Nino Corona “il mio sindaco geniale”

Nino Corona “il mio sindaco geniale”

31 Gennaio 2021 0 Di Emilio Andreoli

A Latina le elezioni comunali sono alle porte, sicuramente fra qualche mese ci saranno le solite schermaglie tra i candidati e le forze politiche, comprese quelle civiche. Saranno poi gli elettori a stabilire a chi credere. Una volta però, fino al 1993, non era così, il sindaco veniva eletto dal consiglio comunale dove si formava anche la giunta. Ma non voglio dare lezioni di politica, perché non è mia materia, io amo solo raccontare storie di vita per ricomporre la memoria della mia città e, per come è mia natura, cerco di farlo distaccandomi dalle varie ideologie. Questa è la storia di un uomo che divenne sindaco negli anni settanta che si chiamava Antonio Corona, per tutti Nino.

 

Ero ragazzino quando, negli anni settanta, andavo in Piazza del Popolo a dissetarmi alla storica fontanella, e con i miei amici dicevamo sempre: “andiamo a bere l’acqua del sindaco”. A quei tempi il sindaco era Nino Corona, invece il primo sindaco di Latina che io ricordo si chiamava Vincenzo Tasciotti. Premetto che questo mio scritto non è di natura politica, ma è solo il racconto di un uomo, Nino Corona, che secondo me meritava di essere raccontato per quello che ha lasciato, criticabile o meno, nella nostra città.

Mio padre mi diceva sempre che i commercianti non dovevano interessarsi di politica, per lui la politica era solo quella commerciale, quindi le idee dovevamo averle sempre ben nascoste. Ovviamente ho seguito il suo consiglio tutta la vita e ora che non sono più commerciante, potrei anche sbilanciarmi e gridare il mio ideale politico. Ma ormai è troppo tardi, perché non è più tempo per fare discorsi ideologici, e quindi continuo a rimanere fedele al consiglio di mio padre.

Ora però una valutazione sull’operato di un uomo politico la posso anche fare, poi sono passati così tanti anni, quasi trenta,  che il partito della Democrazia Cristiana, in cui militava il sindaco Nino Corona si è estinto. Successe nel periodo storico chiamato “mani pulite”, un’inchiesta che portò alla disgregazione dei più grandi partiti politici e inevitabilmente alla fine della prima Repubblica. Quello che avverrà poi con la seconda Repubblica lo abbiamo davanti agli occhi, che ci fa quasi rimpiangere la prima, soprattutto per la cultura degli uomini politici di allora, quasi tutti laureati e professori universitari.

La storia umana e politica di Nino Corona

Nino Corona nasce a Foggia il 28 settembre del 1933, figlio unico di madre vedova. Dopo un breve periodo passato in Sicilia, nei primi anni cinquanta arriva a Latina perché vince un concorso all’Istituto Autonomo Case Popolari come geometra. Di lì a poco inizierà l’attività politica nelle file della Democrazia Cristiana. Nino è una persona che si dà subito da fare nella sua nuova città, il suo punto di riferimento politico è Amintore Fanfani, terzo presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, lo sarà per ben sei volte dal 1954 al 1987, poi cinque volte presidente del Senato e nove volte ministro della Repubblica.

Un giovane Nino Corona accanto al Presidente del Consiglio dei ministri Amintore Fanfani

Per Nino Corona il 1972 sarà il coronamento della sua lunga carriera politica, con l’elezione a sindaco di Latina. Il suo primo slogan sarà: “Se vuoi si fa”, ma anche “Latina città europea”, “Latina la città dei giovani” “Latina la città della cultura”. Nino è un visionario, sa immaginare la città proiettata nel futuro, e sta proprio in questo la sua genialità.

Latina negli anni settanta ha circa ottanta mila abitanti ed è ancora in crescita esponenziale, ma ha dei vuoti impensabili per una città che è cresciuta, e sta diventando la seconda del Lazio dopo Roma. Non ha un teatro e né un palazzetto dello sport, non ha l’università. Non ha punti di aggregazione per i giovani, a parte l’oratorio salesiano Don Bosco e una piccola biblioteca comunale.

Nino Corona stringe la mano al Capo dello Stato Sandro Pertini

Nino Corona sa che Latina crescerà ancora e i suoi slogan deve metterli in pratica, se vuole dare un futuro ai giovani che verranno. Con lui sindaco dal 1972 al 1980 e dal 1983 al 1985, si darà il via alla costruzione, del grande e piccolo teatro, che saranno denominati rispettivamente Gabriele D’Annunzio e Armando Cafaro. Parte anche l’avvio dei lavori per il palazzetto dello sport che ospiterà la piscina comunale e il campo di basket. Nel suo mandato si iniziarono a costruire molte scuole, tra queste anche la mia, l’Istituto Tecnico Industriale Galileo Galilei, che prima stava nell’attuale teatro.

Nino Corona con Bettino Craxi mentre entrano nel palazzo della Prefettura

A Latina Il sindaco immagina anche l’università con facoltà inerenti al territorio pontino, come quelle di Agraria o quella di Chimica. Lui vorrebbe però una università di Latina, non un distaccamento della Sapienza di Roma. Ma il suo pallino è la biblioteca, una biblioteca nuova che guarda al futuro in un posto storico come quello del vecchio ospedale di via Emanuele Filiberto, che sarà buttato giù a breve. Per il progetto del suo sogno interpella uno dei più bravi architetti del mondo, l’inglese James Stirling che accetta l’incarico e disegna la nuova biblioteca.

 

Il sogno della biblioteca Stirling che divenne parcheggio

Latina con quella realizzazione sarebbe potuta veramente diventare la città europea che Nino Corona aveva immaginato con il suo slogan “Latina città europea”. Ma sapete bene cosa succede quando cambiano le amministrazioni, se il sindaco precedente ha lasciato un progetto buono il suo successore difficilmente lo attua. E così fu, il progetto pagato e pronto per essere eseguito divenne un grande parcheggio e Latina rimase con la sua piccola biblioteca, quella del futuro non è mai arrivata.

Il progetto della avveniristica biblioteca Stirling

Nella cultura ebbe un altro merito, quello di credere nel progetto di Edoardo Castagnina e Carlo Fino per il Premio Tascabile di Latina, che portò lustro per tanti anni nella nostra città, dove parteciparono i migliori scrittori italiani e stranieri. Dopo la sua lunga avventura come sindaco, che era stata intervallata dall’80 all’83 come consigliere regionale, Nino Corona divenne commissario straordinario del Consorzio di Bonifica e poi presidente della Provincia.

 

Nino Corona con il ministro Clelio Darida

Ma per l’ex sindaco, tra i più lungimiranti che abbiamo avuto, si stava abbattendo la scure di “mani pulite”. Nel 1992 Nino Corona venne arrestato per finanziamento illecito al suo partito. La detenzione in carcere durò solo un giorno e mezzo e quindici ai domiciliari, ammise le sue responsabilità come dirigente politico, cosa che non fecero tanti altri. Quel suo arresto però lo minò fisicamente e psicologicamente e si ammalò di un brutto male. Il 5 ottobre del 1994 morì, lasciando nello sconforto la moglie Maria Teresa e i suoi quattro figli.

La figlia Liliana Corona lo ricorda così:

Mio padre con noi figli era abbastanza severo, il suo studio era zona off limits, guai se ci azzardavamo ad entrare. Poi quando nacque mio figlio Antonio, suo primo nipote, il suo studio divenne una stanza giochi. Se lo spupazzava sulla sua scrivania consentendo cose che per noi erano state sempre tabù. Ricordo di averlo visto piangere solo una volta, quando uccisero Aldo Moro

Il gemello di Liliana, Emilio, ricorda casa sua sempre affollata:

Nella nostra casa era normale vedere uomini politici, ricordo che veniva spesso il ministro Clelio Darida. Mio padre chiamava mia mamma mezzora prima e l’avvisava che c’erano ospiti a pranzo. A volte dava appuntamento agli amici e lui magari arrivava così in ritardo che non lo aspettavamo per mangiare. In casa nostra c’era sempre gente, a lui, e anche a mia mamma, piaceva che invitavamo i nostri amici, forse perché entrambi erano stati figli unici. Di mio papà c’è una frase che mi è rimasta impressa più delle altre, mi disse: Emilio ricordati che chi non imparerà ad usare il computer e non saprà parlare la lingua inglese, negli anni che verranno, sarà tagliato fuori dal mondo del lavoro e considerato analfabeta”. Ecco, in questa frase c’è tutta la sintesi di mio padre, perché quando me lo disse  non erano ancora arrivati gli anni ottanta e il computer in pochi sapevano cosa fosse”

Concludo il racconto con un mio pensiero non politico o quanto meno non di parte. Un sindaco secondo me deve saper immaginare il futuro della città, Nino Corona lo ha saputo fare e se abbiamo oggi alcune cose lo dobbiamo a lui, poi se non siamo stati capaci di mantenerle questo è un altro discorso. I pretendenti al trono sono tutti avvisati.

Ringrazio di cuore la famiglia Corona per avermi raccontato, senza remore, tutto il percorso del sindaco geniale Nino Corona.