Gli esami di maturità e il tradimento del mio piede

Gli esami di maturità e il tradimento del mio piede

4 Giugno 2019 0 Di Lidano Grassucci

Indelebile, indelebile quel ricordo. Avevo non paura, di più. Avevo “protestato” per i 5 anni del liceo (lo scientifico Grassi) , erano gli anni degli indiani metropolitani, di “zingari felici che facevano l’amore e si ubriacavano di luna” in una piazza bella piazza dove ci passò una lepre pazza. Quindi politica tanta, applicazioni meno in proporzione. Ma ora, ora mi avrebbero chiesto conto del sapere e non della mia adolescenziale presunzione di cambiare il mondo. Non avevo dormito, da via Don Torello dovevo andare al Grassi (via del Lido) era luglio torrido e la strada non breve. Dovevo passare i giardinetti di una Latina che dormiva, era presto molto prima delle otto, ero solo con la mia paura, ero solo con la mia arroganza schiacciata sottoterra. “Ma che gli dico a questi? Che scrivo? Che penso? Che faccio?”. Mi affidai al caso, con un passo dovevo passare da una pietra del ciglio del marciapiede dei giardinetti evitando l’intersezione tra i blocchi di pietra, se ci mettevo il piede sopra sarebbe stata sventura, se non “avventura”. Presi in pieno una intersezione, nonostante l’attenzione. Ero perduto. Non mi sarei salvato, mi sentivo impotente. Qualcosa scriverò, ma poi domani matematica? Aiuto, ma chi mi poteva aiutare “ero della razza mia il primo che ha studiato”. Ma che avevo da perdere? Gli adolescenti hanno da perdere il resto del vivere e non è poco.

“Il sonno della ragione genera mostri”, era l’incipit del compito. Pensai che allora il risveglio della ragione genera bellezza, e cominciai citando gli angeli, quelli che Massimo Cacciari riscopriva, riportava. E così cercai di spostare i mostri negli angeli guida ad un mondo un poco migliore. Mi salvò quella curiosità di avere mille curiosità. Sopravvissi, e sono arrivato sin qui che ora quel giorno è così lontano che mi viene a trovare ogni notte ricordandomi che il coraggio degli angeli è la battaglia contro i mostri.

Tornai a casa, mia madre mi chiese: allora? Le risposi, forse ho parlato d’altro. Andò bene e alcuni anni dopo mi trovai a fare altri esami ma ero l’esaminatore e di questo mia madre si fece orgoglio, e pure papà.

Ma certe notti, d’improvviso, metto il piede tra le due pietre del ciglio del marciapiede ed ho paura, una paura indelebile.