Latina di fiori e musica vestita, la rivoluzione è bellezza

Latina di fiori e musica vestita, la rivoluzione è bellezza

7 Giugno 2019 1 Di Lidano Grassucci

Certo se la montagna non va a Maometto, Maometto va alla montagna. Il centro storico di Latina da tempo non è vuoto (che basterebbe riempirlo) ma è banale (che non ti resta dentro). Ma voi sapete che non esistono buchi, e manco picchi, ma tutto si livella: la montagna è destinata al piano, la valle al colmo, dove è di più si prende per dove è di meno. Quindi? Latina sarebbe una bellissima città “musicale”, ha un clima che stai bene fuori da marzo a quasi novembre (salvo anni infami come questo), è larga che la musica ha bisogno di correre, ha anime affamate di bellezza ma il mercato annonario del piacere non ha mai aperto.

Ed ecco l’autogoverno. Inizia un signore di Cori a coltivare i vasi del Comune in centro e, solo solo, ha fatto venire fiori dove c’era sporco e erbacce. Il Comune lo ha anche “riconosciuto” del resto è lui che fa il loro. Pensate come sarebbe bello un protocollo (se ne fanno mille) con la Fondazione Caetani, con Ninfa per fare un “piano dei fiori”, e il piccolo corese nominato “custode” di questa bellezza.

Si sa anche che i fiori per crescer belli hanno bisogno di musica, e allora Damiano (sta per Coletta il sindaco) si chiama  il Campus internazionale di musicaconservatorio Respighi e fa un “protocollo d’intesa” per far suonare gli allievi agli angoli del centro storico, vicino ai vasi di fiori. Costo? L’amore per la città. Rischi Procura? Anche i giudici hanno un’anima. Rischi rumore? I cimiteri hanno il silenzio.

E che si dedichi un momento anche al ragazzo che con la chitarra all’angolo di H&M canta da mane a sera con uno sforzo vocale da record, insieme al signore che ha per orchestra la sua bicicletta.

Dio mio se ci pensiamo questa città potrebbe indossarsi bella, se solo ci fosse la fantasia e l’umiltà di pensare alla vita che c’è e non a quella che potrebbe essere.

Fiori e musica e Latina si riprende la sua storia che sta nelle fondazioni (Campus e Caetani), nel Respighi una memoria di futuro e non la retorica del passato.