Latina capitale: e la Cavallo si innamora dei miei Lepini

Latina capitale: e la Cavallo si innamora dei miei Lepini

13 Settembre 2023 4 Di Lidano Grassucci

Debbo all’architetto Daniela Cavallo, coordinatrice del progetto Latina capitale italiana della cultura 2026, i miei sentiti rispetti, lei mi ha reso felice. Oggi non cammino volo.

Con una garbatissima lettera al quotidiano locale, Latina Oggi, pubblicata nel numero di questa mattina lei racconta il suo stupore per le bellezze che ha incontrato, ma non entro l’Appia, ma oltre.

Si stupisce dell’Amaseno, si innamora della campagna della sua valle.

Cara architetto è quasi mezzo secolo che cerco di spiegare la bellezza con la Piazza di Priverno, con quella barocca di Roccagorga, con l’Annunziata di Cori, ma qui (e anche lei lo ha fatto) sono autistici con la bonifica.

Bello il suo passo sulla fede ad Amaseno dove c’è l’ampolla con il sangue di San Lorenzo.

Lei ha evidenziato stupore, ma quanti dei suoi committenti lo sanno?

In conferenza di presentazione del progetto di capitale della cultura, a Latina in una sala densa di retorica, si parlava di ultime città, di urbanistica razionale, di futurismo (ormai più passatista del passato).

Ora lei ha visto la Fede, ha visto un fiume dove la Regina Camilla splendeva di una bellezza tale che Ufente si innamorò perdutamente di lei e non ricambiato si disperò così tanto dal dolore che creo’ un fiume di lacrime d’amore che si chiama ancora come lui, Ufente. Non è la storia di Romeo e Giulietta della sua Verona, ma è bellissima uguale.

Architetto lei mi ha reso felice spero che la capiscano, è quasi mezzo secolo che cerco di dire quel che lei ha detto. Da noi che siamo butteri e le parole del vocabolario le usiamo tutte :si dice “n culo c’entra n’capo no”. 

Le racconterei di quando San Lidano, che cristianizzò queste terre greche, fece il miracolo di far tacere le rane. Disse “Zitte m’po” e quelle si zittirono. Confronti questo miracolo con la retorica del dittatore distruttore, che solo qui idolatrano come creatore, nel voler fermare la storia sul bagnasciuga non fermo manco la sabbia che porta via il vento.

Le racconterei di San Tommaso che pensava Dio la sua grandezza lungo l’Amaseno che lei ha visto, da una abazia bellissima davanti alla fiera Priverno (lo dico da setino e le spiegheranno quanto mi costa)

Lei mi ha reso felice, la sua lettera è Grazia del Signore alla verità di una terra bellissima e comprenderà vista da lì come questa qua nel piano forse è “malefica” per dirla con il capo comunista dei butteri, Alessandro di Trapano (Bufalotto)

Le racconterei della sfida di Sezze con Sermoneta con i buoi per far decidere a Dio se Lidano, il santo, era di Sezze o di Sermoneta e, per volontà di Dio, scelse Sezze.

Lei dovrebbe donare la sua lettera ai suoi committenti e far capire loro che l’intelligenza è speculativa non ripetitiva. Sono nato fortunato: setino di sangue a metà, quasi tutto per cultura (sono nazionalista setino) , ma anche cispadano e prova che la sintesi si può se c’è amore come quello di mia madre per mio papà.

Veda architetto lei nel suo viaggio ha incontrato quello che non le hanno raccontato, le hanno portato ragioni, lei ha incontrato l’amore.

Regina Camilla, Ninfa, Circe, Mater Matuta, la palude, fino a Santa Maria Goretti donne e amore. Lei è donna lo ha intuito. Grazie, non Latina ma questa terra divina è capitale dell’amore per la libertà.

Camilla disse no a Ufente, perché era libera.

Grazie architetto, ci venga a trovare e non si fermi ad una piazza vuota, nel silenzio delle città artificiali, ma ascolti il rumore dell’acqua dell’Amaseno, il canto della bella Ninfa, e mi spiace che non ci sono più le rane, mi sarebbe piaciuto fargliele ascoltare, sentivi il respiro del piano.

Grazie, lei mi ha capito forse per quel pezzo di cispadano che ci accomuna.

Ps. SPERO CHE NEL PROGETTO METTIATE LA VALORIZZAZIONE DELLA LINGUA VENETA PARLATA NELL’AGRO MAGARI CHIEDENDO ALLA REGIONE VENETO IL SOSTEGNO. SAREBBE BELLO, ORIGINALE. SI FACCIA SPIEGARE DAL SINDACO PANIGUTTI LUI QUESTO LO CONOSCE.

Lillo la Iattucca, di madre Bergamin