
Lepini, l’identità che Latina va cercando in una guida
18 Maggio 2019E’ l’imbrunire, passo con l’auto lungo una delle ninfine, le strade che “girano” per portare a Ninfa. Un ponte, sotto una selva che quasi nasconde la città che sta occupando spazi non suoi. Una botta, un colpo: due istrici enormi, bellissimi, occhi che pare venire da un film di Spielberg mi attraversano la strada. Benvenuti nel Lepini. Ecco non potete capire questo tesoro a pochi passi da voi, quasi a vista d’occhio da voi. Debbo moderare un dibattito su una guida del Monti Lepini, di Stefano Ardito. Patron dell’evento Quirino Briganti della Compagnia dei Lepini. Mi inerpico per le strade del mio paese (consentitemi il linguaggio di montagna visto che qui ci hanno fatto un gran premio della montagna del Giro D’Italia, e scusate se è poco, che se non si capisce lo scrivo è Sezze), dico mio perché mi ci ritrovo anche se lo so che non è più il mio luogo, ma il mio “ritrovo”. Parcheggio sono davanti a San Pietro la chiesa dei gesuiti, quella che spiega studi, rigore, curiosità e “controriforma” di questo posto che, lo ammetto, anche io ho addosso. E se ci sono i gesuiti, il vescovo i briganti stanno altrove, per giocare sull’intervento appassionato di Giancarlo Onorati. Ma andiamo con ordine, perché la bellezza è anche il posto l’auditorium di San Michele Arcangelo che capite un posto dove nello stesso “edificio” ci sono mille modi di pregare, ma devi pregare. Gli onori dell’amministrazione li fa l’assessore Pietro Ceccano, e per la comunità il presidente del consiglio comunale, Enzo Eramo. Identità e futuro, e il futuro è forse anche aver pensato di fare un istituto alberghiero a Sezze, come ricorda Eramo, e come testimonia la preside Anna Giorgi e i ragazzi che sono lì ad ascoltare. Dire di Quirino Briganti che è appassionato “lepinista” è non dare la dimensioni, lui questi monti li centellina, lui è cresciuto in quella attenzione alla conoscenza che è cosa rara nella faciloneria degli esperti di niente di oggi. I Lepini per lui hanno non un nome collettivo, ma il nome dui ogni singolo pezzo di calcare.
Di arte parla Vincenzo Scorsella, confrontando la identità liquida del piano, con le evidenze di qui. Insorgenze di cultura antica in una terra dove l’antico, gli archi di San Lidano sono sorretti da un milite, un uomo nuovo, stampa di Duilo Cambellotti che evidenzia come la storia sia un peso, e l’umanità nuova la salvezza. Una tragica foto di un esperimento sociale che produrrà le tragedie del novecento, tutte nessuna esclusa. Ed eccole le madonne, i santi, la pietà antica in esempi di chiese, cito per tutte la santissima annunziata di Cori, una cappella degli Scrovegni lepina.
Giancarlo Onorati parla di ricerca storica, di briganti, di archivi chiusi. Ma anche di lavori e di ricerca fatta, di una memoria ripresa.
Chiude l’incontro l’editrice del libro, Sira Lozzi, della Iter Edizioni.
Silenzio, un ascolto lungo. A volte è bello andare nei posti dove ti “ritrovi”, e per strada le persone ti riconoscono e ti salutano: “da quanto tempo non ti vedevo…”, vero ma siamo nel tempo di “ritrovo”.