Vincenzo Rossetti, il medico che scelse la palude per curare i malati

Vincenzo Rossetti, il medico che scelse la palude per curare i malati

10 Ottobre 2021 0 Di Emilio Andreoli

Non è facile immaginare Latina novantacinque anni fa. Siamo abituati a passeggiare la sera per le vie del centro, con le luci sfolgoranti dei negozi, e per le nostre piazze illuminate dai lampioni, senza pensare quel che è stata la terra che stiamo calpestando, prima di divenire città. Ci lamentiamo di una buca, di un lampione spento e di tante altre cose. A tal proposito, mi piacerebbe che tutti leggessero il libro scritto da un medico che arrivò qui nel 1926. Un uomo che sin da bambino decise di occuparsi degli abitanti delle paludi pontine. Quell’uomo divenuto medico mantenne la promessa. Si chiamava Vincenzo Rossetti.

 

Quello che sto per narrarvi è la storia di uno straordinario medico, il dottor Vincenzo Rossetti, che arrivò nell’Agro Pontino alle origini della nostra città, anzi ancor prima che divenisse città, quando era solo una terra selvaggia infestata da paludi e malaria e non si chiamava né Latina e né Littoria, si chiamava Quadrato, per l’esattezza Cancelli di Quadrato. Fu il pioniere dei medici pontini, ma per raccontare tutta la sua storia occorrerebbero diverse puntate. Cercherò quindi di fare una sintesi, tentando di non tralasciare i momenti fondamentali della sua vita. Una vita affascinante, talvolta avventurosa in una terra difficile, come quella delle paludi pontine.

Il libro di Vincenzo Rossetti fu tradotto anche in tedesco e in giapponese. Nella foto l’edizione ormai rara del 1937

Ma per capire meglio il contesto, vi invito a leggere il suo libro “Dalle paludi a Littoria diario di un medico 1926 – 1936”. La prima edizione fu pubblicata dall’editore Bompiani di Milano, nel 1937, dopo aver vinto nel 1936, con il manoscritto, il premio letterario di Sabaudia, il primo svolto nell’Agro Pontino alla presenza del padre del futurismo, Filippo Tommaso Marinetti. Il libro è di grande intensità e, nella lettura, di facile comprensione come un diario di bordo.

Il dottor Vincenzo Rossetti ancora studente

Leggendo si ha la sensazione di stare nella palude, di ascoltare i rumori del calesse trainato dai cavalli, il rumore delle ruote nel fango e negli acquitrini. Sentire il freddo umido dell’inverno, ma anche visualizzare, nel buio della notte, la luce dei lumini a olio nei pochi caseggiati del Quadrato, oggi a pochi metri da Piazza del Popolo. Nel libro fa avvertire anche la paura della malaria e di come gli unici abitanti dell’Agro, nelle loro capanne, convivano con la morte negando quasi l’evidenza della causa della malattia.

Il dottor Vincenzo Rossetti raggiungeva i malati a cavallo

Il dottor Rossetti, nel libro, narra l’esperienza dei suoi primi dieci anni in quel luogo inizialmente difficile, ma anche affascinante. Dalla palude all’arrivo di migliaia di operai per la bonifica, fino ad arrivare alla nascita della nuova città di Littoria e dei suoi primi quattro anni di vita. Uno spaccato di vita che tutti noi abitanti di Latina dovremmo conoscere per apprezzare la città in cui viviamo. È la nostra genesi, e il dottor Rossetti ce la fa vivere intensamente nelle pagine del suo libro.

Il dottor Rossetti e l’amore viscerale per la palude

Vincenzo Rossetti nasce a Terracina il 15 maggio del 1896, è il terzo di cinque figli, ha un fratello e tre sorelle, una di loro muore molto giovane a causa della “Spagnola”, la prima pandemia del ventesimo secolo. Il padre è l’uomo di fiducia di una contessa, ricca proprietaria terriera, i suoi terreni vanno da Terracina fino alle paludi pontine. Dopo la quinta elementare Vincenzo decide di non proseguire gli studi, ma il padre non ne fa un dramma. Gli dice che lo porterà con se a lavorare nei campi, tanto in quella zona ce ne sono in abbondanza, ma quando si rende conto di quanto sia duro quel lavoro, e vede gli operai ammalarsi, rimane shoccato, cambia idea, e dice al padre che vuole continuare gli studi per curare quelle persone malate.

Il dottor Vincenzo Rossetti con la moglie Mary a Roma, prima della partenza per la palude

Continua gli studi in un collegio clericale di Sezze. Per il liceo si trasferisce in Ciociaria ad Alatri. Tra i banchi di quella scuola conosce Maria, che sin da subito chiamerà Mary, e se ne innamora. Dopo il liceo si iscrive a Roma nella facoltà di medicina e nel 1921 si laurea. Inizia a fare esperienza negli ospedali romani, nel frattempo sposa Mary e nel 1924 diventa medico condotto di Tarano, un paesino di collina in provincia di Rieti. Vincenzo si trova bene ed è benvoluto dalla gente, e gli hanno anche aumentato lo stipendio, ma a lui manca l’orizzonte della pianura. Intanto fa domanda e si fa raccomandare per essere trasferito nell’infermeria della palude pontina, gestita dall’Istituto Antimalarico Pontino.

Passano i mesi e non accade nulla, ma mentre sta preparando un concorso per entrare negli Ospedali Riuniti di Roma, viene chiamato dal suo ex professore, Giuseppe Sanarelli, che gli comunica che al centro antimalarico si è liberato un posto. Lì avrà tutto il tempo di studiare, ma anche di fare il medico a trecentosessanta gradi e di far nascere pure i bambini. Ora la decisione spetta solo a lui. Fa un primo sopralluogo. Giunge in treno a Cisterna e poi due ore di calesse in mezzo alla palude per arrivare al Quadrato. Il caseggiato che lo dovrebbe ospitare è quanto di più spartano e desolante possa esistere. Spifferi d’aria ovunque, e quando piove a vento bisogna inchiodare le finestre e al piano terra spalare l’acqua che entra.

Foto di gruppo sull’ingresso dell’ambulatorio del Quadrato. Il dottor Rossetti con il papillon. Con lui, la moglie Mary, le figlie Annamaria e Rossana, il dottor Marongiu, prof Valaguzza, Conte Brigante Colonna e altri non identificati

Il problema è dirlo a Mary di quel trasferimento. Sta quasi per rinunciare quando gli arriva la notizia che il governo ha deciso per la bonifica integrale. Mette al corrente Mary della sua decisione che inizialmente fraintende, immagina che il Quadrato sia un quartiere di Roma. Ma dopo il viaggio in calesse capisce, e all’arrivo al caseggiato piange disperata. Non ci vorrà però molto a farla ricredere e innamorare di quei luoghi e della sua povera gente.

Da quel caseggiato si trasferiranno nell’alloggio della nuova infermeria (vecchio ospedale) e dopo la costruzione della città in un appartamento, in Corso Vittorio Emanuele III (Corso della Repubblica) angolo Piazza Savoia (Piazza San Marco), al piano terra della palazzina di fondazione progettata dall’urbanista Oriolo Frezzotti. Finita l’emergenza della malaria al dottor Rossetti daranno l’incarico di organizzare tutti i servizi sanitari. Nella sua intensa vita lavorativa sarà anche presidente della Croce rossa, del Consorzio Agrario e del CNEL consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.

1938 Piazza XXIII marzo (Piazza della Libertà), la famiglia del dottor Rossetti al completo, da sx la moglie Mary, la figlia Annamaria e a dx la figlia Rossana

L’incontro con Rossana Rossetti Busco

Grazie a Susanna Busco, nipote del dottor Vincenzo Rossetti, che conosco da una vita, sono riuscito a incontrare la mamma, Rossana Rossetti Busco, classe 1928, l’unica testimone del tempo. Da bambina ha vissuto nella palude insieme a suo papà Vincenzo, la mamma Mary e alla sorella maggiore Annamaria. Nell’incontro, ci sono anche Sabina Busco, sorella di Susanna, e il cugino Riccardo Castelli, tutti molto legati alla storia del loro nonno. La sala è molto grande e favorisce il distanziamento fisico, anche se la signora Rossana soffre questa situazione. È una ex professoressa del Liceo Scientifico G.B. Grassi, ama conversare e ci vorrebbe più vicini.

Signora Rossana che ricordi ha della palude?

Ero molto piccola, ma ricordo nitidamente il silenzio del giorno e il buio assoluto della notte. La palude, pur spettrale, era terribilmente affascinante. Una notte mi pizzicò una zanzara e mio padre chiuse tutti gli spirargli per non farla fuggire. Non si riusciva a trovare, ma alla fine la intrappolò in un bicchiere e quando si accertò che non fosse un’anopheles tirò un sospiro di sollievo

Cosa accadde quando arrivarono gli operai per la bonifica?

 Finì la tranquillità, il buio non fu più buio assoluto e il silenzio non fu più il silenzio della palude. Mia madre ebbe paura e non ci fece più giocare fuori casa, perché diceva che in mezzo a quelle migliaia di persone avrebbero potuto esserci malintenzionati

Ricorda l’inaugurazione di Littoria?

Ho vaghissimi ricordi, però c’è un aneddoto che mio padre mi raccontava spesso, quel 18 dicembre si raccomandò con mia madre di non offrire il caffè a nessuno, invece lei la prima cosa che fece appena vide Benito Mussolini gli chiese se volesse un caffè, lui accettò subito e la casa sì riempì di persone. Per lei l’ospitalità era sacra”

 E di suo padre cosa mi dice?

Mio padre era un uomo mite, adorava il suo lavoro e questa città che aveva visto sorgere dal nulla, dove avrebbe potuto fare anche affari d’oro. Pensi che un giorno tornò a casa raggiante dicendo a mia madre che aveva fatto un vero affare, lei gli chiese se avesse comprato un terreno, lui rispose di sì, ma per il Consorzio Agrario, mia madre scosse la testa in segno di rassegnazione. Non l’ho mai visto arrabbiato, solo una volta alzò la voce, era al telefono con Giulio Andreotti, e alla fine riattaccò sbattendo il telefono. Lo fece perché gli aveva chiesto di accorpare il Consorzio Agrario di Latina con quello di Frosinone. Lui si rifiutò e successivamente quello di Frosinone fallì. Mio papà venne a mancare nel 1974 e da quel giorno mia madre si sedette su una poltrona e non si alzò più fino al resto dei suoi giorni. Il loro è stato un grande amore

So che avete fatto stampare la quinta edizione del libro di suo padre nel 2018

 Sì, nell’ultima abbiamo cercato di replicare fedelmente la prima edizione del 1937, perché nella seconda, fatta ristampare da mio padre nel 1972, il titolo venne censurato, perché il nome di Littoria non doveva comparire. Vennero omesse le frasi che facevano riferimento al fascismo, il titolo divenne “Nostra terra pontina”. Nelle ultime due edizioni è stato ripreso il titolo originale e i colori di copertina. Ho voluto fortemente donare una copia del libro a tutte le scuole di Latina, nella speranza che lo facciano leggere ai giovani per il recupero delle nostre radici e della nostra identità. Per il momento solo una classe del Liceo Artistico vi ha lavorato sopra, gli studenti hanno eseguito delle bellissime opere. Tutto questo è stato possibile grazie al supporto della direttrice del Museo della Terra Pontina Emanuela Francesconi e di tutto il suo staff. Un’ultima cosa vorrei dire: se il liceo scientifico è intitolato a Giovan Battista Grassi è grazie all’indicazione data da mio padre, perché il dottor Grassi dedicò molti studi della sua vita alla malaria

Nessun altro medico era durato più di qualche mese nell’infermeria delle paludi pontine, tutti fuggiti via, poi arrivò il dottor Rossetti:

Ringrazio il destino per aver dato a me, fra tanti, la rara ventura di assistere, fin dall’inizio a quella che è stata chiamata l’Epopea Pontina e che io ho cercato di far conoscere nei suoi particolari, ma soprattutto nell’intima sua bellezza, che è poesia del lavoro

Dalle note del libro di Vincenzo Rossetti.

A Vincenzo Rossetti è intitolata un’importante via di Latina, quella che costeggia il mercato del martedì.