La matria setina e l’orfano

La matria setina e l’orfano

14 Giugno 2019 0 Di Lidano Grassucci

Sono nato dove non c’è il mare e il monte è lontano,
sono nato dove l’acqua si ferma stanca ad indugiare che non vuol navigare
sono nato dove la bestia è l’animale che è in me
sono nato da bestemmiatori che pregavano il Signore
sono nato in un posto dove ci sono il ruminare di bestia e il rumore della quercia
sono nato dove non erano nati i porci e anche la magia fa uomini maiali
sono nato così nudo che mi sono vergognato
sono cresciuto così forestico che ero nella foresta
sono nato qui che non c’è padrone e guardia, non c’è altro che la selvatica di questa selva che non muore di paura
sono nato con il nome di santo che hanno scordato
sono nato con il suono di una lingua che non suona ma gracida di rane
sono nato duro in questo muro dei romani di malta e calcare dove puoi pregare
sono nato in angolo dove c’è la vergine Maria e “ave Maria”
Sono nato, notte di luna piena, che talvolta è venerdì di passione, altro è domenica di Resurrezione
sono nato dolore e nuovo ardore
sono nato qui terra che ti chiami madre terra setina, terra assassina
terra che vado via
terra che non sarà mia per Dio donata, ma mia per fatica conquistata
sono nato ed ero, poi, bambino, poi uomo al destino e conto senza pallottoliere a memoria come dividere per tre, io te e questa vita che è senza perdono all’ultimo trono.

Ho avuto una matria per patria, ora violentata. Chissà dove è finito il coraggio, misere quotidiane assenze.

Ho visto donne lottare armate di seni, matrone romane dimenticate.

Ho visto madri fare, di madre in madre, una matria per sempre

Ora, tempo senile, mi manca ma non è roba mia e quell’amore non è ricambiato

Ma perché lo scrivo? Per celia, triste celia, e il mulo non mi riconosce, sono solo tra monadi.

Fa caldo di giugno.

 

Francois Gerard, la felicita di essere madre 1770 – 1837