Maria e Imelde Malavasi: “Bellavista” la prima pensione di Littoria

Maria e Imelde Malavasi: “Bellavista” la prima pensione di Littoria

25 Settembre 2022 0 Di Emilio Andreoli

Littoria era stata appena fondata e di giorno in giorno le attività si moltiplicavano, ma erano perlopiù attività ambulanti. La domanda era più forte dell’offerta. Mancavano le strutture per aprire le botteghe e mancavano  anche gli appartamenti. Troppo il flusso di persone che arrivavano in città per iniziare un nuovo capitolo della loro vita. Nelle poche botteghe, spesso vi dormivano intere famiglie: attività e alloggio erano un tutt’uno. Tanti andarono ad alloggiare nei paesi vicini, in attesa che terminassero altre costruzioni. Nel 1934 con la proclamazione della provincia di Littoria, una donna ebbe l’intuizione di aprire la prima pensione della città, a pochi metri da Piazza XXIII Marzo (oggi Piazza della Libertà). Si chiamava Maria Malavasi e la sua pensione la chiamò “Bellavista”. La sorella Imelde, proseguì l’attività dalla fine degli anni cinquanta.

 Provo a immaginare l’epopea di quella polverosa città in costruzione. Immagino persone indaffarate e  bambini che corrono felici per le strade nuove, in una città nuova tutta da scoprire. Un bar, un cinema, una barberia, un mulino e poi gli ambulanti e le prime botteghe. Qualche rara automobile, e tante biciclette e cavalli. Ci sarebbero tutti gli elementi per un film di Sergio Leone con la musica di Ennio Morricone, sai che spettacolo?! Ho in mente anche il titolo: “C’era una volta il west a Littoria”.

Sono un sognatore e mi piace sognare l’impossibile, però… girato da Giuseppe Tornatore, magari con le musiche di Nicola Piovani, potrebbe essere l’alternativa, visto che i due grandi maestri non ci sono più. Ma torniamo alla realtà e alla storia che sto per raccontarvi. Fino a qualche settimana fa mi sembrava quasi impossibile trovare altre figure femminili da raccontare, poi mi sono messo a caccia e spulciando bene tra i miei ricordi, le storie sono spuntate fuori.

1932 Littoria in costruzione

Nelle ultime vi ho raccontato di Assunta Petrarca dell’omonima trattoria, di Maria Pia Cappucci, la prima a Latina e in Italia ad occuparsi delle problematiche sociali dei disabili e infine della maestra Bianca Del Bue, una delle prime ad insegnare nei borghi, quando la città non era ancora stata fondata. Adesso è la volta di due donne, due sorelle, Maria e Imelde Malavasi. Maria ebbe l’intuizione di aprire la prima pensione di Littoria nel 1934, quando la città divenne capoluogo di provincia.

D’altronde fino a quel momento c’era stato solo l’Albergo Littoria in Piazza del Littorio (oggi Piazza del popolo), ma la città aveva fortemente bisogno di maggiore ricettività, per le tante persone che arrivavano per lavoro o in attesa di una sistemazione definitiva. La storia di Maria l’avevo sfiorata quando ho raccontato del marito, Guido Gavazzi, il primo barbiere di Littoria. Mentre la sorella Imelde, arriverà a Latina alla fine degli anni cinquanta.

Le sorelle Maria e Imelde Malavasi

Le due sorelle Maria e Imelde Malavasi nascono a Poggiorusco in provincia di Mantova. Hanno un anno di differenza, Imelde classe 1898 e Maria 1899. Figlie di un commerciante di legna e carbone. Nei primi del novecento, arriva da quelle parti Guido Gavazzi. Proviene da Cisterna di Roma (oggi Cisterna di Latina) e sta svolgendo il periodo di leva nella caserma del paese. Maria è una bella ragazza e quando Guido, in libera uscita, la incontra nella piazza di Poggiorusco ne rimane colpito. Tra i due nasce l’amore e alla fine del periodo di leva si sposano e partono per Cisterna.

Quando finisce la prima guerra mondiale, Guido apre una barberia a Roma e Maria, che è una donna molto intraprendente, prende in gestione una locanda a Cisterna. Guido a Roma non resisterà molto, fare il pendolare non è facile e quindi trasferisce la barberia a Cisterna, ma poi la trasferirà definitivamente a Littoria, appena inaugurata. Nel 1934 anche la moglie seguirà le sue orme, chiude la locanda a Cisterna e apre la pensione “Bellavista”, la prima in città, a trenta metri dalla nuova piazza dove hanno costruito il Palazzo del Governo (Prefettura) e la Banca d’Italia.

La pensione è composta da dodici camere con affaccio su un grande spazio verde, che diverrà in seguito parco pubblico (ora giardinetti intitolati a Falcone e Borsellino). Maria è stata veramente lungimirante, ogni giorno, nella sua pensione, registra il tutto esaurito. Quella città le sta dando grandi soddisfazioni. È un viavai continuo, tra tecnici, professionisti, impiegati pubblici, militari, carabinieri, operai… Qualcuno le obietta ironicamente il nome della pensione –ma quale bellavista, se ti affacci vedi solo terra!– e lei li zittisce: “La bellavista sono io!”.

Maria Malavasi insieme alla sua numerosa famiglia

Nel frattempo Maria e Guido hanno avuto la bellezza di cinque figli. Dopo quattro maschi, l’ultima è una femmina, Cesira, che sarà immortalata in uno dei due affreschi che giganteggiano nell’aula magna dell’Istituto Vittorio Veneto. Guido, alla fine degli anni cinquanta, si ammala e Maria fatica a mandare avanti l’attività.

Imelde Malavasi, sorella di Maria

La sorella Imelde è rimasta a Poggiorusco, si è sposata, ma il marito muore molto giovane lasciandola con due figli, uno dei quali muore in battaglia durante la guerra. Lavora nella sua macelleria, però la sua intenzione è di venderla per aprire una pensione a Cattolica, in Emilia Romagna. Quando nel 1958 Maria la chiama, e le confida che vuole cedere la sua, Imelde la raggiunge. Dopo aver valutato gli sviluppi che Latina potrebbe avere negli anni successivi, decide di rilevare quella della sorella, abbandonando definitivamente il progetto di Cattolica. La scelta si rileverà giusta perché Latina avrà una crescita inimmaginabile.

Donatella Artioli, nipote di Imelde, ricorda gli anni eccezionali della pensione “Bellavista”

Incontro Donatella Artioli nello studio di suo cugino, Vinicio Gavazzi, già intervistato un po’ di tempo fa, quando ho raccontato di suo nonno Guido, primo barbiere di Littoria. Le sorelle Imelde e Maria, erano rispettivamente le loro nonne, due vere imprenditrici. Una cosa rara per due donne nate alla fine dell’ottocento. Donatella ricorda bene la vita alla pensione “Bellavista”.

Donatella, raccontami qualcosa di tua nonna Imelde

Mia nonna era una donna forte. La vita non era stata benevola con lei. La perdita del marito appena quarantenne, con due figli sulle spalle, fu un colpo duro, poi reso ancor più duro quando perse il suo primogenito, partito per la guerra. Nonostante quelle tragedie non si perse d’animo, doveva pensare all’unico figlio rimasto. Riservò le sue energie al lavoro, prima con la macelleria e poi nella pensione che rilevò dalla sorella Maria. Sono state delle ottime imprenditrici, due grandi donne, perché farsi spazio in un mondo tipicamente maschile non era affatto semplice in quegli anni”

 Andavano d’accordo le due sorelle?

“Sì, andavano d’accordo, avevano solo un anno di differenza. Imelde, scherzando, diceva che con lei la natura era stata avara, mentre il meglio lo aveva riservato alla sorella Maria perché era bella

Cosa ricordi della pensione?

 Ho molti ricordi felici. Da piccola, giocavo spesso con gli altri bambini nel cortile condominiale della pensione. Mi piaceva stare lì e vedere continuamente facce nuove che si alternavano nelle dodici stanze. Al “Bellavistasoggiornavano anche i calciatori del Latina. Il mister si raccomandava con mia nonna sul menù, non doveva nessuna pietanza in più. I ragazzi andavano poi a pregarla, ma lei non cedeva. Poi ho visto anche tanti amori nascere in quella palazzina. Ricordo il giocatore Giannini e Sandra Vellani che abitava lì. Si innamorarono proprio in quel cortile. Poi si sposarono ed ebbero una figlia, Frida, divenuta oggi una bravissima stilista

Qual è stato il periodo più prolifico per il “Bellavista”?

Mia nonna decise di rilevarla perché Latina faceva parte della Cassa del Mezzoggiorno. Costruivano in continuazione industrie, come la Fulgorcavi, la Rossi Sud e tante altre. Per la loro costruzione vennero molti tecnici stranieri che soggiornavano al “Bellavista”. Poi nei primi anni sessanta costruirono la centrale nucleare e ci fu un vero boom di presenze. In quel periodo arrivarono anche i primi nuclei famigliari che fuggivano dai Paesi dell’Est Europa. Mia nonna dava lavoro alle donne, per farsi aiutare nella cucina del ristorante. Ricordo con molto piacere quelle signore molto curate e di grande cultura. Portavano anche i loro bambini e, mentre lavoravano, li lasciavano giocare con me in cortile. Penso che gli anni sessanta e settanta siano stati i più fecondi per la nostra città

Il seguito di questa bella storia?

Nel 1986, per raggiunti limiti di età, mia nonna lasciò la conduzione al figlio Bruno, mio padre. Nel 1996, divenuto anche lui anziano, venne ceduta al signor Flamini. Ora non è più una pensione, è stata fatta salire di categoria ed è albergo

E Maria?

Maria si ritirò nel suo immenso appartamento di Piazza Roma, e anche lì si mise ad affittare le stanze dopo la morte del marito. Quel lavoro lo aveva nel sangue”

Ingresso dell’albergo Bellavista con vista giardinetti

Del “Bellavista” conservo un dolce ricordo. A diciotto anni, passai in quella pensione la mia prima notte  fuori casa con una fidanzatina venuta dalla provincia di Padova. Era il 1977 e fu proprio la signora Imelde a darmi le chiavi… Indimenticabili ricordi di gioventù.