Leonardo Di Giovine, nove anni al fronte per poi morire a Littoria sotto un colpo di cannone

Leonardo Di Giovine, nove anni al fronte per poi morire a Littoria sotto un colpo di cannone

6 Marzo 2022 0 Di Emilio Andreoli

Il vento della guerra soffia sempre più forte e anche se non stiamo vivendo in prima persona la battaglia che infuria in Ucraina, con i mezzi di comunicazione che abbiamo oggi, riusciamo a percepire il disastro. Ogni giorno, i cronisti coraggiosi ci accompagnano nelle città distrutte e nei rifugi, dove i civili cercano di salvare la propria vita. Dopo tutte le immagini che scorrono in tv, mi sto rendendo ancora più conto di quello che hanno vissuto i nostri genitori nella seconda guerra mondiale. Io da narratore vado in cerca di testimoni, per farmi raccontare di Littoria quando venne attaccata dal mare dalle truppe angloamericane. In quell’attacco morirono molti civili, uno dei primi fu un dipendente della prefettura, Leonardo Di Giovine.

Quello a cui stiamo assistendo in questi giorni, attraverso i mezzi di comunicazione, è uno scenario che avevamo visto solo nei film o nei filmati veri, in bianco e nero, dell’Istituto Luce, ma le immagini di oggi sono colorate di rosso sangue e ci fanno più paura perché del nostro tempo. Mio figlio, che ha tredici anni, generalmente quando si sveglia la mattina, prima di andare a scuola, accende il telefonino e si guarda i video dei suoi influencer preferiti, ma da quando è iniziata la guerra guarda la tv e ascolta preoccupato le notizie del telegiornale. I nostri ragazzi, dopo pandemia e guerra, avranno serie ripercussioni psicologiche.

È un po’ che vi sto raccontando la guerra vissuta nella nostra città, vicinissima al fronte, dopo lo sbarco di Anzio e Nettuno. Sono storie che sto raccogliendo da chi ha vissuto quel triste periodo, per dare memoria a chi ha perso la vita nelle strade di Littoria, colpevole solo di essere capitato nel momento e nel posto sbagliato. C’è chi lo chiama destino, e nel caso della storia che vi sto per raccontare credo proprio si tratti di destino. La cara amica Giusi, sapendo della mia ricerca, mi ha messo in contatto con una sua vicina di casa, Marilena Di Giovine, che perse il papà colpito da un colpo di cannone arrivato dal mare.

La storia di Leonardo Di Giovine e il destino senza sconti

Leonardo Di Giovine nasce in Puglia, a Bovino in provincia di Foggia, il 25 giugno del 1891. Suo papà ha l’appalto dell’ufficio del telegrafo che lui frequenta e dove, già da bambino, inizia a fare pratica con quello strumento di comunicazione. Inoltre studia anche con buoni profitti. Dopo il liceo classico inizia a lavorare a tempo pieno con il padre, ma il nuovo secolo non sta partendo con buon auspici. Si vocifera sempre più di una guerra e infatti il 29 settembre del 1911 l’Italia dichiara guerra alla Turchia, per conquistare le regioni nordafricane della Tripolitania e della Cirenaica, conosciuta come guerra di Libia.

Leonardo viene chiamato alle armi e mandato di nuovo al fronte come telegrafista, grazie all’esperienza fatta nell’ufficio del padre. La guerra è relativamente breve, termina nell’ottobre del 1912. Ma Leonardo non viene congedato perché è imminente un’altra guerra, la prima guerra mondiale, che durerà tre lunghi anni. Leonardo sarà mandato sempre al fronte e parteciperà anche alla battaglia di Caporetto dove all’esercito italiano verrà inflitta una delle più grandi disfatte. Morirono quarantamila soldati italiani e trecentosessantacinquemila furono fatti prigionieri.

la data dell’11 novembre del 1918 sancirà la fine della prima guerra mondiale e la vittoria dell’Italia sull’Impero Austroungarico. Leonardo, fortunatamente è ancora vivo, e viene congedato nel 1919. Dopo aver passato tutta la sua giovinezza al fronte, torna finalmente a vivere la normalità della sua terra. Viene assunto nella prefettura di Foggia e conosce Giulia, anch’ella di Bovino. Dopo essersi sposati nasceranno Ester, Elia, Elena e Anna. Elena morirà a quindici mesi di meningite. Giulia a Foggia non si trova bene per via del clima, troppo freddo d’inverno e troppo caldo d’estate, così Leonardo chiede il trasferimento.

Leonardo Di Giovine con la moglie Giulia

Gli viene offerta la possibilità di scegliere tra tre città: Verona, Firenze e Littoria. La scelta ricade su quest’ultima perché più vicina al suo paese di origine, dove vive ancora la madre. A febbraio del 1935 si trasferiscono a Littoria dove si ambientano subito. Oltre a lavorare in prefettura, come impiegato amministrativo, Leonardo continua a coltivare la passione per la musica, suona l’organetto, e così ha la possibilità di frequentare nuovi amici. Tra questi, il direttore della banda musicale di Littoria, il maestro Giovanni Orsomando, uno dei maggiori compositori di musica da banda, papà di Nicoletta, che diverrà una delle prime presentatrici della Rai.

La vita a Littoria scorre tranquilla e Leonardo e Giulia sono contenti della loro scelta. Nel 1940 nasce la loro ultima figlia, Marilena, ma l’Italia dopo la campagna d’Africa, 1935/36, sta entrando di nuovo in guerra e Leonardo viene richiamato dalla difesa contraerea, ma in effetti rimane a lavorare in prefettura. Passano quattro anni, ma fortunatamente a Littoria non si è ancora visto molto della guerra, però la flotta angloamericana sta per sbarcare sulle coste e il destino di Leonardo è dietro l’angolo.

25 gennaio del 1944: sono le due del pomeriggio e Giulia ha preparato il pranzo, ma Leonardo viene chiamato dalla prefettura e, come sempre, ligio al suo dovere dice alla moglie che deve andare. Lei cerca di trattenerlo, ha paura perché sa che c’è stato lo sbarco e quel silenzio non la tranquillizza neanche un po’. Leonardo la rassicura dicendo che tornerà presto. Un saluto e poi scende le scale della palazzina INCIS dove abita in Piazza Dante, svolta l’angolo e si avvia in Piazza XXIII Marzo (Piazza della Libertà) verso la prefettura.

Sta attraversando la piazza, ci sono anche altre persone a quell’ora, Littoria è piccola e si conoscono un po’ tutti. Dopo un cordiale cenno di saluto tre boati squarciano ilsilenzio irreale della piccola cittadina. A terra rimarranno in tre, Leonardo e l’idraulico Antonio Ducale con il suo figlioletto Vincenzo. In altre parti della città moriranno altre nove persone. I cannoneggiamenti proseguiranno per tutto il giorno fino alla notte, quando sarà colpito anche il Palazzo M, e provocheranno altre venti vittime. Leonardo avrebbe potuto scegliere Verona o Firenze, scegliendo Littoria era andato incontro al suo destino.

La tomba di Antonio e Vincenzo Ducale, padre e figlio morti in Piazza XXIII Marzo il 25 gennaio 1944 insieme a Leonardo Di Giovine

L’incontro con Marilena e Elia Di Giovine, figlie di Leonardo

Marilena abita ancora nello stesso appartamento di quando la sua famiglia arrivò a Littoria, ma ricorda poco o niente di quel terribile gennaio del ‘44, perché aveva solo tre anni, quindi telefonicamente mi mette in contatto con Elia, sua sorella maggiore, che di anni ne aveva diciassette. Oggi ne ha novantacinque, ma ricorda tutto perfettamente.

Elia, come veniste a sapere della morte di vostro papà?

Eravamo tutte a casa quando sentimmo le esplosioni, una davanti al negozio di mobili del signor De Cesare, che stava sul lato opposto dei carabinieri, l’altra all’altezza della Banca d’Italia, dove venne colpito mio padre e un’altra ancora un po’ più giù, dove morirono i Ducale, padre e figlio. Dopo le esplosioni suonarono l’allarme e allora scappammo giù in cantina. Dopo un po’ venne l’ingegner Natale per avvisarci che mio padre era stato colpito e che purtroppo non c’era più nulla da fare

L’allarme lo suonarono dopo le cannonate?

Sì, lo suonarono dopo. Il colpi di cannone non erano stati previsti e purtroppo furono fatali. Con gli aerei era diverso, quando venivano intercettati dalla contraerea suonava l’allarme e avevi il tempo di correre nei rifugi

I giorni seguenti come andarono?

 Rimanemmo venti giorni in cantina, senza mai uscire. La signora del piano terra mise a disposizione la sua cucina per cuocere quel poco che avevamo. Fortunatamente c’era il dottor Vito Fabiano che girava per le campagne e ogni tanto ci portava un po’ di carne

E dopo i venti giorni?

 Sfollammo a Roma, ma non ci accolsero molto bene. Nessuno si interessò a noi. Per mangiare occorreva la tessera, ma la davano solo ai romani. Mi presero a lavorare in Campidoglio proprio nell’ufficio dove le consegnavano e neanche a me la diedero, perché avevo la residenza a Littoria

E dove dormivate?

 Avevamo dei parenti a Roma, ma dopo qualche giorno manifestarono insofferenza e allora decidemmo di andarcene. A mia madre venne in mente la famiglia del maestro Orsomando che nel ’37 si era trasferita da Littoria a Roma, mio padre era rimasto molto legato con il maestro. Ci accolsero molto bene, furono veramente solidali, noi però per non dare disturbo uscivamo la mattina alle otto e tornavamo dopo le sei del pomeriggio

Veniamo ai giorni nostri, cosa ne pensa di quello che sta succedendo in Ucraina?

 Da quando è scoppiata la guerra cerco di non vedere la televisione, troppo doloroso per me che ho vissuto l’adolescenza nella guerra. Non ho dimenticato nulla di quel periodo

Il maestro Giovanni Orsomando direttore musicale della banda di Littoria, amico di Leonardo Di Giovine

Orgoglioso della generosità degli Orsomando, parenti della mia famiglia. Mia nonna materna era cugina di Nicoletta, la prima presentatrice della Rai, entrambe nate a Casapulla in provincia di Caserta. La famiglia Di Giovine dopo la fine della guerra tornò a Littoria. La città era allo sbando. Come tanti appartamenti anche il loro era stato ripulito dai ladri. Non c’era nessuna autorità, l’unico punto fermo era rimasto il parroco, un piccolo grande uomo, Don Carlo Torello, che si caricò un’intera comunità. Poi dici i preti…