Giorgia, Matteo e Claudio: il sonno della ragione e della pensione

Giorgia, Matteo e Claudio: il sonno della ragione e della pensione

6 Novembre 2023 0 Di Giancarlo Massimi

La professoressa Elsa Fornero aveva pianto dopo l’approvazione della riforma pensionistica. Tutti con dito accusatorio puntato contro la docente universitaria prestata alla politica, a cominciare da Giorgia Meloni per finire a Matteo Salvini. Chissà perché puntassero il dito era difficile comprendere in considerazione che non avevano mai lavorato e, pertanto, essendo da sempre in politica avrebbero chiuso le loro carriere con un sostanzioso vitalizio. A puntare il dito contro la “povera Fornero” anche l’attuale senatore della Lega, Viceministro del Lavoro, il pontino Claudio Durigon. Anche lui, si legge dalla biografia parlamentare, dipendente della Pfizer dal 1996 al 2009 ma soprattutto sindacalista di lungo corso della UGL. Insomma una triade con grandi competenze sul lavoro, pronti a sotterrare, a loro dire, la pessima riforma della Fornero ed a ristabilire l’ordine costituito.

Avevo pensato di andare in pensione, Qualche calcolo lo avevo fatto. Poi, come accade ad ogni finanziaria, siamo peggio di prima. Da un lato si gioca con i numeri 103 e 104 (la tombola arriva fino a 90 – paura – ma per loro potremmo pure arrivare a 110 – fregatura). Questa volta, però, oltre all’età il governo di Giorgia ha deciso di entrare anche sul metodo di calcolo per coloro che erano chiamati ad andare in pensione con il metodo misto, ovvero meno di 15 anni di contributi alla data del 1 gennaio 1995. Chi sono queste persone (di questo si tratta), la maggior parte medici, infermieri, insegnanti e dipendenti degli enti locali. Sono i figli del boom economico, la classe più numerosa demograficamente del paese che, se dovesse andare in quiescenza, provocherebbe un ulteriore buco al sistema pensionistico. Allora la soluzione è per prima cosa allungare gli anni per andare in pensione e la seconda è mettere mano ai rendimenti legati alla parte retributiva della stessa (basti pensare che se qualcuno di loro ha già riscattato i 4 o 5 anni del corso di laurea verrebbe ulteriormente penalizzato).  Tanto per capirci: peggio della Fornero solo che Elsa qualcosa nella vita lo ha fatto (ha studiato ed è diventata un’ottima docente universitaria), i suoi epigoni vivono di politica. Si! Quella politica così tanto bistrattata. Un modo per non mandare nessuno in pensione a condizione che lo stesso non abbia un altro lavoro (al nero) oppure una rendita. La soluzione prospettata dal sindacalista oggi viceministro è salomonica: salviamo solo i medici. “’Ndu culo”, direbbe Cetto La Qualunque.

La riforma Fornero, seppure necessaria dal lato del contenimento della spesa pensionistica, aveva un grande limite ovvero quello di rendere maggiormente inefficiente la macchina amministrativa. Poco meno del 70% degli attuali dipendenti pubblici ha un’età superiore ai 50anni e, di questo 70%, la metà compresa tra i 55 e 63 anni. Tanto per essere chiari tutti pronti per lasciare il lavoro. Mantenerli in servizio seppure da respiro al sistema pensionistico rende, per un fattore anagrafico, meno propensa all’innovazione la pubblica amministrazione (che in 40 anni si è profondamente modificata) e meno efficiente, quando invece sarebbe opportuno e necessario un ricambio generazionale. Infatti se è vero che l’età media tende ad aumentare sono in costante aumento, però, la cronicità delle malattie, la difficoltà ad innovarsi: insomma come le autovetture a volte non basta la revisione c’è la necessità dopo tanti anni di cambiarle. Si tratta di scegliere se modernizzare il paese o lasciarlo ancora con la Super mentre tutti hanno la Verde. Lo stesso discorso, anzi in misura maggiore, vale per chi deve salire sui ponteggi, stare in una cassa di un supermercato oltre 10 ore al giorno oppure un metalmeccanico. Il lavoro, se questa è la prospettiva, non “rende liberi” ma “rende schiavi” (una reminiscenza marcusiana).

Cosa dire: sarà perché sono coinvolto direttamente da questa semi riforma ma penso che far fare le riforme costituzionali a questi soggetti equivale ad un detto (sporco) dialettale: “mettete la ………… in mano agli mammocci” e il risultato non può che essere questo: un sonno della ragione che genera solo dei mostri.