Latina capoculo: ribadisco non mi candido (ma non me lo avevano manco chiesto)

Latina capoculo: ribadisco non mi candido (ma non me lo avevano manco chiesto)

16 Maggio 2021 1 Di Lidano Grassucci

Questo pezzo è dedicato a Orélie-Antoine de Tounens, che nel 1860 si autoproclamo re di Patagonia e Araucania. Nessuno glie lo aveva chiesto, di questo non c’era bisogno, ma lui inseguiva la sua effimera utopia. Capita che nei posti “alla fine del mondo”, per dirla alla Papa Francesco, queste cose romantiche possano capitare. Capita che ci siano tanti sogni da re ma non il regno.

 

L’ironia è la gaiezza della riflessione e la gioia della saggezza

Anatole France

 

 

Allora, ribadisco, che non mi candido a sindaco, manco a consigliere comunale anche perché nessuno non me lo ha mai chiesto (e come dargli torto) e manco ha pensato di farlo. Non mi candido perché mi chiedo sempre “ma perché mai dovrebbero votare me?”. Non mi candido perché sono pigro e vorrei continuare ad esserlo e perché sono impegnatissimo a governare, con insuccesso, me stesso che sono tutto un universo.

Non mi candido perché ho conosciuto troppi che, candidandosi, contavano voti come fossero gocce di pioggia in un temporale poi nell’urna i voti erano 3: tenuto conto dell’autovoto, dell’avere come votanti mamma, compagna figlia il nodo è chi ha tradito. Su mamma ci mettevano la mano sul fuoco (o no?) resta l’indecisione tra sangue e amore, ma nei conti non ci sono gli amici e questo fa dolore anche se scopri il traditore. Siccome ci tengo agli amici, evito la questione.

Per queste ragioni non mi candido (che non me lo abbiamo chiesto è comprensibile e dettaglio marginale)

Poi ci penso e, aggiungo, che non mi candido perché, da sindaco, starei sempre al bar a parlare con la gente.

Già, offrirei Campari a chi è diverso da me, a quelli che mi danno ragione niente tanto l’ho già da me la mia ragione. Cercherei i diversi, quelli che la pensano capovolto, e farei fare a loro le cose che io neanche carpisco al volo.

E il mio fegato mi chiederebbe ragione come già fece ma allora di anni ne avevo ventitre, era sarebbe meno clemente.

Farei cose da campione tipo cartelli sotto gli alberi per ricordare quando fioriscono, se sono da potare e sotto ci metterei tante  panchine per chi si vuole baciare o, se c’è gusto, litigare. Come si baciano è affar loro affar mio è che siano felici.

Metterei un cartello gigante all’ingresso della città con la scritta “Latina città del Parco Nazionale del Circeo dove anche gli uccelli al loro migrare si vengono a riposare”.  Autogrill di una strada fatta nel cielo da Città del capo a Capo nord di uccelli partiti con la croce del sud e che vedranno quella del nord.

 Più in là un altro cartello che ribadisce “Latina città delle sempiterne belle”.

Poi farei panchine riservate non a chi parla con la gente, ma a chi legge le cose del mondo in tutti i modi in cui si scrive, per se stessi e chi sta lì è fatto salvo dall’interessamento di chi non legge niente. Panchine per chi si piace veramente.

E musica musica ovunque che alla fine qualcuno esclamerà “e zitti un po’”.

Farei che nessuno si candidata per salvarci che siamo salvi già

Farei che nessuno voglia combattere il diavolo ed essere angelo, perché siamo demoni e angeli, cattivi e buoni in ciascuna umanità che indossiamo.

Ora mi fermo col programma perché vi annoio e non serve tanto non mi candido, ma rido di questa pretesa di salvare il mondo mentre il mondo ostinatamente gira lo stesso e ciascuno dovrebbe salvare se stesso prendendo la felicità che incontra.

 

Nella foto: Orélie-Antoine de Tounens, autoproclamatosi Re di Araucania e Patagonia nel 1860. Era Re ma nessuno gli lo aveva chiesto.

Il Regno di Araucania e Patagonia, o anche Nueva Francia (Nuova Francia), fu un regno proclamato, a metà del XIX, nelle regioni del sud del Cile e dell’Argentina dall’avvocato ed avventuriero Orèlie Antoine de Tounens. Reclamava i territori della Patagonia situati a sud del fiume Biobiò, comprendendo le regioni cilene del Biò-Biò, della Araucania e di Los Lagos. Come capitale venne scelta Perquenco. Non fu mai riconosciuto da nessun altro stato.