco griglio.

Il primo morso incrociava la crosta amara e un poco d’aroma di legno, la mollica intrisa di zucchero. Se incontravi, nel mordere, il buco grande della lievitazione era come scoprire il lago di Garda assettato. Ho capito il piacere da questo semplice incidente del lago di zucchero.

Nessuno pensava a carie, a… farà male. Il retrogusto era il gusto del pane appena salato e dello zucchero ultra addolcito. Era un “piatto” che sostituiva la zuppa di latte, la merendina che non c’era, e il biscotto all’uovo che era raro. La zuppa inglese era per la festa, ma noi dovevamo vivere i giorni normali.

La marmellata era un lacrima che usciva ad ogni morso perchè dava appuntamenti a distanza siderale e era cosa da conservare.

Il pane con lo zucchero è stato il primo lusso, ora che lo rifarei mi dicono inorriditi che non si può: gente triste che non lo ha mai mangiato. Poi giunsero altri piaceri con annessi dispiaceri ma posso dirlo ho mangiato pane e zucchero che mi ha fatto, ci ha fatto, dolce il pensare.

PS: ci sono varianti con olio, d’oliva, e burro. Ma non era alla nostra portata, troppo ricco. A pensarci adesso eravamo ricchissimi del tempo.