Latina perduta: Antonio Capurso, dalla libreria “UTET” a “Minerva” passando per “TecnicArte”

Latina perduta: Antonio Capurso, dalla libreria “UTET” a “Minerva” passando per “TecnicArte”

10 Gennaio 2021 1 Di Emilio Andreoli

Latina nel 1951 aveva quasi trentacinquemila  abitanti, nel giro di dieci anni sfiorò i cinquantamila. La città viveva una crescita esponenziale per le tante opportunità che offriva. Una città così fiorente che alla fine degli anni sessanta diventò tra le prime in Italia come reddito procapite. Per questo molte famiglie in quegli anni scelsero di venire a Latina. Ma non arrivarono solo dal sud, qualcuno incredibilmente pure da Roma, come Antonio Capurso che però faticò non poco per convincere la moglie a trasferirsi nella piccola cittadina pontina…

 

A Latina ci sono negozi che non riesco proprio a dimenticare e quando passeggio, ultimamente poco per le note problematiche attuali, mi affido alla memoria per ricostruire le attività perdute. È come il gioco del puzzle, a volte ci azzecco e a volte fatico più del dovuto, ma ci sono negozi nel mio immaginario che sono ancora lì, con i volti di chi ha servito per una vita i propri clienti.

La storia che vi sto per raccontare è quella di Antonino Capurso, Antonio per gli amici, ma anche della sua bella famiglia che io ho l’onore di conoscere. Una famiglia cordiale e gentile, con una educazione fuori dal comune e che a Latina ha portato cultura vendendo libri, e accessori per l’arte. Il cognome magari è poco conosciuto, ma le insegne dei negozi sicuramente le conoscerete, o ricorderete perché alcune non ci sono più, ed è su queste che mi vorrei soffermare.

Intanto vi accenno la storia di Antonio, un fuoriclasse della vendita porta a porta, perché chi sa vendere bussando di casa in casa ha il mestiere nel sangue e lui lo aveva. A Latina qualcuno se ne era accorto e gli aveva anche proposto di fare l’assicuratore per l’Ina Assitalia. Ma non riuscì a convincere la moglie Maria, che non aveva nessuna intenzione di far mangiare i figli dalle zanzare. D’altronde la malaria a Latina era scomparsa solo da qualche anno, quando gli americani portarono il DDT nel secondo dopoguerra, ma Maria ancora non si fidava, e quindi Antonio rinunciò. Il trasferimento a Latina, era però solo rinviato.

Maria Monzi con il marito Antonio Capurso nella cartolibreria Minerva

La storia di Antonio Capurso e della sua famiglia

Antonio, classe 1907, nasce a Manfredonia in provincia di Foggia, ma già nel 1915 si trasferisce a Roma, dove il fratello maggiore lavora come tramviere. Non sono anni facili e quindi Inizia presto a lavorare. Va a fare il garzone in una bottega alimentare. Appena ragazzo gli si presenta l’opportunità di fare il venditore per la UTET, la più antica casa editrice italiana nata nel 1791 che spazia dalla letteratura al diritto, dalla medicina all’architettura, dalle scienze naturali a quelle tecniche.

È un lavoro che lo affascina e dovrà farlo porta a porta, ma è talmente bravo che gli assegnano anche le altre città del Lazio. A Roma apre pure un chiosco di libri in Piazza del Risorgimento. Intanto inizia a frequentare Latina dove ottiene ottimi risultati di vendita. Si fa conoscere e ben volere dai suoi clienti e alcuni di questi cercano di convincerlo, e quasi lo implorano, a trasferirsi a Latina e ad aprire una libreria, in particolare sono il signor Lepori e il signor Giacomini. Quest’ultimo sta per terminare la costruzione che ospiterà un cinema e dei negozi. Ma lo scoglio più grande rimane la moglie Maria, che già non è riuscito a convincere per l’ottimo posto offerto da assicuratore.

Nel 1950 apre una libreria a Frosinone, ma il suo pallino resta Latina perché la città gli piace e ha già degli amici. Alla fine riesce, nel 1951, a convincere Maria e finalmente inaugura una libreria con insegna UTET in via Eugenio di Savoia, in uno dei negozi che gli ha proposto il signor Giacomini. Contestualmente chiude la libreria di Frosinone e cede il suo chiosco di Roma. Ormai la sua vita è a Latina, con la moglie e i suoi quattro figli, Rosa, Giorgio, Franca e Luciano. Dopo qualche anno cambia l’insegna UTET e chiamerà la sua attività “Minerva”, in onore alla dea della sapienza , che diverrà una vera e propria cartolibreria.

Antonio Capurso e sua moglie Maria davanti al negozio Nazzareno Gabrielli

L’incontro con Rosa

Finalmente riesco a conoscere Rosa la prima figlia di Antonio, Sina per gli amici e parenti, era l’unica che non conoscevo della famiglia Capurso. Ha una bell’età ma i suoi anni se li porta veramente bene, sia di aspetto che di memoria. Avverto che le piace parlare e quindi nell’intervista la lascio andare a ruota libera:

Quando arrivai a Latina nel 1951 avevo diciannove anni e per me fu un trauma, mi sentii sradicata dalla mia città, dalle mie amicizie. I miei fratelli non avvertirono questo distacco perché erano più giovani. Però mi sposai presto e quindi tornai a Roma dove ho vissuto fino al 1971. Poi mi lasciai convincere dai miei e da mio fratello Giorgio che stava aprendo un nuovo negozio e gli occorreva una mano. Roma mi mancava, ma il negozio mi piaceva molto, si chiamava “Tecnicarte” ed era in via Carlo Alberto. Vendevamo gadget al piano terra e sul soppalco tutto per la pittura”

 Lo conoscevo bene quel negozio, una volta mi dilettavo con il disegno e ci venivo con piacere. Sicuramente ci saremo visti lì diverse volte. Ma gli autori di questi quadri che ha sulle pareti?

Alcuni sono miei, ho iniziato a dipingere quando un pittore che stava esponendo nella galleria d’arte l’Approdo che stava sotto i portici, entrò nel negozio e mi chiese come si facesse il grigio, allora pensai -se dipinge lui posso farlo anch’io- e da allora ho continuato a dipingere”

 Gli altri negozi in via Eugenio di Savoia, “Nazzareno Gabrielli” e “Minerva” li gestiva sua sorella Franca?

 Sì li gestiva Franca. Quando Tecnicarte venne chiuso lavorammo insieme. La cartoleria Minerva la chiudemmo nel 2000 e il negozio di pelletteria è rimasto aperto fino a un paio di anni fa e subito dopo, nel 2019, Franca è venuta a mancare

Famiglia Capurso, da sinistra Franca, Giorgio, Luciano, Rosa, Antonio e la moglie Maria

Il mio amico Giorgio

Con Giorgio gioco in casa, ci conosciamo da una vita, ha ottantacinque anni ben portati anche lui. Un appassionato della musica brasiliana e del Brasile, così tanto che parla correttamente il portoghese. Una sera di tanti anni fa mi portò in un locale brasiliano a Trastevere, ad ascoltare la bossa nova, ma più della musica io rimasi incantato dal fascino delle ragazze brasiliane. Giorgio è stato un grande batterista, e ha suonato in tutta Europa insieme ai suoi amici Orazio Di Pietro, Mike Verga e Isidoro Raia, quattro ragazzi di Latina con il musicista olandese più famoso degli anni sessanta, Peter Van Wood.

Giorgio come mai hai smesso di suonare e ti sei dedicato al commercio?

 Smisi di suonare quando il complesso si sciolse. Mio padre mi disse che se avessi voluto mi avrebbe aperto un negozio, e io accettai. Era il 1965 quando aprii” Linea Ufficio Registri Buffetti” in via Carlo Alberto insieme a mio fratello Luciano, poi aprimmo un altro negozio “Tuttoufficio Buffetti”, che sta sulla circonvallazione in viale XVIII  Dicembre angolo via Carturan. Però i ricordi degli anni sessanta da musicista restano e resteranno indelebili

In questa breve storia della famiglia Capurso, un pensiero speciale va alla signora Franca, che spesso incontravo nelle riunioni dei commercianti. Sempre gentile e posata nei suoi interventi, anche quando mi confidava la sua preoccupazione per la nuova ztl nel centro storico, che avevano inflitto ai negozianti senza un benché minimo confronto. Aveva un’educazione di altri tempi.

Ringrazio Cristina Corteggiani per avermi fatto da gancio con la mamma Rosa Capurso, e ringrazio Giorgio per la sua sempre cortese disponibilità.