Roberto Renzini & Marco Rendicini: il “Vicolo Cieco”

Roberto Renzini & Marco Rendicini: il “Vicolo Cieco”

13 Marzo 2022 0 Di Emilio Andreoli

Ci sono meteore così luminose destinate a lasciare un segno indelebile, e a continuare a brillare nei ricordi anche quando spariscono. Sono meteore così brillanti che si confondono con le stelle. Quelle stelle che se le guardi, nelle notti estive, ti riportano con la mente sulla spiaggia del tempo andato e senti in lontananza arrivare una musica che si fa sempre più intensa, forse un pezzo blues, jazz o disco. Fate voi, i ricordi sono vostri, ma il luogo è di tutti noi che abbiamo veduto e vissuto quella meteora… Allacciate le cinture che vi porto indietro di trent’anni, quando Rio Martino si prese il suo riscatto e divenne Santa Cruz. Ecco! Siamo arrivati sulla spiaggia del “Vicolo Cieco”.

 -Leggerezza, ho bisogno di leggerezza, di raccontare qualcosa che mi faccia volare sopra questi tempi pesanti- Questo è stato il pensiero principale di questa ultima settimana. Per addormentarmi cerco sempre nella mia libreria dei ricordi, quelli belli però, quelli che mi accompagnano al sonno con serenità. Qualche sera fa, mi sono tornate in mente le mie notti spensierate e ho cercato di ricordare tutti i locali che ho frequentato negli anni ottanta e novanta, quando Latina me la sono divorata. Il mio pensiero si è soffermato su un locale che ha fatto storia, nonostante sia durato solo quattro anni: il “Vicolo Cieco”.

Il palco del “Vicolo Cieco”

Come può un locale, durato solo quattro anni, rimanere nella storia? Proverò a dire la mia: sicuramente l’originalità, si faceva musica live di alto livello e si ballava sulla spiaggia. Quel luogo, di notte, emanava un fascino molto particolare, e il nome poi, secondo me fu geniale. Avrebbero potuto chiamarlo “Strada Interrotta”, ma credo che l’impatto sarebbe stato notevolmente diverso. Inoltre al “Vicolo Cieco” c’era l’incontro tra più generazioni, cosa rara in altri locali.

Roberto Renzini e Marco Rendicini, gli ideatori del “Vicolo Cieco”

Gli ideatori del locale sono due ragazzi poco più che ventenni, Roberto Renzini e Marco Rendicini che sono accomunati da diverse passioni, la musica, l’arte, lo spettacolo… Si conoscono sin da bambini e sono stati anche compagni di scuola, una grande amicizia la loro nonostante caratteri diversi. Roberto pragmatico con ottime doti imprenditoriali e Marco visionario e creativo. Amano anche viaggiare e lo fanno spesso insieme. Adorano l’America, soprattutto la California. In quei lunghi viaggi, oltreoceano, assorbiranno molto da quelle situazioni vissute insieme.

Una sera tornando da San Francisco si fermano a Santa Cruz, piccola cittadina sul mare, e notano un falò sulla spiaggia vicino a una baracca, dove dei surfisti ascoltano musica live e ballano. È lì che scatta qualcosa nella loro mente. È solo un’idea che si trasforma in un sogno: portare quell’esperienza nella loro città che di spiaggia ne ha tanta. Quel sogno si realizzerà all’inizio dell’estate del 1992. Trovata la baracca, sabato 27 giugno inaugurano il “Vicolo Cieco” e Rio Martino diverrà la loro California.

Per l’inaugurazione girano Latina per spargere la voce, i cellulari sono ancora rari e non resta altro che sperare nel passaparola. A due ore dal concerto di apertura, gli auspici non sono dei migliori. Alla “Blue Stuff”, band napoletana che deve tenere a battesimo il locale, mancano due componenti del gruppo. Ma i due ragazzi non si perdono d’animo e chiamano Roberto Segala, bravo batterista di Latina. È tutto pronto, il parcheggio antistante si riempie e il concerto è un vero successo. L’avventura è partita.

Uno dei tantim concerti jazz al “Vicolo Cieco”

Al “Vicolo Cieco” in quattro anni, da pasqua a settembre, passeranno musicisti e cantanti di grande livello, alcuni all’inizio della loro carriera, come Giorgia, Marina Rei, i Sottotono, Latte e i suoi Derivati di Lillo e Greg, ma anche artisti navigati come Enzo Avitabile, Gegè Telesforo, Rick Hutton e tantissimi big del jazz e del soul, senza disdegnare le band locali. Il “Vicolo Cieco” ha così tanto successo che ogni sera il traffico dalla Pontina, passando per Borgo grappa, fino ad arrivare a Rio Martino impazzisce. Impossibile trovare parcheggio sulla sponda del lungo canale. Molti lasciano le auto al borgo e lo raggiungono a piedi.

Il “Vicolo” appare come una magia, di giorno è solo una bettola, la notte si trasforma come Cenerentola e accoglie migliaia di persone. Luci, spiaggia, odore di mare, luna, stelle e tanta musica, sono gli ingredienti perfetti per una indimenticabile estate. C’è addirittura qualcuno che arriva con la canoa, attraversando l’imbocco del porto canale di Rio Martino. Gemellato in seguito con Umbria Jazz e Pistoia Blues, grazie alla popolarità acquisita, il pubblico diventa nazionale. Il “Vicolo Cieco” va a finire anche sull’inserto “Musica” di “Repubblica” come il locale più gettonato della provincia di Latina.

Ma va a finire anche nell’occhio del questore di Latina che per gli ingorghi del traffico decide di ordinare la chiusura, e sospende la licenza per problemi di ordine pubblico. Ma Roberto e Marco non mollano e annunciano una petizione, rafforzata dalle dirette radiofoniche di alcune emittenti della provincia. Alla fine il questore per la disperazione farà riaprire il locale per la gioia di tutti. Il “Vicolo Cieco” è giunto al quarto compleanno, quattro anni fantastici per entrare nella storia. Nel 1996, al culmine di una stagione ai massimi livelli, la decisione di cederlo per altre sfide, lasciando però in quella baracca un pezzo di cuore.

Il numeroso pubblico del “Vicolo Cieco”

Roberto e Marco si raccontano

Il gancio è il mio amico Lallo dj, è lui che mi mette in contatto con i due ex ragazzi prodigio di Latina, l’incontro avviene al Caffè degli Artisti di cui Roberto è il proprietario. Ora hanno superato i cinquanta, ma appena nomini il “Vicolo” i loro occhi sbrilluccicano di felicità e commozione, e il tempo sembra non essere mai passato.

Roberto raccontami come è nata la decisione di aprire il “Vicolo Cieco”

Lavoravo a Londra in quel periodo, ma i miei non erano contenti di quella lontananza, volevano farmi tornare a tutti i costi, così mio padre mi disse che c’era l’opportunità di prendere un locale sulla spiaggia a Rio martino, all’inizio della strada interrotta. La cosa mi piaceva e decisi di prendere l’aereo e vederlo di persona. Quando mi portarono lì rimasi scioccato, era un rudere con il tetto mezzo crollato. Con me c’erano mio padre e mio cognato che dissero di non preoccuparmi perché avrebbero pensato loro a sistemarlo. Lo fecero a tempo di record, in quindici giorni lo rimisero in piedi

Chi decise il nome del locale?

 In quei frenetici giorni chiamai ovviamente Marco e i miei amici più stretti. In una di quelle sere sorseggiando una birra Franco Macchiarulo disse: “Chiamatelo vicolo cieco, visto che tutto termina lì”. Quel nome mi piacque subito

Nel frattempo è arrivato anche Marco, lui lavora in banca da quando aprirono il “Vicolo Cieco”, poi si è sempre dedicato allo spettacolo.

Marco tu eri il direttore artistico del Vicolo, tra l’altro lavoravi anche in banca, come riuscivi a conciliare i due lavori?

 Dormivo pochissimo, almeno una notte la dedicavo a preparare la programmazione settimanale. La locandina, con il logo creato da Marco Ragonese detto Rago, la scrivevo tutta a mano. Poi c’erano le serate da gestire e si faceva sempre l’alba, quando andavamo a raccogliere le varie bottiglie e tutti quelli che si erano addormentati sulla spiaggia, perché il passaggio del trattore era imminente e qualcuno poteva rischiare di rimanerci sotto. Alla fine andavo a lavorare in banca

Una delle tante locandine scritte a mano da Marco Rendicini

Come spieghi l’enorme successo di quella baracca alla fine di una strada chiusa?

La nostra voglia di fare, il garbo di una volta, la novità di un’offerta mai proposta nella nostra zona, ma anche la nostra tolleranza verso chi la birra se la portava da casa. Insomma il successo è stato un insieme di cose. Però devo aggiungere anche le difficoltà iniziali per portare i musicisti più famosi. Ricordo ad esempio Enzo Avitabile, arrivato al vicolo, in quel piazzale pieno di buche, ci disse: “Ma dove cavolo mi avete portato?!” Per calmarlo lo portammo a mangiare a Sabaudia. Poi si convinse a fare il concerto e si divertì moltissimo, suonò anche più del dovuto

Una parola sul vostro pubblico?

Avevamo un pubblico eccezionale, venivano da tutta Italia. Era frequentato anche da villeggianti stranieri. Con orgoglio rivendico una cosa: da noi non facevano le risse, ma facevano l’amore in spiaggia. Capitava nelle stagioni successive di vedere ragazze con il pancione o con la carrozzina

Dopo i concerti ricordo che si ballava, sbaglio?

 No non sbagli, solitamente c’era il dj Francesco Dimar che faceva ballare la gente sulla spiaggia fino a notte fonda. Vorrei spendere una parola sul fonico, il nostro amico Aldo Urzola che non aveva mai fatto quel lavoro, diventò bravissimo

Il pubblico di una delle tante serate musicali al “Vicolo Cieco”

Roberto, come mai decidesti di cedere il locale?

Mi ero stancato di fare quella vita, considera che da pasqua a settembre mi trasferivo lì, dormivo nel camerino degli artisti. Mi occupavo della cucina, della sala, delle pulizie fino all’alba, anche se avevo circa quaranta persone che lavoravano per il “Vicolo”. Poi avevo conosciuto, in una di quelle serate, una ragazza di Roma che aveva casa a Sabaudia, quando lei lo disse al padre mi mise dietro un detective privato per capire da dove venissi e cosa facessi. Io provengo da Campo Boario, insomma non avevo un bel biglietto da visita. Lei si era già laureata, io avevo smesso di studiare per dedicarmi solo al lavoro, quando il padre venne informato che lavoravo dalla mattina alla sera diede il suo beneplacito. Quindi decisi di cedere il “Vicolo” anche se con molto rammarico, un pezzo di cuore l’ho lasciato lì. Poi mi sposai con quella ragazza e ora abbiamo i figli grandi che mi aiutano nel bar

E il vicolo che fine fece?

Durò un altro anno e poi prese fuoco, lo lessi una mattina sul giornale e mi venne un groppo alla gola. Di quegli anni voglio ricordare le varie amministrazioni di Sabaudia con le quali non abbiamo mai avuto problemi perché la sponda di Rio Martino, dove stava il Vicolo, appartiene al comune di Sabaudia. Comunque dopo quell’esperienza, per vari anni ho gestito anche uno dei chioschi proprio acanto a Rio Martino, lo feci per stare più vicino possibile a quella baracca che non ho mai dimenticato. Quest’anno ricorrono i trent’anni da quell’inaugurazione

Ringrazio Roberto e Marco per avermi donato un po’ di leggerezza e spero di essere riuscito a trasmetterla, a mia volta, a chi ha avuto la pazienza di leggermi fin qui.