Luciano Melloni: la poesia del calcio di una volta

Luciano Melloni: la poesia del calcio di una volta

20 Giugno 2021 2 Di Emilio Andreoli

Il Latina calcio, per noi tifosi,  è sempre stato un calvario, anzi una via crucis, soprattutto negli ultimi anni, quando dalla serie B siamo sprofondati di nuovo nella palude della serie D, per le tristi e note vicende. Ma io voglio raccontarvi di un giocatore degli anni sessanta, inizialmente non gradito dalla tifoseria per il suo modo di giocare elegante, ma che poi divenne un simbolo, e per me è stato e rimane un mito. Vi presento Luciano Melloni.

 

Era la fine degli anni sessanta e noi ragazzini avevamo tutti un idolo, e a seconda di dove giocava diventavi tifoso della sua squadra. Gigi Riva del Cagliari, Gianni Rivera del Milan, Sandro Mazzola dell’Inter… ovviamente tutte formazioni di serie A. Ma anche noi a Latina, oltre a tifare per quei grandi campioni, avevamo l’idolo della nostra squadra, Luciano Melloni.

Per vederlo giocare andavamo la domenica allo stadio, ma non avendo i soldi per pagare il biglietto, perché i nostri genitori ci davano giusto gli spicci per il cinema dei preti, scavalcavamo il muro di cinta dello stadio, che ora non c’è più. Ricordo un poliziotto un po’ grassottello che tentava ogni volta di inseguirci, ma noi eravamo veloci come il vento e subito ci mimetizzavamo in mezzo al pubblico del prato, perché non esisteva ancora la curva.

Una delle formazioni più amate della storia del Latina calcio. Luciano Melloni è il quarto da dx in piedi

Ricordo ancora l’attacco di quello squadrone: Melloni, Crociara, Guarniero, Cassin. Pizzi era il capitano e Benecchi il portiere.  Stanchi di scavalcare, un paio di anni dopo, ci venne l’idea di iscriverci nei pulcini del Latina. Giocavamo prima delle partite ufficiali e così, in maniera regolare, ci venne data l’opportunità di vedere la nostra squadra comodamente seduti in tribuna.

Il nostro campetto era il piazzale del Palazzo M, ricoperto tutto di brecciolino. Giocavamo instancabilmente dalle tre del pomeriggio fino a sera. Portavamo almeno due palloni di scorta, perché spesso litigavamo, e se il proprietario del pallone stava tra i litiganti, la frase ricorrente era “il pallone è mio e me lo porto via”. Di quelle infinite partite, porto ancora i segni delle sbucciature sulle ginocchia a causa del brecciolino.

Luciano Melloni in un’azione di gioco

Ma il momento più bello, iniziava al calar del sole, il Palazzo M veniva illuminato dalla nostra stella. Lo vedevamo avanzare verso di noi, che ci fermavamo a guardarlo, era Luciano Melloni che quotidianamente, dopo il suo allenamento, andava a trovare sua zia Silvia, custode delle scuole che abitava al piano terra del Palazzo M. Gli lanciavamo subito la palla e lui ci deliziava con i suoi palleggi, poi qualche passaggio e qualche tiro in porta. Era sera, e potevamo andare a casa felici.

La storia di Luciano Melloni

Luciano Melloni nasce il 24 febbraio del 1943 nel podere della famiglia Rossi a Rio Martino, dove i suoi si sono rifugiati, perché costretti a lasciare la loro casa di Borgo San Donato a causa della guerra. Il padre Angelo proviene da Ferrara, e la mamma Romilda dalla provincia di Udine. Il papà è il barbiere del borgo e sin da bambino Luciano lo aiuta e impara il mestiere. Ma lui è un bambino che ha voglia di imparare e inizia una scuola per sarti. Per un periodo fa anche il postino per il borgo e a volte arriva anche a Sabaudia che raggiunge in bicicletta.

Il maestro Noal Silla, a cui oggi è dedicata la scuola di Borgo San Donato, si accorge che quel bambino ha un talento naturale con la palla tra i piedi, e ogni pomeriggio si diverte a fargli dei cross che Luciano prende al volo e tira delle vere bordate. Inizia così la sua storia calcistica, a quindici anni va a giocare in terza categoria con il Borgo Grappa, poi al Borgo Vodige e al Borgo Hermada. Lì viene notato dal signor Bruno Bernardini che lo segnala a Tommasino Cifra, direttore sportivo del Latina calcio.

Neanche il tempo di dargli un’occhiata e capisce all’istante il valore di quella giovane promessa. Lo porta subito in panchina in una amichevole contro la Roma. Appena lo fanno entrare colpisce due traverse e i dirigenti giallorossi cominciano a informarsi. Nel 1960 Luciano Melloni diventa ufficialmente un giocatore del Latina, ma incredibilmente per un anno non lo fanno giocare e non lo portano neanche in panchina. Dopo due campionati viene dato alla Spal dove gioca Fabio Capello. Non si trova molto bene in quell’ambiente, lo fanno giocare poco e così decide di tornare a Latina.

A sx Luciano Melloni accanto al suo compagno di squadra Federico Caputi

I dirigenti della Roma intanto tornano alla carica, sono fortemente interessati al ragazzo che ha classe da vendere, ne parlano pure i giornali nazionali. L’affare sembra fatto, ma al momento della firma il segretario del latina Crociani ha un acceso diverbio con Tommasino Cifra e l’affare salta definitivamente. Luciano Melloni giocherà con il Latina per dodici anni tra serie D e serie C, con un intervallo di quattro stagioni con il Cassino, per una discussione avuta con i dirigenti del Latina. Decide per Cassino anche per frequentare l’Isef, che però non verrà considerata pariterica e quindi la decisione di tornare nel suo Latina, un amore mai sopito.

L’incontro con Luciano

Luciano si avvia verso gli ottanta, ma ha ancora il fisico asciutto, sempre elegante nei modi come quando correva in campo. Non è uno che ama vantarsi o parlare di se e il fatto di aver accettato di farsi raccontare mi fa estremamente piacere:

Luciano avevi il numero 8 sulla maglietta, che tipo di centrocampista eri?

Ero un 8 e mezzo più che un 8, ero un centrocampista di spinta, avevo un tiro abbastanza potente, ma aiutavo anche il reparto difensivo,

La storia del mancato passaggio alla Roma come l’hai vissuta?

 Non ho mai capito il litigio tra i dirigenti del Latina, comunque non rimasi rammaricato a me piaceva stare a Latina, semmai il rammarico è non aver potuto misurare veramente la mia forza sul campo nelle categorie superiori

Quale altro rammarico hai?

 Inizialmente quello di non aver potuto studiare da giovane, mi sentivo sempre inferiore agli altri. Ho cercato di recuperare quando ero ormai grande, presi il diploma di ragioniere e a trentasei anni riuscii a vincere un concorso all’Intendenza di Finanza. Entrai come precario, e di una cosa sono orgoglioso, creai un movimento con tutti gli altri precari delle Intendenze di Finanza d’Italia per promuovere la legge 276, per i trimestrali, riuscii ad ottenere il contratto a tempo indeterminato per tutti

Ti pagavano bene nel calcio?

 Lo stipendio era dignitoso, ma ero il meno pagato perché di Latina, quelli di zona venivano retribuiti meno rispetto a chi veniva da fuori, per questo mi diedi da fare per trovare un lavoro diverso. Uscii dal mondo del calcio, dopo una breve esperienza da allenatore

Quale è stato il tuo allenatore preferito?

 Senza dubbio Francisco Lojacono

E il presidente?

 Biagio de Pasquale e  anche Santino Palumbo

E ora come passi il tuo tempo?

 Passo il tempo con la mia famiglia, e poi ho una casetta sul lago di Sabaudia dove alcune volte mi incontro con i miei amici di sempre

Luciano Melloni seduto, in relax, insieme a due compagni di squadra

Dicono di lui

L’amico Gino Bernardini:

Luciano all’inizio non ebbe un buon rapporto con i tifosi, era taciturno anche nello spogliatoio, ma quando scendeva in campo diventava un leader. Giocava a testa alta e sapeva dettare i tempi, aveva una grande visione di gioco, era un giocatore da serie A, il migliore che il Latina abbia mai avuto. Anche io giocavo nel Latina, ma in panchina, ero il suo sostituto e quindi non entravo mai, perché non si faceva mai male. A quei tempi stavamo spesso insieme, soprattutto a pranzo a casa mia, cucinava lui perché è molto bravo tra i fornelli, e ogni tanto mi tagliava pure i capelli. Per me è un grande amico

Angela Bottan, moglie del compianto Mario Cancellieri, indimenticato calciatore del Latina, dice di Luciano:

Luciano e Mario erano molto simili, entrambi riservati. Un’amicizia nata appena Mario giunse da Olbia a Latina. Da ragazzi uscivamo spesso in coppia, Luciano era molto corteggiato dalle ragazze, alto, biondo, occhi azzurri, ma lui era un ragazzo serio e aveva occhi solo per la sua fidanzata. Quando capita di incontrarci si commuove sempre, è una persona molto sensibile

Lo stile British di Luciano Melloni a dx in secondo piano

Luciano lo si vede spesso, con il suo stile British, passeggiare sotto i portici, d’inverno con il cappotto, sciarpa rossa, cappello e sigaro in bocca. D’estate con una maglietta polo e in bicicletta. Se lo incontrate sappiate che state incontrando la poesia del calcio… quello di una volta.

 

“Nino capì fin dal primo momento
L’allenatore sembrava contento
E allora mise il cuore dentro le scarpe
E corse più veloce del vento
Prese un pallone che sembrava stregato
Accanto al piede rimaneva incollato
Entrò nell’area tirò senza guardare
Ed il portiere lo fece passare”

 

La leva calcistica della classe ‘68

Francesco De Gregori