Intervista/ Patrizia Ciccarelli e la politica come “produzione di senso”

Intervista/ Patrizia Ciccarelli e la politica come “produzione di senso”

14 Ottobre 2020 0 Di Lidano Grassucci

Entro in Comune, dalla parte dell’ex Teti. Un ingenuo edificio ad angolo con accenno di portici. Ho un appuntamento con Patrizia Ciccarelli, assessore ai servizi sociali.

Già, i servizi sociali ma chi li ricordava prima del Covid, al tempo della presunzione che non c’era bisogno di “servizi”, al tempo “prima gli…” (metteteci italiani, laziali, romanisti, latinensi, quelli di Gionchetto, quelli di casa mia). Mi apre lei, di persona personalmente, ha la mascherina. L’ufficio è “vissuto” e mi spiega “qui teniamo le riunioni di distretto, via telematica, e indica un grande televisore. Il distretto è Latina, Sermoneta, Pontinia e Sabaudia. La parte piatta di questa provincia.

Mi dice che … “E’ stata una bella esperienza, formativa”.

Ma continuerà?

“Non è scontato, sa penso che una esperienza, anche se bellissima, reiterata rischia di diventare routine. La mia è stata una esperienza molto forte, formativa e… politica”

Politica?

“La politica per me è produzione di senso”

A questa definizione mi rendo conto che siamo in un contesto diverso dal volontariato alla cosa comune, ho un interlocutore che mi porta in una dimensione di politica che ha un prima, un mentre e un dopo. Sarà un dialogo non facile, non scontato. Capisco anche che a sinistra c’è chi la vede come possibile sintesi politica per una ipotesi “progressista”, ma dentro c’è anche un senso di lealtà che la ancora al sindaco Damiano Coletta e alla sua “risfida”

La politica produzione di senso, mi spieghi meglio?

“Penso che è capacità di risposte ai bisogni con una forte prospettiva di futuro che si concilia con la tecnica, la competenza, l’indirizzo che rispetta le possibilità: una visione che è ancorata alle cose”

Visione e cose, mi viene in mente un testo su Turati “la politica delle cose” di Maurizio Punzo per Feltrinelli che parla di questa prassi riformista nell’utopia rivoluzionaria che forse è la natura stessa di una sinistra dentro i fatti e non nei testi. E qui i fatti sono il bisogno

Ragionamento comunista (la incalzo per distrarla)

“Femminista, dentro il movimento delle donne. Il loro bisogno di cambiare l’esistente per la giustizia. Questo è il mio orizzonte”

E come si traduce?

“Il movimento femminista parte dal bisogno del “sapere di te”, questa consapevolezza spiega e muove nell’agire politico, amministrativo, concreto”

Ho davanti una interlocutrice strutturata dentro il tempo della politica, dell’impegno pubblico, destrutturato come certi piatti immangiabili della alta cucina contemporanea.

Partire da te, è chiudersi?

Il contrario è sapere dei bisogni, guardi qui nel periodo di covid abbiamo fato risposte a 3000 famiglie con una struttura che ha dovuto cambiare pelle, rapidamente. Abbiamo dovuto capire che il bisogno classico di chi non aveva risorse era diventato quello nuovo di chi non aveva liquidità. Abbiamo dovuto pensare con logiche diverse dentro una emergeza senza precedenti. Ma…

Ma?

“Avevamo impostato una cultura del lavoro, partire dagli ultimi. Lavorare intorno a loro con la rete che c’era, Caritas, Croce rossa, volontariato e tutto il territorio, era un impostazione che in emergenza ha dato risposte eccezionali, abbiamo seguito 3000 famiglie con risposte immediate, pachi di aiuto, e più strutturati come i buoni, In pochi giorni abbiamo gestito risorse nazionali e regionali per  quasi un milione e 200 mila di euro e non era facile e scontato. Il nostro pronto intervento sociale è diventato non cosa a se ma centro di una rete. Li abbiamo messi in circolazione in tre giorni”

Difficile spendere i soldi davanti al bisogno

“Ecco quello che le dicevo della politica che, rispettata, rispetta la tecnica: ci siamo riusciti perché venivamo da procedure che uscivano dal codice degli appalti e erano entrato nella cooperazione con il terzo settore, avevamo interlocutori che non fornivano i servizi dati, ma aggiungevano modelli di intervento aggiuntivi. Questo ci è servito, questo ci ha fatto dare risposte al bisogno a 30 minuti dalla chiamata di emergenza. Le risposte non sono mai scontate, come gli obiettivi. Sono scelte e lavoro

Ma sta in una amministrazione dove il mito l’onesta sembra oscurare l’efficienza, allontanare la risposta

“per me la disonestà c’è dentro l’inefficienza. La legalità è efficiente e questo deve muovere nel fine che, per me è la giustizia sociale”

Arriviamo alla politica, questa è cosa di sinistra

“Direi è progressista, nel senso di vedere una società che non ci piace e cominciare a costruirne una nuova migliore”

Conservatori dell’esistente contro immaginatori del futuro

Capisco dove mi vuole portate, io sono progressista nel senso che le ho indicato. Poi parliamo di amministrazioni municipali, di politiche di prossimità e in questo le cose non sono così rigide

Mettiamola cosi: gli immigrati di prendiamo o no, politiche aperte o chiuse. Sicurezza o accoglienza

“E chi lo dice che siamo antitetiche, una accoglienza governata, una società aperta non è di per se stessa insicura, anzi riesce a governare fenomeni che se relegato fuori dalle regole diventano fonte di insicurezza e su questo fronte possiamo trovarci anche con chi è “conservatore”. Gli schemi sono schemi, fermo restando che sono progressista e credo in un fronte progressista a Latina, un campo largo”

Ma Lbc, il sindaco quasi sono autobastevole, se posso inventare un termine

Lbc ha luci e ombre, ma è una aggregazione di forze che altrimenti non si sarebbero espresse. Un bisogno di partecipazione. Da qui bisogna partire da chi vuole trasformare la comunità in senso di giustizia xociale, esaltanto le diversità che sono ricchezza”

E i partiti?

Essenziali, non voglio sminuire alcuno, ma esiste la società con le sue espressioni. Credo che oggi ci sia già un campo largo, un sentire progressista, una sensibilità di innovare il presente. Con tutti i limiti sta in Lbc, ma non solo. I fenomeni sono complessi e governarli è impegno, lavoro, sensibilità”

Racconta del festiva di Economia Civile con la collega Leggio, di una città che si prende spazi.

Beh, non è scontato parlare di ultimi, di reietti, di “spostati” in una città che si autodefinisce di “giganti”. Una cultura diversa, capovolta.

La capisco per condivisione generazionale, ma c’è una visione e non ingenua ma dentro la complessità del reale.

Morale della favola: esiste una idea progressista della città, c’è un mondo conservatore della città. Poi ci sono le sovrastrutture che sono ambizioni, autoreferenzialità, mostrarsi. Ma qui siamo a Marx e qui non si vive per il sol dell’avvenire ma per non prendersi la pioggia sotto il temporale di oggi.