Enzo Lisi si racconta: la pittura tra passione e carriera

Enzo Lisi si racconta: la pittura tra passione e carriera

10 Marzo 2022 0 Di Fatto a Latina

L’Artista pontino Enzo Lisi si racconta: la pittura, tra passione e carriera

di Serena Ciammaruconi

Foto dell'artista Enzo Lisi

L’artista Enzo Lisi

Oggi vi presentiamo Enzo Lisi, artista pontino con un consolidato percorso culturale che lo ha portato prima all’insegnamento e poi a sperimentare con la sua passione: la pittura.

Nato a Sezze nel 1952, Enzo Lisi ha insegnato Discipline Pittoriche dal 1974 al 2017 presso il Liceo Artistico di Latina. Nel 1994 ha realizzato la prima mostra personale “Zona riemozione” alla Galleria Romberg. Qui stabilisce le coordinate della sua ricerca. Inizia ad indagare la realtà con la lente duchampiana e lo spirito Zen.

Come è nata la tua passione?

«Non saprei indicare con precisione come mi sono appassionato alla pittura.» Ci racconta Enzo Lisi. «Quando frequentavo la scuola media a Genova-Pegli disegnavo molto, incoraggiato dai miei insegnanti. Mi sono poi trasferito a Saint Vincent, in Val d’Aosta. Passavo molto tempo con il mio amico Mario in cantina: io a dipingere, lui a suonare e scrivere poesie. Avevamo una visione un po’ troppo romantica e ingenua dell’arte. Credo che questa voglia sconclusionata di esprimersi sia stata la spinta iniziale. Fortunatamente, nel tempo, grazie a incontri straordinari, alle letture e alle numerose mostre e musei visitati, la “passione” ha preso una forma più chiara. Feci una durissima battaglia contro i miei genitori per frequentare il Liceo Artistico: loro avrebbero preferito una scuola che offriva sbocchi lavorativi più sicuri».

Quando ha capito di poter fare trasformare la passione in una futura carriera?

«La frequentazione del Liceo Artistico di Latina è stata determinante. Erano gli anni ‘70 e in quella scuola insegnavano artisti giovani e affermati: Carmen Gloria Morales, Ugo Sartoris, Claudio Cintoli, Renzo Gallo, Mauro Iori e Edolo Masci. Fu lì che avvenne la mia trasformazione. Aver potuto lavorare nello studio del mio insegnante Claudio Cintoli a Roma, mi ha permesso di avere contatti con il mondo dell’arte».

Utilizza tecniche specifiche?

«La tecnica è funzionale all’idea. Dipende dal concetto che la mente insegue: ovvero il processo creativo più efficace per esprimerlo. Oggi si possono usare un’infinità di tecniche, dalle tradizionali fino a tecniche che contemplano nuovi materiali e tecnologie più avanzate: la fotografia digitale e il computer. Il mio lavoro inizialmente è stato caratterizzato prevalentemente dalla pittura a olio, dai pastelli e dalle matite. In seguito, per esigenze legate al processo creativo, ho utilizzato la fotografia e il computer».

Opera di Enzo Lisi: Gaia

Opera di Enzo Lisi: Gaia

Opera di Enzo Lisi: Ombroso Silenzio

Opera di Enzo Lisi: Ombroso Silenzio

Ha inventato tecniche nuove poi usate nelle sue opere?

«Mi è capitato di inserire materiali diversi da quelli tradizionali: metallo, oggetti, legno, smalti, silicone, stoffe, ecc. Per assemblarli si deve ricorrere a tecniche mai usate, anche da inventare. La cosa più interessante è stata l’invenzione del processo creativo, che ha portato alla realizzazione di una serie di quadri a olio su tela, raccolti in due mostre: “Silenzio” e “Osservatorio segreto”».

Chi considera come padre spirituale?

«Il punto di riferimento sono gli artisti surrealisti, dadaisti, concettuali, new dadaisti, la Pop art e figure contemporanee come Joseph Cornell, Mark Rothko, Pino Pascali, Christian Boltansky, Claudio Parmiggiani. La figura però che mi ha illuminato, è Marcel Duchamp. Un artista responsabile del cambiamento più radicale nell’arte. Ha azzerato e ridefinito in modo puntuale la vera natura dell’arte che punta a scardinare le rigide logiche del pensiero. Apre le menti a una visione più ampia e creativa del mondo. Non è l’abilità manuale del pittore il motore creativo, ma l’idea!»

Un Artista locale che apprezza?

«Ho rispetto per gli artisti del nostro territorio, anche perché lavorare in provincia richiede molta forza di volontà. Voglio ricordare il lavoro di due bravissimi artisti, recentemente scomparsi: Enzo Natilli e Oscar Netto, diversi nelle loro scelte formali ma molto rigorosi nella loro ricerca artistica. Enzo Natilli ha lavorato con una professionalità e una capacità creativa notevole, raggiungendo livelli molto elevati nell’uso di una tecnica difficile e delicata come l’acquerello. Oscar Netto è stato un astrattista molto attento alla ricerca della resa cromatica dei materiali e alla sperimentazione di nuovi processi creativi».

Che cosa ha dato il suo lavoro come insegnante alla sua arte?

«L’insegnamento è una professione che ritengo fondamentale. Credo che l’insegnante debba andare oltre il recinto strettamente disciplinare in cui molti si nascondono. È importante mostrarsi per come si è realmente, senza trucchi: è per questo che insegnare è molto difficile. Credo che sia stato come sottoporsi a sedute di psicanalisi. Normalmente tendiamo a trincerarci dietro certezze che ci costruiamo nel tempo, come fossero chiodi di sicurezza e su questi ci appendiamo per paura di cadere. I miei “allievi”, con le loro diversità, mi hanno impedito di stare troppo attaccato a quei chiodi. I ragazzi sono spietati. La loro intelligenza, la loro stupidità, la loro furbizia, la loro ingenuità, danno forma a uno specchio che mette a nudo, e insegna a non barare. Spesso il problema degli insegnanti è essere bravi “allievi”. Tutto questo chiaramente ha influito sul mio modo di riflettere ed elaborare le idee a cui stavo lavorando».

C’è una mostra o un’opera a cui è legato particolarmente?

«Le proprie creazioni sono tutte importanti perché sono un tassello della propria anima. Forse il lavoro di “Ombroso Silenzio” è quello a cui ho dedicato più tempo nella elaborazione teorica. Mi ha coinvolto intimamente. I bellissimi testi che presentavano la mostra sono stati scritti da Anna Eugenia Morini e Daniele Fiacco. Apparentemente le opere di questo lavoro sembrano scostarsi dalle precedenti, ma in realtà ne sono una conseguenza. Ho quasi sempre usato lo strumento fotografico per ottenere immagini-bozzetto che poi diventavano pittura, anche senza inquadrare, per ottenere immagini casuali di scorci urbani abitati da sole ombre. Stimolato dalla rilettura di un testo bellissimo di Roland Barthes, La camera chiara, ho osservato delle vecchie foto in bianco e nero di famiglia, l’ho fatto con lo stesso spirito che Barthes suggerisce nel suo sottile scritto. Ho scelto le immagini che mi “pungevano”, erano volti dallo sguardo magnetico e mi si rivelavano come ombre».

Cosa vorrebbe comunicare attraverso le sue opere?

«Quando realizzo un’opera non è mia intenzione comunicare qualcosa o dare un preciso messaggio. Il mio intento è creare delle epifanie, far nascere delle questioni. Mi interessa creare delle problematiche, non mostrare soluzioni che riguardano solo la mia sfera personale. Indagare territori più ampi, più universali. L’opera deve agire su più livelli e presentare degli inciampi o cortocircuiti interpretativi. Chi osserva l’opera deve interagire con essa e assaporare il gusto della scoperta. Cerco di elaborare delle immagini rebus, degli imballaggi che bypassino la parte razionale del pensiero e arrivino direttamente a toccare le corde della coscienza. A tale proposito mi piace ricordare un episodio accaduto a Milano in occasione dell’evento “Parete Bariatti” in cui esponevo una mia opera (dispersore19252). Il poeta Aldo Nove e lo scrittore Marco Peano presentavano il loro lavoro ispirato dalla mia opera esposta. In quell’occasione Aldo Nove, che aveva scelto di scrivere una poesia sul mio dipinto, mi confessò di aver scelto quell’opera non perché la ritenesse bella ma perché gli creava dei “problemi”».

Opera di Enzo Lisi: Darger olio su tela

Opera di Enzo Lisi: Darger – Olio su tela

Cosa significa essere pittore nella nostra epoca?

«Bisogna tener presente che la figura del pittore oggi è molto cambiata, ha assunto valenze assai diverse da quello che si intendeva tradizionalmente. Nel tempo questa figura ha subito varie trasformazioni legate ai profondi e continui cambiamenti della realtà che ci circonda. Oggi è in atto una nuova mutazione del fare pittorico: la molteplicità dei nuovi materiali, la contaminazione dei linguaggi artistici e soprattutto le nuove tecnologie e internet stanno producendo nuovi sistemi di vita, nuove problematiche sociali e nuovi processi creativi. La figura che ancora chiamiamo “pittore” deve fare i conti con nuovi concetti legati alle mutazioni relazionali, alla smaterializzazione della realtà che ci spinge sempre più al virtuale. È chiaro quindi che strumenti come la tela, colori a olio, tempere, non sono sufficienti a raccontare e interpretare questo mondo assai diverso dal passato. La scelta degli strumenti espressivi adeguati diventa determinante per un lavoro in sintonia con la nostra complessa realtà».

 

Termina qui la prima parte della nostra intervista all’Artista Enzo Lisi.
Ci rivediamo domani per la seconda parte.