Latina – Il Parco San Marco alla riscossa. L’area più dimenticata della città diventa il simbolo della resilienza pontina

Latina – Il Parco San Marco alla riscossa. L’area più dimenticata della città diventa il simbolo della resilienza pontina

5 Aprile 2021 0 Di Maria Corsetti

Chiusi i centri commerciali e i ristoranti.

Chiuse le porte di uscita dalla città, trovata una scusa globale per liberarsi della Pasqua con chi vuoi, che il più delle volte non è esattamente così.

Liberi dal “e noi cosa portiamo”, sdoganati da tentazioni e sentimenti, vietati gli spostamenti, sia Campo Catino, siano le Maldive.

Finita la corsa a chi va più lontano, chiusi finanche gli accessi a ospedali ed RSA, che non c’è neanche l’obbligo della visita pasquale alla zia ultracentenaria.

Chiusi teatri e musei, chiudendo così le vie di fuga ai più radicalart&intellectual.

Abbuffati di libri, film e tour virtuali.

Vietato andare al Lido di Latina, disprezzato fino al 6 maggio del 2020 e amatissimo da quella data.

Pranzo in famiglia, con l’aggiunta di un paio di imboscati segretissimi con autocertificazione studiata nei dettagli.

Ci si mette anche l’ora legale e un clima fresco, ma che sa di primavera, a rendere la giornata lunghissima e la porta di casa un ostacolo sormontabile.

Una passeggiata in città alle cinque del pomeriggio, con mascherina e distanziamento. Che vuoi di più, se pensi allo scorso anno. La memoria è corta e selettiva, ci impedisce di tornare più indietro.

Un passo dopo l’altro ed ecco il nostro Central Park.

Riscoperto da runner e proprietari di cani, dopo decenni di indifferenza da parte della città, cresciuto a caso un po’ di qua e un po’ di là, simile per certi aspetti alla piazza principale di Ulan Bator, i lockdown nelle loro multiformi espressioni hanno rappresentato per il Parco San Marco un riscatto inimmaginabile fino al 2020. Ma, ormai si può dire, il 2020 passa alla storia e niente davvero è più come prima, anche se come tutte le fantasie sul futuro si rivela distante da quello che poi accade nella realtà.

Pasqua 2021. Mangiato, digerito e sono ancora le quattro del pomeriggio, il sole è alto e a casa non si può proprio stare. Pare che l’attività motoria sia consentita a ridosso della propria abitazione e per gente che prendeva la macchina solo per attraversare la strada, nessuna distanza è impossibile da fare a piedi.

Meta: la spianata da grandi adunate del Parco San Marco, o la sua collinetta con tanto di albero sul cucuzzolo, sul quale arrampicarsi. Il piccolo parco giochi, il laghetto di cui una volta ci si ricordava solo quando era la cronaca a ricordarlo. Questo c’è rimasto.

Anzi ci sarebbero anche i “Giardinetti”, più ombrosi, più grandi, più belli, a solo qualche centinaio di metri. Ma è come se i Giardinetti arrivassero da un’altra epoca, è come se fossero vissuti come un monumento.

Il Parco San Marco è meno grande eppure sembra più grande, è meno verde, ma il verde che c’è sembra bastare. La spianata attrae. Attrae per giocare a pallone, per pattinare, per correre e fare yoga.

In un contesto urbano sorto un po’ a casaccio, sole e cielo e fanno tutto bello. Si riesce a rimanere incantati al tramonto, mentre il blu si colora di rosa e di arancione.

Ci si chiede quando l’homo abbia iniziato a pensare, a meravigliarsi del bello. Si fa coincidere con le prime forme di arte eccetera.

Io credo che se gli antropologi volessero assistere a un fenomeno analogo, ai fini di un approfondimento delle loro ricerche, dovrebbero venire al Parco San Marco di Latina, il luogo meno frequentato del mondo assurto nel giro di un paio di stagioni a oasi di vita e pace. Questa si chiama resilienza, lasciate stare ogni trattato e iniziate a pensare una tesi di laurea.