I papaveri dell’agro pontino, la Latina dei fiori che non leggiamo

I papaveri dell’agro pontino, la Latina dei fiori che non leggiamo

4 Giugno 2019 0 Di Lidano Grassucci

La nostra campagna è quasi scomparsa, case ovunque, “comodità” che hanno cancellato la linearità del regno dell’erba. Mi viene in mente questo per via del taglio dell’erba ai Giardinetti e il conseguente “puzzo” di fieno bagnato. Lo faccio anche per non raccontarvi di politica, di filosofia, ma solo per notare l’intorno che ci siamo dimenticati per guardare un “particulare” che è cosi sterile, inutile direi. In questa strada mi fermo davanti ad un campo di papaveri rossi, incredibilmente rossi. C’è chi va a Castelluccio di Norcia a vedere la bellezza della fioritura delle lenticchie, e fa bene, ma i nostri papaveri. Sono cosi eclatanti nel loro rosso quanto discreti nel restare ai bordi di ogni grigio. I papaveri mi sporcavano le mani da bambino, ed era forte sentire la consistenza di raso dei petali, poi si scioglievano tra le mani, come se non volessero umano. Mi ci sono buttato tante volte dentro quel fieno, i contadini fanno il bagno nella verdura, e la verdura fa a gara per cancellare il seme del contadino, non farlo diventare pianta. Questo agro è così bello se segui il salto di un merlo tra i papaveri, se vedi l’astuzia della lucertola nel fregare il gatto. Ma mica le vediamo queste cose, indaffarati a vedere rancori di carrieristi che pensano che i papaveri sono incidenti rossi in un inutile verde. In questi mesi di grigio e pioggia sembra di stare dentro le scene di Blade runner, di quando dopo due ore di bui il cielo si apre ed ecco i papaveri rossi