Quello che manca al mondo in un quadro di bar di città. Automat di Hopper

Quello che manca al mondo in un quadro di bar di città. Automat di Hopper

7 Marzo 2021 0 Di Lidano Grassucci

Dentro un bar di città di periferia che dal vetro vedi la via. Dentro un bar di una città con le strade lunghe dove quando c’è il sole è così pulito stare, quando è freddo ti alzi il bavero per poter restate. Respiro, respiro piano per non far rumore e non dare agli astanti il pretesto per omologare ogni pensare. Dentro un bar di città di periferia la tazza è calda e scalda le mani e indugi a abbreviare quel piacere. Tutti recitano il loro ruolo perfetti nel loro stare precisi. Ma esiste una anarchia delle sensazioni, esiste una gatta che non vuole essere altro che la compagna dell’eresia della strega. Strega curiosa che fa alchimie non per cercare di fare di piombo oro, ma di fare di se stessa la regina del suo regno senza sudditi e senza contegno, libero come un romanzo col foglio ancora bianco. Fogli spessi, libri grandi e tutto non ha ortodossia. Ci si sente belli o brutti se si cerca il modello degli altri, ci si sente giusti se siamo noi stessi di noi. Poi tutto è un lampadario di quelli belli e grandi con vetri di Venezia, di quelli che qui non ci sono perché hanno bisogno per parlare degli specchi.

Entro un astante distratto, entro per conto suo col chiasso che fanno gli stranieri, gli eterodossi e disse ad ogni uno una proporzione della scena che c’era. A lei non disse niente, ma guardo le mano intorno alla tazza e sentì il suo profumo. La scena non lesina colori, rumori, attori, attrici e lirica precisa nel canto e l’orchestra pare magnifica. Ma? Ma non siamo auto in serie, recitanti il medesimo dramma, cantanti ogni giorno la stessa aria.

L’astante distratto cantava diverso non fuori ma dentro, cantava un’aria che non si sentiva ma che leniva la regola di essere regolari e faceva di ogni cosa regola di non  averne. Dentro una autostrada senza accessi o uscite, senza regole di corsa ma libera al correre. Lungo la via palmizi dimenticati, salsedine diluita, facciate di case mai considerate, auto ferme già stanche ma che strano questo quadro, questo quadro americano.

Lei con lei, così serenamente se stessa, così presente a come vuole essere e non c’è soggetto, non c’è finale, ma solo la congiura astrale di lentezze che fanno le stelle. Elegante era elegante, garbata anche, ma sottostante quest’anima che non voleva pretese o lacci, tipo il mare, tipo il vento, tipo la bufera e la quiete.

Dentro un bar di una città di periferia…

Quello che manca al mondo

è un poco di silenzio

Quello che manca a questo mondo è il perdono che non vedo e non sento

Tutta la gente intorno sogna di cavalcare il temporale

Quello che serve alla vita

è acqua e sale

Io non sono quell’uomo che aveva un sogno

….

Quello che manca già stanotte sono mille parole d’amore

Perché c’è gente che parla d’amore in una lingua morta,

Sono vivi e gli basta e sanno aspettare,

Ma in questa estate che sembra piuttosto dicembre non tutto va bene oppure sì,

Se vi pare

Ivano Fossati, Quello che manca al mondo

Nella foto: Edward Hopper, Automat