XVIII dicembre/ Littoria la città distrutta dai fascisti, Latina la città distrutta dei democratici

XVIII dicembre/ Littoria la città distrutta dai fascisti, Latina la città distrutta dei democratici

2 Dicembre 2020 0 Di Lidano Grassucci

Come sarebbe Roma se tutti, dico tutti, pensassero solo alla Roma imperiale. Una retorica stringente su un solo fotogramma, Roma sarebbe priva dei suoi Papi, del suo Rinascimento, del suo barocco, del suo Risorgimento, del suo tempo di doppia capitale, della tragedia della guerra, della dolce vita. Sarebbe una foto unica e non un album, non ci sarebbe Giordano Bruno, la Santa Inquisizione, San Pietro con le indulgenze, Canova e Bramante…

Perché invece a Latina tutto è solo “fondazione”, un albero è bello non quando piantato ma quando si fa imponente nel tronco e nella chioma. Un bimbo, una bimba, sono bellissimi quando nascono ma perché diventeranno uomini e donne e non rimarranno “nani”. Amo i miei micetti sono bellissimi e giocherelloni, ma diventeranno gatti e cacciatori seri.

Perché è fatto divieto a Latina di diventare grande, condannandola ad un tempo nano e triste. Perché qui si pubblicano solo foto di edifici statali, strade diritte come se pubblicassimo fotografie del paradiso quando era un inferno: non si era liberi nel pensare, il capo non amava la dialettica; non si era sani, la zanzara della malaria la uccide il Ddt americano non il chinino del capo; i quattro edifici pubblici di cui si ha nostalgia non li distrugge la mano democratica, ma la guerra persa del dittatore. Naturalmente si omette questo e si fa festa il 18 dicembre su una fantasia, su una ipotetica città uccisa di sua propria mano, offesa perché aveva offeso e non se lo poteva permettere.

Lo scempio della città non lo fanno i “ricostruttori democratici”, ma i guerrafondai costruttori. Ma noi festeggiamo il regime della guerra quelli che non fondarono una città ma distrussero un paese e anche questa città.

Non mi unisco a questa schiera in nome di due dee in cui credo: la libertà e la verità. La prima mi porta ad odiare i dittatori, la seconda a dire che quelli che festeggiate come costruttori sono stati demolitori. Mi spiace che una sinistra codina e culturalmente succube non lo rivendichi ma si faccia retorica uguale.

Un particolare del dipinto di Duilio Cambellotti nella sala consiliare della provincia a Latina

La giunta di sinistra (si fa per semplificare) di Coletta apre il museo Cambellotti quello che nella sala provinciale dipinge gli uomini nuovi del piano (i militi) che ordinano la palude e cacciano gli uomini vecchi, quelli della storia, con il pastrano nero sui monti. Ecco io rivendico la parte del pastrano, il mondo consumato dalla storia e orgoglioso della sua anarchia e l’ordine mi dispiace. Perchè il futuro, la libertà, la portava l’uomo con il patrano mentre l’uomo nuovo, il milite, portava alle tragedie del ‘900 il fascismo e lo stalinismo, il fascio-comunismo i gulag e i campi di sterminio. Portava l’inumanità.

Coletta avrebbe dovuto fare un museo al riformismo,  alle radici lepine nel terreno della libertà repubblicana, della democrazia d’occidente e non seguire tragedie fascio-comuniste che portano odio.

Per questo non trovo festoso il 18 dicembre, ma il 25 aprile quando cominciammo a fare la città vera e unica, la Latina democratica che la Littoria fascista non ci sporcammo mai le mani e distruggerla perché ci avevano già pensato i fascisti perdendo la guerra.

Nella foto Palazzo M di Latina distrutto dalla guerra fascista

PS: queste cose mi sarei aspettato le dicessero i giovani della sinistra, i leader della sinistra, ma per farlo bisognerebbe essere orgogliosi dei propri valori e della propria storia (conoscendola) . E mi tolgo il cappello davanti a Nando Cappelletti e Ajmone Finestra che alla “loro storia” hanno creduto fino in fondo e con orgoglio.