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Dibattito: quel “social” che manca al partito democratico
13 Marzo 2021 0 Di Lidano GrassucciZingaretti lascia, con parole dure, la guida del Pd e domani Enrico Letta l’assume con parole forti. Ma? Sempre nella scena ci dovrebbe (c’è?) essere un popolo, una comunità, una idea di mondo, un mondo. Già un mondo, ma quali sono i mondi? In Europa, ove siamo, di mondi ce ne sono solo due, più “mondini”. Il mondo socialdemocratico e il mondo dei popolari, il resto è marginalità politica, irrilevanza. E i due mondi non sono “sovrapponibili”, ma alternativi. La società socialdemocratica è una corsa con il senso dell’oggi per l’utopia di domani, non è comunque difesa dell’esistente. Oggi ci si accontenta di qualche cosa, domani sarà la civiltà di “a ciascuno a seconda dei propri bisogno da ciascuno a seconda delle proprie capacità”, che resta questo il senso delle socialdemocrazie una utopia che non attende il messia, ma nella certezza che ci sarà cominciare a pregare.
I popolari difendono uno stato borghese esistente, con i rapporti di forza esistenti.
Bisogna scegliere, scegliendo si rischia di perdere, anche per anni, ma non si perde mai la cosa che distingue le parti: l’anima.
Se in Italia la sinistra, di cui il Pd dovrebbe essere motore, non fa questa scelta l’alternativa è fare non politica ma amministrazione, a gestire l’esistente non costruire un futuro che non c’è. Il Pd deve affrontare quello che alcuni non potevano affrontare, gli ex Dc, perché come Ponzio Pilato “non capivano la bestemmia nella consapevolezza che ciascuno pregava il suo dio, mai “esclusivo), altri avevano paura di ammettere (gli ex Pci) l’errore di metodo, di realizzazione nella storia della utopia necessaria. Quindi? Si è eluso il nodo socialdemocratico, partorendo un “democraticismo” a rischio di anonimato. Quel social davanti alla parola democratico fa una grande differenza la differenza tra essere in un percorso della civiltà umana o fermarsi in questo mondo considerato il migliore possibile. La seconda opzione nega il sogno, ci schiaccia ad un presente senza storia passata, senza utopia su cui progettare domani.
In molti dicono: ma i socialdemocratici sono superati. Perché sono “scomparsi” gli ultimi? Perché sono finiti i sogni? Perché non serve più sperare?
Da quando la socialdemocrazia è in crisi e il verbo iperliberista ha il monopolio culturale ed economico delle politiche attive sono aumentate le diseguaglianze nelle società, tra nord e sud del mondo. C’è fame di socialismo, c’è fame di eguaglianza, c’è la bestemmia del darwinismo dei liberisti.
Rosa Luxemburg pose, oltre un secolo fa, pose la dicotomia profetica: o socialismo o barbarie.
La barbarie sono i vaccini per i ricchi (paesi del nord del mondo) e abbandono dei poveri (paesi del sud del mondo), sono gli anziani morti nella Lombardia iper efficiente e privatizzata in una domanda di sanità pubblica che non poteva essere evasa perché la sanità pubblica semplicemente non c’era più. Smontata dalla destra? Certo, ma non difesa dalla sinistra, da una sinistra che non c’era più.
Questo è il nodo: non si può essere tutto, bisogna essere qualche cosa.
Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia
Antonio Gramsci
Il partito democratico è poco social, nel tempo nuovo dei social. Dovrebbe scommettere un social davanti a democratico. Socialdemocratico come in ogni parte d’Europa se siamo in Europa.
Nella foto il congresso della Spd tedesca a Bad Godesberg con Willi Brandt
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Info sull'autore
Direttore di Fatto a Latina. Giornalista professionista, laureato in scienze politiche, è stato direttore de Il Territorio, Tele Etere, Economia Pontina, Latina Quotidiano, caposervizio presso Latina Oggi e autore di numerose pubblicazioni.