Pino Maggiore, due chiacchiere con un irriducibile del giro di Peppe

Pino Maggiore, due chiacchiere con un irriducibile del giro di Peppe

3 Aprile 2022 2 Di Emilio Andreoli

I luoghi della giovinezza sono sicuramente quelli che ci rimangono più impressi. Basta tornarci, o solo passarci, per rivivere alcuni di quei momenti di serenità, e speranza, che hanno fatto parte della nostra vita. Capita di vedere i ragazzi di oggi frequentare gli stessi luoghi che abbiamo frequentato in gioventù e, diciamo la verità, un po’ di invidia la proviamo. E allora scatta subito il paragone. Qualcuno direbbe: “Eravamo meglio noi!” ma il confronto è impossibile. Io invece dico: “Meglio la gioventù, di qualunque epoca essa sia” il bello è ascoltarne le storie. Sono sempre stato affascinato dagli anni sessanta e quando incontro qualcuno della generazione precedente alla mia, mi viene spontaneo approfondire quel periodo storico divenuto leggendario. Così è stato con Pino Maggiore, l’irriducibile del giro di Peppe.

Nella mia giovinezza ho frequentato molti luoghi di Latina, quindi passeggiare per le vie del centro per me è tutta una nostalgia. Se vado al Palazzo M rivedo i miei quattordici anni, se passo davanti alla gelateria Polo Nord e in Piazza della Libertà mi ritrovo adolescente con il motorino. In Piazza San Marco la giovinezza a bordo della mia prima macchina. Ma a volte in quei luoghi, ritorno di proposito, perché i ricordi di gioventù mi aiutano a tenere allenata la memoria e tenere lontana l’ansia del tempo che passa.

Chi segue i miei scritti sa che oltre ai ricordi adoro i racconti. Mi piace ascoltare le storie e i periodi che non ho vissuto, soprattutto l’altrui giovinezza. Quando scrissi il libro su “Biscotto”, il ragazzo simbolo degli anni sessanta di Latina, mi affidai alle memorie dei suoi amici, tra questi Pino Maggiore. Pino è facile incontrarlo: tutte le mattine dalle 9:00 alle 11:00 si trova nel suo quartier generale, tra il bar Jolly e il bar Mimì. Lui è uno degli ultimi baluardi del primo struscio della città, il giro di Peppe, di cui è stato grande animatore.

Pino lo ricordo da quando ero ragazzo. Ogni domenica mattina si intratteneva con i suoi amici nel parcheggio di Piazza della Libertà, davanti al ristorante Impero: sempre con moto esagerate o una Land Rover piena di fari, a volte sporca di fango per qualche escursione fuoristrada. Da quel giro di Peppe non si è mai allontanato del tutto e quindi, sfruttando la sua memoria storica, mi sono fatto accompagnare con i suoi racconti nella Latina della “dolce vita”, quando il boom economico era all’apice e i ragazzi, nati nel dopoguerra, avevano iniziato a divertirsi.

Chi è Pino Maggiore

Pino Maggiore nasce a Catanzaro nel 1948, ma viene concepito dai suoi genitori a Latina, nell’albergo Italia in Piazza del Popolo. Il Papà Giorgio, dopo la guerra, si è congedato da radiotelegrafista e per questo trova impiego nelle poste di Latina. La mamma Adele, invece, è insegnante di scuola elementare. La città è ancora danneggiata dai bombardamenti e c’è carenza di abitazioni. Per un periodo la famiglia Maggiore dormirà nel palazzo delle poste, prima di andare ad abitare in un appartamento nelle palazzine di fronte lo stadio, in piazzale Prampolini, costruite appositamente per i dipendenti postelegrafonici.

Dopo le scuole medie frequenta l’Istituto Tecnico Vittorio Veneto” e si diploma geometra. Si iscrive poi all’università nella facoltà di architettura, senza arrivare mai alla laurea. Preferisce lavorare per avere l’indipendenza economica e apre un’attività in proprio come arredatore, collaborando con vari mobilieri della città tra cui, Cucchiarelli, Furlan e Moblart. Nella collaborazione con i commercianti di mobili viene a contatto con vari galleristi e, nel 1976, riempie tre container di quadri e parte per il Venezuela. Sa che in Sudamerica l’arte italiana ed europea è molto richiesta.

Quando arriva nessuno gli dà retta. Cerca di contattare il miglior critico d’arte venezuelano, ma niente da fare, non lo riceve. Ma Pino è italiano e si ingegna, in Italia funziona e immagina funzioni pure in Venezuela. E in effetti andrà così: manda al critico un catalogo con dentro due importanti litografie di Salvador Dalì e, magicamente, le porte si aprono all’istante… e gli affari vanno in porto, ma le due litografie di Salvador Dalì non le rivedrà più.

Con il ricavato dei tre container torna in Italia e apre un’agenzia di pubblicità, la ADP. Ad introdurlo nel settore pubblicitario sarà un amico, Carlo Fino, personaggio indimenticato della cultura di Latina. L’agenzia di pubblicità la condurrà fino ad arrivare alla pensione.

Due chiacchiere con Pino

Pino arriva al bar Jolly a bordo del suo scooter, svelando la sua anima da eterno ragazzo. Abbigliamento casual, la voce rauca di chi ha fumato per una vita, l’espressione di chi la sa lunga e ha dietro di se tanto vissuto, ma non dimostra la sua età. Molto disponibile a raccontare, anche se qualche segreto sono sicuro lo terrà per se.

Allora Pino sei immancabile al giro di Peppe, sei un’istituzione. Raccontami qualcosa di questo famoso giro

 Si faceva il giro per incontrare o conoscere le persone. Latina era tutta lì, in quello struscio. Se in senso orario non riuscivi a incontrare la persona che cercavi, bastava percorrerlo in senso antiorario. Le ragazze si approcciavano con gli sguardi mentre le incrociavi. Per le commesse invece, dovevi aspettare la chiusura dei negozi. Non esistevano le comitive, ci si fermava solo nei bar. Il primo che iniziai a frequentare fu il bar Giacomini che stava accanto al cinema. Poi passai al Mimì e dopo al Jolly

Chi erano gli amici con cui uscivi di solito?

 Federico Fautilli, Antonio Pennacchi, Giuseppe Venturi, Pippo Pitton, Mirella Acciai, Ines Della Valle. Era con loro che uscivo più frequentemente

Dicono che la gioventù di oggi è violenta, ma la vostra com’era?

Considera che andavo a scuola con un coltello a serramanico nella tasca, lo portavo per difendermi. C’erano quelli delle case popolari e del villaggio Trieste che appena si incontravano erano scintille, ma anche noi del centro non eravamo così bravi. I ragazzi di oggi sono come quelli delle generazioni precedenti. Adesso come allora, ci sono bravi e cattivi ragazzi, chi dice il contrario non ricorda il proprio passato

Pino Maggiore con il suo basso

So che hai un passato da musicista, quale strumento suonavi?

 Era il 1963, avevo quindici anni, ascoltai un brano dei Beatles e rimasi folgorato dalla loro musica. Il giorno dopo andai a vendermi il motorino per comprarmi un basso, in un negozio di Roma. Mio padre conosceva la musica e mi diede delle lezioni, e così imparai a suonare e a cantare

I Sakems al night 22/28, al centro Pino Maggiore (Foto Pino Bolognesi)

Suonavi in un gruppo?

 Sì, lo fondai io il gruppo, si chiamava “I Sakems”. È stata una delle prime band di Latina. Oltre me, era composta da Federico Fautilli, Peppe Lungarella e Maurizio Ricci. Poi a causa defezioni si aggiunsero Pipi Romano e Pino Bolognesi

E dove andavate a suonare?

I Sakems al Lilandà di Sabaudia
Foto di Pino Bolognesi

Suonavamo ovunque, nelle piazze dei paesi e nei vari locali che avevano aperto e continuavano ad aprire grazie al boom economico. La gioia e la speranza stava contaminando tutti

Nel frattempo è arrivato anche l’amico di Pino, Ghigo Fraiese, un altro irriducibile del giro di Peppe. Anche lui ha buona memoria e gli da una mano a ricordare la movida di quegli anni.

Pino, ricordi i nomi dei locali dove suonavate e dove si poteva anche ballare?

 Con l’avvento dei Beatles nacquero negli scantinati, uno dei primi fu “La Capannina” in via Giovanni Cena. Ovviamente suonavamo solo i pomeriggi del venerdì, del sabato e della domenica. Le ragazze la sera uscivano raramente e poi, suonando negli scantinati dei palazzi, dovevamo per forza suonare solo il pomeriggio. Comunque quel locale di ottanta metri quadrati ebbe un successo incredibile, si sparse la voce e ogni pomeriggio arrivavano centinaia di persone. Venivano spesso a fare le prove quelli dell’Equipe84, perché uno dei componenti era il cugino di un nostro musicista. Poi aprirono tanti altri locali dove andammo a suonare: il Poppy’s Club sotto Villa Mimì, il night club 22/28 sotto il grattacielo Pennacchi, il Re-Club sotto i nuovissimi palazzi Barletta e al mare all’hotel Fogliano

Sabaudia: il Capanno nella Baia D’argento era considerato il Piper estivo

Oltre i locali di Latina e le piazze dei paesi, suonavate anche altrove?

Ricordo una volta a Siena e poi in tanti locali romani. Nel 1967 andai via dai Sakems perché volevo cambiare tipo di musica, abbandonare il genere melodico per il rock, così entrai nel gruppo dei Lord’s. Suonammo anche al Piper e all’hotel Hilton.  Poi l’estate andavamo a suonare alla Baia D’argento, frazione di Sabaudia, dove c’erano il Capanno e l’Inferno, due locali molto frequentati e sul lungomare al Lilandà. Facevamo serate anche al Circeo dove andavano fortissimo la Stiva, la Bussola e a Punta Rossa, lo Chez Ninà che era il nome del cammello che stava nel giardino del locale

I “Lord’s, secondo gruppo di Pino Maggiore

Un aneddoto di quelle serate estive?

Una sera suonai con Toto Torquati, un grande tastierista romano cieco dalla nascita. Siccome non avevo il passaggio per tornare a Latina chiesi a lui e alla moglie un passaggio. Quando arrivammo alla macchina, con mio grande stupore, Toto si mise alla guida e la moglie sul lato passeggero. Prima di salire mi confessò che al marito piaceva guidare. Ovviamente lei fece da navigatore e io me la feci sotto per tutto il viaggio

I Quadretti: l’ultima band di Pino Maggiore

La tua avventura da musicista quando terminò?

Dopo otto anni indimenticabili terminai la mia avventura musicale con il gruppo i Quadretti, era il 1971. Poi mi dedicai solo al lavoro di pubblicista

 

Di gruppi musicali ne seguirono molti altri negli anni settanta e ottanta, ma questa è un’altra storia… Il giro della dolce vita e quello di Peppe termina qui, anzi no, prosegue ogni mattina tra il bar Jolly e il bar Mimì con Pino Maggiore e il suo amico Ghigo.