Priverno, i sacconi neri: penitenti scalzi e incatenati della processione

Priverno, i sacconi neri: penitenti scalzi e incatenati della processione

3 Maggio 2019 1 Di Fatto a Latina

L’arrivo dei sacconi neri nella processione di Priverno nel giorno del venerdì santo si riconosce da lontano. Quando si avverte quel rumore il silenzio attorno è surreale. Quelle catene in ferro struscianti sul selciato ad ogni passo segnano il peso della croce che portano addosso i sacconi. Druuun…druuun… e ad ogni passo del piede che trascina la catena, l’altro si congiunge. Questo per tutto il percorso. Il rumore del ferro che stride sul selciato fa venire i brividi  in quella notte, la notte del venerdì santo. I bambini si stringono ai genitori e sgranano gli occhi. L’ascoltare quel rumore degli anelli della catena trascinata dai sacconi, anelli lunghi quanto una mano,  porta a vivere la fatica di chi ha trascinato la sua croce per il Calvario. Croce sulla quale poi è stato crocifisso.

Il significato della penitenza dei sacconi neri nella notte del venerdì santo

Per i sacconi neri la croce non è solo quella in legno che in due si caricano sulle spalle curvate dal peso, dalla piazza e per tutta la processione di Priverno.  Vestiti con un vestito nero a sacco e lunghi cappucci sulla testa, percorrono scalzi tutto il percorso della processione scortati da due carabinieri. In due soltanto conoscono la loro identità.

Sacconi-Priverno

I sacconi nella processione del venerdì santo di Priverno. Foto gentilmente concessa da Carlo Picone.

Fanno questa penitenza per rinascere a nuova vita, con una pena nel cuore da scontare che da soli si sono inflitti. Lungo il percorso i sacconi neri si tolgono le catene solo due volte, sempre negli stessi punti da anni, per qualche decina di minuti. Il tempo di entrare nelle  due case che gli vengono aperte per rifocillarsi un po’, senza però rivelare il volto. Quelle catene restano a terra, avvolte nel mistero, usurate dai selci e annerite dal tempo. Trovarsele davanti porta a riflettere sulla passione di Cristo, su cosa deve esserci dietro a tanto sacrificio dei due sacconi neri e sulla propria vita.

Cosa resta della processione del venerdì santo di Priverno

Il ricordo, la riflessione, ma la testimonianza tangibile di quello che è stato il mistero della morte e della passione di Cristo? Ciò che resta nel tempo di quella rievocazione di una notte scura in un mondo che è fatto di immagini è la testimonianza fotografica, è quella che continua a raccontare e trasmettere tradizioni.
Le foto ci raccontano la processione e ce la fanno rivivere a distanza anche di anni. Oggi con i social le foto della processione abbondano e vengono condivise per sottolineare le proprie radici e l’attaccamento al proprio territorio anche da chi è lontano.

La mostra fotografica nei giorni vicino alla Pasqua

Nel tempo di Pasqua i portici sotto il palazzo comunale di Priverno ospitano ogni anno mostre fotografiche sulla processione del venerdì santo organizzate dalla Pro-loco. Quest’anno la mostra ha visto esposte foto rigorosamente in bianco e nero della processione del venerdì santo degli ultimi trent’anni di cinque fotoamatori locali (Pierluigi Ceccarelli, Carlo Picone, Nunzia Macci, Bruno Caradonna e Tommaso de Massimi). Sequenze di immagini che hanno ripercorso virtualmente l’itinerario della processione nei vicoli, attraverso le figure tradizionali dei sacconi, delle donne vestite a lutto con le bandiere nere, “le macchine” con le statue raffiguranti la via crucis portate a spalla a turno dagli uomini delle confraternite, il cataletto dove giace Gesù morto. Lo stesso cataletto che fino a qualche decennio fa  era coperto di orchidee e nascondeva quasi quel Gesù ligneo che riporta i segni della passione e crocifissione.

La fotografia è traccia storica, patrimonio di una comunità che muta nel tempo. Le processioni fanno parte di quel patrimonio culturale e contribuiscono a fare comunità. Con la fotografia si può trasferire ad altri la storia di una comunità, è un modo quello della mostra per far conoscere un paese anche attraverso le sue tradizioni religiose.

*Foto gentilmente concesse da Carlo Picone