
Sezze, il campanile dei gesuiti e I712 sul codice fiscale
17 Maggio 2022Ogni uomo ha un vizio che lo farà cadere dice Francesco De Gregori nelle strofe di “il bandito e il campione”. Sarà che non ho mai digerito, non mi sono mai rassegnato, alla fine di affetti profondi che ricado a scrivere del posto dove sono nato e da cui, comunque, me ne sono andato e il tutto non avendone titolo alcuno se non questo nome che mi porto addosso e le cifre finali del mio codice fiscale I712 che indicano dove inizia il percorso di ciascuno. Quindi roba da psichiatri e commercialisti.
In ragione di follia e fisco scrivo di questo posto con il dolore di una assurda nostalgia.
Antonio Pennacchi, di cui non condivido nulla e credo lui ricambiasse la cortesia, diceva che i paesi si dividono tra quelli che hanno sulla loro sommità urbana un castello e quelli che no. I primi hanno sudditi ed i secondi amano la libertà. Vedete anche gli orologi rotti due volte al giorno danno l’ora esatta, e così in una di queste rare occasioni seguo il ragionamento dello scrittore pontino e mi pongo una domanda: e il paese che ha come punto più alto un campanile? e il paese che ha il punto più alto in un campanile e della chiesa dei gesuiti?
Il punto più alto è la chiesa dei gesuiti e sotto il seminario dove si studia Dio e solo sotto la città, la città civile. La sapienza nella verità che è esclusiva dei sapienti, di quelli che hanno le armi per battere ogni eresia. Armi perché è una compagnia votata si a Gesù ma armata di sapienza come un esercito di cannoni. La sapienza in esclusiva, certezza contro ogni dubbio.
La società si adegua al “fisico” del luogo, la società si stratifica tra sapienti che hanno la coscienza del vero da trasferire al resto che deve essere mondato dal dubbio.
Le certezze, la mediazione culturale, la unicità del vero. Forse per questo qui i laici, le eresie, prendono poco le ortodossie e le chiese di più.
Il vantaggio? La coscienza che il sapere è la vera ricchezza. Il nodo? Difficile il pensare diverso anche nelle sfumature. C’è l’eleganza di una conoscenza di Dio profonda elaborata, ma anche la paura di perdersi nei dubbi.
E io non ne sono esente, torna in me ogni volta che vedo nella certezza dell’altro il dubbio alla mia stessa eresia e penso da gesuita a mettere al rogo quella differenza. E’ il mio I712 che rinfaccia, come la gastrite.
Lo vedo nel mio pensarmi più “sapiente” dell’altra gente, e il Gaviscon del mio laicismo “integrale” non riesce ad impedirmi di pregare, di chiedere grazia per preghiere e non per virtù.
Direte, ma cosa vuoi dire? Che il nodo setino è il destino di avere quel sapere dall’alto che scende verso giù che ha impedito una diversità che oggi avrebbe giovato, in tempi incerti. La politica è qui una misura della vicinanza alla ortodossia, non è la capacità di pensare diverso dell’eresia. Tutti qui hanno governato cercando pervicacemente la città di dio, invece I712 è dentro il codice fiscale della tassa del governo degli umani.
Nella discussione sulla posa della statua di San Lidano nel belvedere tutti misuravano la distanza dalla chiesa, qualcuno temeva per l’ostacolo alla vista del creato, qualche altro che San Lidano si bagnasse, nessuno sollevava la questione di una piazza giacobina che non poteva diventare codina. Ma qui non conta il Re, non conta il terzo stato contano i cleri e contano tanto per ogni eresia da mettere al bando.
Non servirebbero intellettuali, ma cittadini, ma qui abbondano i primi questione di campanile.